MARGNO – È un armistizio quello ottenuto oggi dagli animalisti in favore dei cervi delle Betulle. Dopo la morte negli ultimi mesi di due animali, un’indagine del Corpo Forestale dello Stato, numerosi dubbi e altrettante incongruenze, documenti pubblici irreperibili e responsabilità mai identificate, questa volta l’intricata vicenda dell’area protetta ai Piani delle Betulle ha visto in campo gli attivisti a battersi per tenere rinchiusi gli animali, in un controsenso che è solo apparente e che per questo non sorprenderà affatto gli attenti lettori, desiderosi di conoscere la verità su questo scandalo tutto valsassinese.
Quattro cervi da salvare. Protagonisti l’associazione animalista Freccia 45, gli agenti della polizia provinciale e la famiglia di ungulati reduci dal non-parco faunistico delle betulle. Sono le 9.30 quando al recinto di Pra’ Cainarca arrivano i vigili di Villa Locatelli, guidati dalla comandante Raffaella Forni e accompagnati dal veterinario Ats Luciano Riva. Gli attivisti Susanna Chiesa e Luca Difede sono già barricati a difesa del “castello” (anche se appare più come una cattedrale nel deserto) e immediatamente chiedono ai provinciali di rinunciare all’azione.
Gli agenti come previsto procedono e intimano agli animalisti di non interferire con “un’operazione complessa per il bene degli animali”, viene invece concesso alla stampa di seguire l’intervento. “Stiamo dando esecuzione a un’ordinanza – spiega il comandante Forni – che prevede la liberazione di un cervo femmina e due capi giovani. Non c’è dubbio che sopravvivranno all’inverno perché sono capaci di trovare cibo in natura, inoltre è probabile che non si allontaneranno da questi boschi, e quindi sebbene il cervo non sia un animale protetto, su quest’area la caccia non è consentita e non correranno pericoli”.
“Il Comune di Margno sta facendo fronte al nutrimento degli animali – continua l’ufficiale – ma l’ente non può farsi carico di fieno e pulizia dell’area per un altro inverno (sebbene la Provincia dovrebbe aver risarcito il Comune delle spese anticipate). Liberare i tre esemplari è la cosa giusta da fare, vivranno liberi invece che costretti nel perimetro cintato”.
Oltre al fieno, tra le motivazioni che hanno spinto al provvedimento vi è anche la ‘perpetuazione del problema’. “Separando la femmina in età fertile dal maschio evitiamo che entro il prossimo anno invece che quattro cervi cui badare ce ne siano cinque” commenta Raffaella Forni.
Prima obiezione: avendo il “parco faunistico” due aree separate, maschio e femmina non possono essere semplicemente tenuti lontani in quel modo?
La liberazione, come detto, riguarda tre capi, il maschio invece dovrà restare nel recinto perché “imprintato – spiega sempre Forni -, non adatto a vivere in natura e potenzialmente pericoloso. Abbiamo contattato altri centri faunistici ma nessuno si è detto disposto a tenerlo, se non in una gabbia, allora meglio che resti qui”.
Seconda obiezione: passi che nutrire un solo animale è diverso che nutrirne quattro, ma se il maschio è pericoloso, l’unica trama di rete che separa l’animale dalla libertà, o da eventuali curiosi, è compatibile con il suo imponente palco (altrimenti dicasi “corna”)? Non è raro infatti che un animale fuori controllo possa sporgere le corna dalla rete e colpire eventuali curiosi, anche per questo i recinti per cervi sono spesso pensati con una doppia recinzione.
Torniamo alla cronaca. Per oltre due ore il personale autorizzato ha tentato di isolare il maschio nel recinto piccolo, così da far poi facilmente uscire in liberà i tre capi selezionati. In seconda istanza si sarebbe provveduto a sedare il cervo per i minuti necessari alla liberazione degli altri, ma non ce n’è stato bisogno. Forse per il numero non sufficiente di addetti, forse per il trambusto creatosi nel recinto con la presenza degli ospiti umani, a un certo punto comandante e veterinario non hanno potuto fare altro che sospendere le operazioni, riscontrando agli animali uno stato di stress.
Piccolo appunto: oggi l’operazione era autorizzata, e la presenza di un veterinario ha confermato il buono stato di salute degli animali, prima e dopo l’evento. Così non fu in quella tristemente nota battuta di caccia che nel ponte dell’immacolata del dicembre scorso offrì a esterrefatti turisti lo spettacolo di raffazzonati cacciatori che cercarono di catturare gli animali, assumendosi forse così un ruolo nella morte della cerva.
Animali sottoposti a condizioni stressanti quindi. Pausa di qualche ora e poi si sarebbe ricominciato a “dare esecuzione all’ordinanza”. Si pensò anche di attendere il tramonto, se non che, stanchi di sentirsi rispondere dai poliziotti che non era con loro che dovevano parlare, gli animalisti hanno alzato la cornetta e cercato in Provincia Luciano Tovazzi, il dirigente del settore Ambiente e Territorio. In un continuo scarico e anonimato di responsabilità, Tovazzi era l’unico che poteva quantomeno sospendere l’operazione. “Freccia 45 farà di tutto per salvare gli animali – ha dichiarato Susanna Chiesa -, valuteremo se sarà possibile farcene carico, meglio sarebbe senza trasferirli dal loro habitat, oppure portandoli dove non avranno il mirino dei bracconieri puntato addosso”. Sono bastati pochi minuti di colloquio e il dirigente di Villa Locatelli ha acconsentito a una “pausa di riflessione“.
Ordinanza in stand-by, in attesa che presto le parti si incontrino a un tavolo. “Siamo in possesso di un’autorizzazione regionale che ci consente di liberare i cervi di proprietà della Provincia, dunque la femmina e i suoi due piccoli – chiarisce Luciano Tovazzi -. Del maschio non possiamo decidere noi. Non c’è però alcun problema a prendere una pausa di riflessione, ci incontreremo con Susanna Chiesa e spiegheremo le nostre ragioni”, fino ad allora l’ordinanza non verrà eseguita.
C.C.