LECCO – Nei giorni scorsi il sostituto procuratore della Repubblica Paolo Del Grosso ha archiviato il voluminoso fascicolo relativo ai presunti reati perpetrati nella creazione e gestione del vergognoso “non parco faunistico” delle Betulle, in Alta Valsassina. Sul tavolo della magistratura lecchese era giunta un’ampia documentazione raccolta in particolare dal Corpo Forestale dello Stato, relativa allo scandalo del parco a Margno più l’osservatorio a Casargo, mai decollati malgrado una maxi spesa sostenuta da enti pubblici e con fondi provenienti dall’Unione Europea, costi lievitati negli anni fino a superare, pare, la clamorosa cifra di un milione e mezzo di euro – forse addirittura due milioni (quattro miliardi delle vecchie lire).
Il tutto era scaturito da un fatto apparentemente “minore” (non la penseranno così gli animalisti), ovvero la morte in circostanze ancora misteriose di un cervo proprio nel recinto di quel parco inaugurato a suo tempo ma mai diventato operativo – alla faccia delle milionate investite. Da lì, agli inquirenti si erano presentati numerosi atti “sospetti”, specialmente nell’ambito della gestione del non-parco, ad opera di una cooperativa sociale (nel frattempo finita in liquidazione) che con pratiche naturalistiche aveva ben poco se non nulla a che vedere. Una coop che in realtà si occupava di cartellonistica, sprovvista dei titoli necessari a far andare avanti l’attività tra cervi, caprioli ed animali vari.
Inoltre, i forestali avevano intravisto numerose presunte irregolarità generali, comprese dichiarazioni a proposito della conformità del non-parco, con aspetti a volte quasi farseschi come ad esempio la mancanza della corrente elettrica ed altre amenità del genere.
All’uomo della strada però, a lato dell’inchiesta vera e propria, prudeva (e prude a maggior ragione oggi) il dato di fatto conclusivo: si sono spesi una marea di denari pubblici ma del parco e osservatorio faunistico non vi è traccia. Anzi, il rischio concreto è che quanto fatto finora se ne vada in fumo, con il decadimento di due belle aree non più (mai, in realtà) gestite e destinate all’abbandono. A maggior ragione alla luce di questa archiviazione che cancella a livello giudiziario i reati segnalati a carico di funzionari e amministratori pubblici e di soggetti privati, ma non elimina affatto i dubbi e le perplessità comuni in relazione ad uno scandalo che non ci stancheremo di definire tale – e del quale continueremo ad occuparci, anche alla luce delle numerose ulteriori segnalazioni e denunce, mai anonime, che il nostro giornale ha ricevuto al proposito nel corso degli anni.
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