“Se le porte della percezione fossero ripulite, tutto apparirebbe all’uomo
come realmente è: Infinito”
[William Blake, The Marriage of Heaven and Hell]
Qual è il confine?
UNO
Invitano il Carmina Mea a cantare; non si sa bene chi, sembra un’associazione, qualcuno che aiuta gli altri, fa niente, va tutto bene, cantare è sempre un piacere e il pubblico che trovi è spesso una sorpresa.
Di sicuro conosciamo l’indirizzo, Lecco, Via Ghislanzoni 28: cosa troveremo non si sa. Ma lo scopriremo.
DUE
Le ragazze del coro si aspettano davanti a un portone verde. Il portone verde di Via Ghislanzoni 28. Aldilà c’è un cortile tenuto nel migliore dei modi possibile, circondato da erba incolta; davanti a noi l’estrema propaggine del vecchio ospedale sembra uno scoglio consumato da tutte le mareggiate degli ultimi cent’anni. Cerco inutilmente di trovare qualche storia fra finestre sporche e reti di protezione strappate. Qualcuno ci viene incontro. Finalmente capiremo dove siamo.
TRE
Passerella e poi una stanza. Due divani bassi, evidentemente di recupero, qualcuno li avrà usati per una vita e poi regalati. Almeno mi auguro sia così. A destra una specie di armadio a vista: appese giacche, maglioni, di tutto un po’ per vestirsi. A sinistra per uomo, a destra per donna. Una boutique per bisognosi in cerca di riparo dal freddo e da qualche sfortunata miseria. Lì vicino, un’ottomana.
C’è un computer, non sono pratico ma non sembra nuovissimo, e sicuramente non lo è. Accanto, un monitor di quelli giganti di una volta. Più a destra una televisione con videoregistratore. Sopra, impilate disordinatamente, una ventina di videocassette: l’unica di cui vedo il dorso con il titolo del film è quella del “Titanic”. E forse non è un caso.
Altra passerella. Una cucina pulita e ben attrezzata con la moka che sparge il suo aroma tutto intorno; e una bella sala con le pareti colorate e tanti tavoli e sedie. Bene. Per fortuna un sorriso.
QUATTRO
Intanto ho scoperto dove sono.
Sono in un posto che si chiama “Il Girasole”, ci lavorano quelli dell’Associazione Volontari Aiuto Ammalati Psichici, il loro slogan è “insieme saremo voce per chi non ha voce”, il loro compito, benedetto, tutelare i diritti e la dignità di queste persone. A bordo del Titanic. Nella pancia dell’ultimo scoglio del vecchio ospedale.
Parlo con una educatrice. Tengono aperto il martedì e il giovedì dalle 15 alle 18; al sabato e alla domenica fanno giornata: dalle 10 alle 21, e servono anche i pasti.
In Via Ghislanzoni 28 “si fa sempre più fatica” mi dice, e le persone che arrivano sono tante. Le istituzioni sostengono, ma non è sufficiente e così ci si aggrappa ai bandi “e si cerca di sopravvivere”. E aiutare a sopravvivere.
CINQUE
Quattro meno un quarto del pomeriggio. Alla fine abbiamo deciso che si canta fuori. Dentro, tra i divani, gli armadi, l’ottomana, la televisione e il mega monitor non c’è spazio. Aspettavano, sembra, un gruppetto di poche persone e gliene sono capitate lì quindici tutte assieme più un pianoforte, per cui, stante la temperatura piacevole, il teatro è allestito fuori, le quinte sono le pareti dell’ultimo scoglio del vecchio ospedale che, sorpresa, regalano un’acustica inaspettatamente buona.
Gli ospiti sono tutti seduti. Sono arrivati alla spicciolata e hanno preso posto nella improvvisata platea fatta di sedie di ogni foggia recuperate qua è là. Saputo dov’ero cercavo i loro occhi per trovare onde e maree, ma, a parte qualcuno, l’esperimento si è rivelato un flop. Tutto normale, almeno all’apparenza, tranne, appunto, in qualche caso.
