Riepilogo per chi non c’era (o per chi, quel giorno lì’, inseguiva una sua chimera). In questa estate che veleggia con il caldo in poppa (e prua, e babordo, e tribordo) abbiamo incontrato quattro simpatici personaggi: Flegetonte, Caronte, Acheronte e la Circe.
Non so a voi, ma a me hanno fatto venire in mente il Quartetto Cetra, sì, quei tre giovanotti con signora, capaci di colorare la tivù in bianco e nero e riscaldare il cuore degli italiani con le loro canzoni e le loro strepitose parodie, altro che i “gotstalent” di oggi!
Abbiamo anche parlato di brioches e del mistero (scientificamente spiegato) e del loro sparire e riapparire a seconda delle circostanze (e del tipo di clientela).
L’altra settimana abbiamo volato un po’ più in alto con il pensiero rivolto alla nostra terra, alla nostra splendida Valle, ricordando, inevitabilmente, un altro tormentone domenicale, e cioè che “viviamo in posti davvero bellissimi”. Infine la scorsa domenica per concludere questo riavvolgimento di pellicola, abbiamo trattato di segnali dal passato.
Punto.
E a capo.
Già, perché non è di quello di cui ho già scritto che voglio riscrivere.
Perché la settimana appena trascorsa ha visto la nascita di un’altra giostra sulle nostre strade, proprio qui dove sono adesso, davanti alla Sagra delle Sagre.
Da ragazzo scoprii che Fred Bongusto era nato il 6 aprile, proprio come me. Direte: chissenefrega, cosa c’entra Fred Bongusto con le giostre e la Sagra delle Sagre?
Niente. Solo che Fred Bongusto cantava “Una rotonda sul mare”, ed è l’argomento di oggi, anche se, più che sul mare, queste rotonde sembrano nascere sui “mah!” e i “boh” di tanta gente.
Ma entriamo nel dettaglio.
Innanzitutto vengono chiamate “e”, ma rotonde “tecnicamente” non sono (anche se tra i sinonimi le troviamo, eccome).
Wikipedia (cui ricorro spesso come ricorro spesso a San Giovanni Rana quando non so cosa mettere nell’acqua che bolle) dice che “rotonda è un qualsiasi edificio a pianta circolare coperto da una cupola”.
Perbacco: il Pantheon, ad esempio, è una rotonda. Poi c’è la famosa Rotonda della Besana a Milano, la Villa La Rotonda a Inverigo, la Rotonda del Brunelleschi a Firenze e così via.
Per cui la nostra rotonda non è una “vera” rotonda.
Trattasi, infatti, più precisamente, di “rotatoria”.
Sempre Wikipedia (che a Esino l’anno prossimo terrà la sua grande festa planetaria) ci permette di scoprire che la presenza di rotatorie al posto di incroci semaforici e di altro tipo ha consentito una diminuzione del 40% delle collisioni fra veicoli, dell’80% di danni alle persone e del 90% di danni gravi e mortali.
Le rotatorie, per contro, costano molto più di quattro semafori, ma hanno i pregi sopra elencati che valgono più di quattro soldi, anche se questi quattro soldi sono, in alcuni casi, centinaia di migliaia di euri.
Quindi, cari lettori, abbiate pazienza.
Una volta superata la rotonda vicino al ponte di Chiuso predisponetevi per quella davanti al centro Zootecnico e poi, dopo aver preso un bel respiro, affrontate con coraggio e santa rassegnazione la nuovissima “rotonda – rotatoria” della Fornace. Quindi, bevetevi quella al Colle di Balisio e, infine, gettatevi con prudente slancio in quella che è la madre di tutte le rotonde (pardon, rotatorie) della valle, ossia quella di Ballabio, e lasciatevi ingoiare dai tunnel.
Cercate di non pensarci su e, a meno che guidiate una vecchia Dyane 6, non starete poi così male.
Perché le hanno fatte ed è inutile discuterne ora. E poi, lo sappiamo, ci abitueremo presto alla loro presenza e non ci faremo nemmeno più caso.
Piuttosto, noto che nessuno le ha “inaugurate”.
Certo, ci fosse stata ancora la Madonna di Baiedo le avrebbe benedette e protette dall’alto della Rocca.
Un vero peccato che di Lei sia rimasta solo una mano lasciata sconsolatamente sola in un cortile, non credete?
Buona domenica.
Riccardo
Benedetti