LECCO – Il piccolo Liam è morto per soffocamento. Questa la conclusione a cui è arrivato il pool di esperti nominati dal pm Cinzia Citterio per far luce sulla morte del bimbo di Ballabio, deceduto il 15 ottobre scorso a soli ventotto giorni di vita.
Lo riporta Andrea Morleo su Il Giorno. In realtà i consulenti sembrano giunti a questa conclusione per esclusione: siccome il bimbo non è morto a causa delle due microfratture riscontrate nella parte temporale del cranio e nemmeno si tratta di una morte in culla, allora è stato soffocato.
E questa è un’anomalia secondo Valentina Vasino, il consulente nominato dall’avvocato Sangalli che difende i genitori, indagati insieme ai medici del “Manzoni” che si erano presi cura del bimbo nei due giorni precedenti alla morte. Nelle osservazioni della Vasino il fatto che nei polmoni di Liam non vi fosse più aria, mentre nei tessuti v’è segno di necrosi.
Le due fratture sul cranio sono un altro mistero. Quel che pare certo – continua il giornalista della redazione locale de Il Giorno – è che non sono compatibili con uno schiacciamento provocato da dita adulte perché non ci sono ecchimosi e soprattutto la frattura è netta e invece dovrebbe essere “a rete”. Non si tratta nemmeno dei postumi di una caduta altrimenti non sarebbero perfettamente simmetriche. In questo modo sarebbe esclusa la volontarietà di un eventuale gesto da parte dei genitori, che comunque restano – secondo le indiscrezioni – i maggiori sospettati.
E ancora chi tra mamma e papà avrebbe compiuto un gesto simile? Quale sarebbe il movente per i due giovani genitori che prima di quella tragedia avevano portato lo stesso bimbo due volte al Manzoni? E qui entrano in gioco anche i due accessi, importanti a loro modo nell’inchiesta. Il primo (dal 1° al 3 ottobre 2015) giunge a seguito di una caduta accidentale dalle braccia della mamma: il bimbo viene dimesso senza alcun esame. Liam però non sta bene, mangia poco e presenta due rigonfiamenti alla testa: sei giorni dopo (6 ottobre) mamma e papà vanno di nuovo in ospedale dove viene fatto il “baby shake” (il test per capire se il bimbo è stato scosso) e una radiografia nella quale però non c’è alcun accenno alle microfratture distali.
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