Una signora cambia posto sei o sette volte non abbandonando mai la propria sedia. Un’altra si agita un po’ ma viene subito accarezzata dalle parole dolci dei volontari e riprende posto. Un’altra ancora preferisce risalire la passerella e sdraiarsi sull’ottomana. Forse è sicura che il coro canterà anche una ninna nanna.
“Mi sembra di averla già vista – mi dice un signore in tuta – non è che per caso l’hanno intervistata su Tele Unica?”. “Qualche volta è successo”, la mia risposta. E’ felice: “sapevo di averla già vista”. E va a sedersi anche lui.
SEI
Ancora quattro meno un quarto. In Via Ghislanzoni 28 arriva la merenda: vassoi di brioches e bibite passano di mano in mano mentre un dolce raggio di sole cancella la tristezza del palazzo e nel cortile si rincorrono i “grazie” che puoi leggere sulle bocche ma soprattutto negli occhi.
Poi il coro comincia a cantare Canone di Luce, “Siate le lampade dentro voi stessi, siate la vostra propria sicurezza, tenete la verità dentro voi stessi come se fosse la luce di una lampada”.
Sembrano le parole giuste nel posto giusto. E forse lo sono.
SETTE
Il coro intona Bo Yavo Haboker, e, come al solito, ne spiego in breve il significato. Mi piace la frase “chi mai apprezzerà la libertà, se non la rondine quando ha imparato a volare?” e la condivido con il pubblico.
Finisce la canzone e una signora con tanti capelli ricci grigi viene da me e mi chiede se posso scrivergli la frase della rondine. Non mi è mai capitato, a nessuno è mai importato nulla delle belle frasi di questo o di quel brano. In Via Ghislanzoni 28, però, è diverso, le sensibilità è all’ennesima potenza. Dico “va bene”, andiamo a prendere un foglio, una biro. Non serve: ha in mano biro e settimana enigmistica e la rondine impara a volare sopra le parole crociate.
OTTO
Il Carmina Mea canta l’Halleluja di Cohen e, mentre Re Davide mette insieme i suoi accordi, i girasoli in platea si uniscono al coro e l’eco delle loro voci si infrange sullo scoglio del vecchio ospedale, attraversa le finestre chiuse, penetra nei suoi vuoti e bui corridoi e poi se ne esce, vincitore tra gli applausi, i bis, le lacrime di qualcuno, il groppo in gola di tutte le coriste, la felicità di una signora che va ad abbracciare la maestra e non la lascia più andare.
NOVE
Regalano un mazzo di fiori a tutte le ragazze; poi arrivano i vassoi con le brioches, porzioni di colomba, le bibite e la festa continua.
La signora della rondine legge la sua frase scritta tra i rebus e gli anagrammi; l’uomo in tuta mi guarda e sorride; dalla cabina del Titanic esce anche la signora addormentata sull’ottomana.
Venite, si fa una foto tutti assieme, noi che eravamo fuori e voi che siete qui, in Via Ghislanzoni 28 oltre un confine che non potremo mai dimenticare.
Grazie a voi.
Buona domenica.
Riccardo Benedetti
Ah, scusate, dimenticavo.
DIECI
Guardo il portone verde che si chiude dietro a noi e penso alle difficoltà di questa gente, dei volontari e degli educatori, ai pochi soldi con cui si sostituiscono agli angeli. E agli ottocentomila euri buttati via, ad esempio, per un allevamento di cervi in località Pra’ Cainarca, Pian delle Betulle, comune di Margno, provincia di Lecco, Regione Lombardia, Italia. E, purtroppo, in tanti altri posti, vicini e lontani.
E mi chiedo: qual è il confine?
Buona domenica.
Riccardo
Benedetti
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