Vi siete mai fermati, almeno una volta nella vita, a osservare il mistero dell’acqua che nasce e poi comincia a scorrere? La mia sensazione, non conosco la vostra, è quella di una vita che si apre al mondo e poi intraprende il suo viaggio apparentemente infinito, quel circolo che la porta ad essere ruscello, poi torrente, quindi fiume, poi mare e infine pioggia. Se poi, come accade dalle nostre parti, il fiume ha la fortuna di diventare anche lago, tanto meglio.
E siete mai stati ai “Fontanon”, lassù, girato l’angolo del Lares Brusaa, oltre la forcella di Olino, appena sotto la croce della Piazza d’Asen? Là, dove un sindaco temerario decise un giorno che Crandola non sarebbe restata più senz’acqua perché lui l’acqua che sgorga miracolosamente quasi in cima ad una montagna, sarebbe riuscito a portarla in paese?
Siete passati qualche volta vicino alle sorgenti dell’Inn, a Sils, in Engadina? Quando mi capita non posso che fantasticare sul cammino quell’acqua gelida che sgorga da non so dove e poi si imbarca verso l’Austria, si sposa con il Danubio e, assieme ad altri infiniti rivoli, dopo migliaia di chilometri, va a riposarsi giustamente nel Mar Nero.
Pensare che, appena qualche chilometro prima, vicino al Maloia, ecco un altro rigagnolo che diventa torrente e si getta a capofitto nella Val Bregaglia, e da lì al lago, e poi ridiventa fiume, e poi si abbraccia al Po e infine si scioglie nell’Adriatico (“Guardate l’idrogeno tacere nel mare, guardate l’ossigeno al suo fianco dormire” – Un chimico – Fabrizio De Andrè – Non al denaro, non all’amore, né al cielo – 1971).
Storie d’acqua nate dalle stesse montagne, sorti diverse e obbligate, destini generati dalle pendenze, non come succede agli uomini quando, in bilico sui davanzali della vita, scelgono (loro che possono) tra un “di qua” e un “di là” sperando di azzeccarla, purtroppo non sempre riuscendoci.
Certo che per noi Valsasnatt (notate la “V” maiuscola?) l’acqua è un elemento fondamentale. Ci attraversa la Pioverna, ci cade addosso la Troggia, abbiamo sorgenti sorvolate dalle aquile e praticamente in ogni cantone si trova una fontana.
A Cortenova, vicino alla casa dove sono nato, ad esempio, c’è la famosissima “Fontana del Vacch”; perlomeno io da piccolo ritenevo fosse famosissima, visto che tutti chiamavano l’acqua che ne esce “l’acqua della salute” attribuendole facoltà para miracolose. E così sono cresciuto bevendo spesso quell’acqua, senza sapere cosa contenesse, senza preoccuparmi di ritrovarmi in gola una particella di sodio rompicoglioni in più o in meno. A dire la verità non ricordo nemmeno se poi facessi tanta “plin plin” (mah!): di certo di passeri sulla mia spalla non ne ho mai visti, forse perché sono interista…
Tornando a noi, la Fontana del Vacch e la sua acqua della salute hanno accompagnato me e tanti altri in gioventù, e così sarà stato negli altri paesi della nostra Valle dove, come abbiamo detto, le fontane abbondano come le trote alla piscicoltura (nel Varrone, come sappiamo, hanno vita difficile; anzi, spesso non hanno proprio vita).
Qualche giorno fa, però, come un fulmine a ciel sereno nonostante la precipitazione abbondante causata dall’acqua che nel frattempo dal Pioverna era finita nell’Adriatico e, vaporizzata, tornata a caderci sopra in forma di pioggia, mi ha colto del tutto impreparato una notizia incredibile: nel paese dell’acqua della salute e della Fontana del Vacch piazzeranno una “casetta dell’acqua”.
Come avrebbe sicuramente fatto anche il mio amico Pucci, mi sono detto “perbacco!”: vuoi vedere che a causa della ormai decennale mancanza di “vacch” (fattispecie inaspettatamente non prevista dalla Fornero) l’omonima e vetusta fontana avrà la possibilità di andare in pensione?
Accertatomi che l’acqua della salute (o presunta tale) continua a scendere in quel di Brigolda, ripenso a quando andavo a riempirci la brocca tutti i giorni prima del pranzo o della cena.
E, lo ricordo bene, non dovevo portarmi dietro 8,17 lire (al cambio attuale 0,06 euro) per spillarne un litro. Senza per questo rompere tutte le volte la brocca e creare un rifiuto.
Eppoi, cari amici della domenica, ce la vedete voi l’acqua, quell’acqua che liberamente se ne va dalle Alpi al Danubio, che liberamente scende ripida dalle cascate, che liberamente canta e ruggisce nell’Orrido, chiusa e reclusa in una casetta?
O, massì, ingabbiata e prigioniera per fare corrente laddove il semplice buon senso consiglierebbe di rispettare le trote e il loro mondo liquido dal quale, in fin dei conti, è nata la vita?
Buona domenica.
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