RIFUGI IN GRIGNA (E NON SOLO): “SPIRITO DI SERVIZIO ALLA MONTAGNA INAVVERTIBILE DA UNA SCRIVANIA DI MILANO”



GRIGNA MERIDIONALE E SETTENTRIONALE – Dire che c’è “fermento” nell’ambiente dei rifugisti è dir poco. Si parla in particolare delle strutture di proprietà del CAI di Milano, un’autentica potenza con le sue migliaia di soci, un cospicuo giro d’affari e 14 rifugi sparsi tra Grigne, Valtellina e altre aree non solo lombarde.

http://www.ballabionews.com/image/original/1165.jpgOggi, sembra proprio che con l’avvento dei nuovi vertici, assai determinati e decisionisti, si vada delineando una politica che tende molto a promuovere il profitto, con una corsa al “mercato” e appunto alla richiesta di rendere profittevoli realtà non sempre capaci di generare guadagni ma certamente da sempre in grado di fare da presidio informato delle nostre fantastiche montagne. Con un livello di servizio che va ben oltre il caffè e la taragna ma si estende alla cultura dell’alpinismo e dell’ambiente, passando pure per le consulenze, i corsi e spesso la presenza in prima persona dei rifugisti in casi di emergenza.

Anche per questo la nuova linea della gloriosa sezione milanese del Cai sta suscitando perplessità se non una rivolta vera e propria da parte di alcuni rifugisti e appassionati.

Siamo stati contattati da un gruppo di persone “in mobilitazione” e garantendone la riservatezza – ma presto saranno loro stessi a farsi sentire dai diretti interessati – abbiamo raccolto questo sfogo.

Il mondo dei rifugi è un piccolo mondo – ci raccontano -, ma è una grande metafora, quello che sta accadendo ci fa pensare che il mondo si sia ribaltato. Sempre più spesso sentiamo parlare di rifugi in termini di costi per le sezioni del Cai; della loro inadeguatezza in termini di mercato e, soprattutto, della scarsa imprenditorialità di chi li gestisce“.

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Massimo Minotti, presidente Cai sezione di Milano

Ora si propone la vendita totale, parziale, contratti assurdi e capestro per cercare di coprire le spese delle città con i soldi delle montagne – affermano i ‘ribelli’ -. Una specie di Robin Hood all’incontrario che farebbe rivoltare i fondatori del Cai e dei rifugi nelle loro tombe. Quanto il Cai si ricorda del perché ha voluto i rifugi? Quanto è stato capace di conservarne lo spirito e quanto è stato capace di trasmetterne l’idea? Differenziarli da ciò che era privato. Quanto è stato capace (come grande associazione) di dimostrare agli enti, alle amministrazioni, allo Stato la loro importanza di presidio delle terre alte?“.

Ma, ci chiediamo, pesa davvero in qualche modo la capacità più o meno elevata di cavarvela economicamente? “Ora sembra che la questione sia la poca imprenditorialità dei gestori. Come se fosse loro la colpa dell’incapacità dell’associazione di attecchire e resistere nella società; di fare nuovi soci; di mostrare l’importanza del Cai e dei rifugi. Chi le capanne le ha costruite bene aveva in mente a cosa servissero, come andassero usate, e le hanno affidate a chi le ha condotte nella buona o nella cattiva sorte, guadagnandoci o perdendo tutto, anche la vita dedicando alla montagna il più del proprio lavoro, gratuitamente. Attraverso le guerre, facendo soccorsi, tracciando sentieri, accogliendo, informando, facendo una fatica boia alimentati da una passione; dal giusto spirito del servizio alla montagna… inavvertibile, invisibile da una scrivania di Milano“.

Insomma – concludono questi ‘addetti ai lavori’ – anche in questo caso si vuole sacrificare al mercato ciò che è di tutti. Questo mercato che si mangia tutto e tutto trasforma e uniforma ad una vita sempre più piatta e delle montagne fa un luna park. Anche in questo caso si vuole far pagare agli ultimi errori commessi altrove. Far pagare a chi già viveva con l’incertezza di contratti annuali, di una stagione che ti può girare le spalle, di un imprevisto, di un infortunio, di una valanga, mentre comunque si investivano in quest’idea soldi, vita, futuro“.

E infine la chiosa, retorica ma efficace:
Recentemente il Cai, ammirevolmente, ha pubblicato il proprio bidecalogo: bellissimo. Chi ci propone tutto questo, lo ha letto?”.

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