MONTAGNA/COL TICKET PER IL SOCCORSO 30% IN PIÙ DI INTERVENTI. IL CNSAS LANCIA IL SASSO E NON NASCONDE LA MANO



BARZIO – “Le esperienze se non vengono trasmesse servono veramente a poco“. È con questo sprone di Dino Piazza che il Cai di Barzio insieme alla biblioteca comunale ha invitato gli uomini del Soccorso alpino per una serata di racconto e dibattito sulla realtà di volontari, esperti alpinisti, che sempre più spesso sono protagonisti di interventi di soccorso in montagna.

Sempre più spesso appunto, perché se è stata un’escalation di richieste di aiuto per motivazioni ridicole ad aver portato ai cosiddetti “ticket” sugli interventi di soccorso, è anche vero che nella prima metà del 2016 le uscite del Cnsas in Valsassina e Val Varrone sono aumentate del 30% rispetto al dato dell’intero anno precedente. Aprendo un bell’interrogativo sulla contemporanea presenza di questi due fattori.

prima il dovere dino piazza monti sorgenti 3Ma andiamo con ordine. Alla serata barziese ha preso parte una nutrita rappresentanza degli oltre cinquanta volontari che compongono la locale stazione, guidati dall’ex vicepresidente regionale Alessandro Spada e dal capostazione Fabio Paruzzi insieme al vice Fabio Pozzoni. Ad arricchire l’interessante e ingiustamente poco noto racconto del primato lecchese sugli albori del soccorso in montagna (e per i dettagli vi invitiamo ad assistere alla “replica” della serata che si svolgerà domani, mercoledì, a Introbio) la preziosa testimonianza dello stesso Dino Piazza. Pioniere degli interventi di soccorso in condizioni estreme, con aneddoti e ricordi il Ragno ha ben inquadrato il sorgere della necessità di una struttura organizzata e minuziosamente preparata che potesse portare aiuto in ognuna delle situazioni di pericolo che la montagna cela anche agli alpinisti più esperti. Escamotage e barelle rudimentali, tecniche “di tortura” per gli escursionisti da salvare, geniali intuizioni unite alla testardaggine di quella generazione, ingredienti senza i quali l’odierno Soccorso alpino non sarebbe mai nato. Un primato che ha portato, e porta ancora oggi, i lecchesi a far scuola in tutto il mondo.

cnsas soccorso alpino barzio pubblicoTema dell’incontro era però la sicurezza in montagna, e allora ecco che con la competenza che contraddistingue chi ogni giorno sa di potersi trovare in situazioni ben poco piacevoli per salvare la vita di uno sconosciuto, gli uomini del Cnsas qualche sassolino lo hanno lanciato. E senza nascondere la mano.

Se ne vedono di ogni è la lapidaria introduzione. Si parte dai racconti più assurdi, supportati anche da filmati, di “escursionisti” in Grignetta con banali scarpe da tennis e borsa da piscina a impegnare le mani. Ritorna poi il leggendario – ma ahinoi terribilmente reale – alpinista in infradito. E ancora la quantità di materiale millantato come tecnico ma totalmente inadatto allo scopo, dai micro-zaini che non permettono di metterci una berretta e una borraccia alle scarpe “per volare” che hanno spodestato dagli scaffali dei negozi i ben più funzionali scarponcini. Non manca una frecciata al boom della corsa in salita, una moda che se ha portato tanti sportivi ad appassionarsi alla montagna, troppo spesso non è accompagnata dalla necessaria educazione sull’andarci sicuri, a correre in quota.

cnsas soccorso alpino barzio statistichePer arrivare infine all’aspetto di più stretta attualità per quanto riguarda la sicurezza in montagna, ovvero il “chi sbaglia paga” che ha portato alla legge regionale del ticket per gli escursionisti imprudenti. Parte dai dati l’illustrazione di Alessandro Spada, e il primo è scioccante: l’anno scorso solo sui monti della Valsassina sono morte 12 persone, lo stesso numero di vittime registrato sulle strade dell’intera Provincia di Lecco. Si aggiunga inoltre che il 40% degli interventi del Cnsas è ciò che in gergo si definisce “su sentiero“, cioè per escursionisti sfiniti, malori, infortuni in ambiente appunto non estremo. Al confronto sono irrisori i numeri degli interventi in terreni pericolosi. Ulteriore spunto di riflessione, il 90% delle persone soccorse non è associato al Cai, e qui non è difficile supporre una diversa cultura della montagna tra chi frequenta l’associazione e chi invece si improvvisa alpinista.

ELISOCCORSO COMO DECOLLAMa torniamo al ticket. Nel 2013 vi è stata una crescita esponenziale dell’utilizzo dell’eliambulanza, i numeri hanno acceso polemiche che hanno trovato spazio in una parte del consiglio regionale lombardo. La consigliera Lara Magoni – “fino a qui più nota per le imprese sugli sci che per le iniziative politiche” (cit.) – si fece promotrice di una bozza di legge che una volta conclusa venne sottoposta a Cai e Cnsas, tra la sorpresa dei dirigenti che si chiedono perché non siano stati interpellati prima, visto che nella legge sono citati dei regolamenti del Cai che ancora non esistono. Tuttavia ne esce il documento che Consiglio e Giunta approveranno, la legge regionale 17 marzo 2015 n.5 Disposizioni in materia di interventi di soccorso alpino e speleologico in zone impervie, recupero e salvataggio di persone infortunate o in situazioni di emergenza“.

È però su un altro dettaglio che cade l’attenzione del Soccorso alpino: la legge parla di “interventi di soccorso e di elisoccorso in ambiente impervio o ostile”, in soldoni: montagna. Resta così escluso da questa procedura di compartecipazione alla spesa del soccorso chi si mostri altrettanto negligente al lago, o al mare, o addirittura in città.

cnsas soccorso alpino barzio pubblico 1Fatta la legge, ecco partire le fatture per chi “se lo merita” (ne abbiamo parlato pochi giorni fa). A decidere il tutto, una serie di tabelle elaborate a partire da valutazioni che hanno dato un costo a ogni tipo di intervento sanitario (ad esempio, un’uscita dell’automedica costa alla Regione mille euro tondi, 12mila euro è la spesa per ogni decollo dell’eliambulanza). Agli uomini del Soccorso alpino spetta consegnare un rapporto dettagliato che fotografi la condizioni ambientale e sanitaria, la “sentenza” è invece compito dell’Areu – Azienda Regionale Emergenza Urgenza della Lombardia.

Il denaro ovviamente finisce nelle casse della Regione, il Cnsas nulla ci guadagna – come è giusto che sia – tuttavia il Corpo sta facendo pressioni affinché quel denaro, o almeno una parte, venga destinato ad attività di prevenzione.

E qui torna in gioco quel 30% di qualche paragrafo fa: l’incremento delle uscite del Cnsas locale nei primi otto mesi scarsi del 2016 sul dato totale del 2015. Una spiegazione tutto sommato verosimile potrebbe essere “bel tempo e contingenze“, quindi molta più gente in montagna e di conseguenza più richieste di aiuto. Ciononostante un’impennata così alta non può non far sorgere dubbi sull’effettiva utilità dei ticket o quantomeno sulla funzione della legge nel disincentivare gli sprovveduti dal mettersi nei guai.
Nel qual caso ben venga la proposta del Cnsas di investire i frutti di queste multe in iniziative di prevenzione, e ben venga l’impegno del Cai ad educare i propri soci.

C. C.

 

 

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