BARZIO – Tre ore buone di interventi “istituzionali” poi verso le 13 il microfono passa all’uditorio e la musica… cambia. È una raffica, talvolta ad alzo zero, quella che proviene dalla platea, buona buona a lungo ma poi “esplosa” quando la parola è stata finalmente data a chi voleva intervenire. In particolare, gestori di rifugi, colleghi del ‘famoso’ Mauro Cariboni, solidali con lui per l’imminente perdita del Rosalba che a fine anno passerà ad Alex Torricini, quasi sempre lievi nei confronti di quest’ultimo ma molto, molto incazzati con il Club Alpino Italiano. Non solo quello milanese, promotore del mega convegno alla Fornace.
Non deve però fuorviare l’avere incentrato sulla persona (Cariboni) e il singolo caso le proteste, all’indomani della durissima presa di posizione di Confcommerico e Gruppo rifugi di quest’associazione: gli interventi ficcanti dei gestori hanno preso spunto dalla vicenda personale, umana, di Mauro del Rosalba per allargare la questione al principio, al tema vero e proprio del dibattito. Più d’uno ha rinfacciato al CAI di aver parlato a lungo, oggi, di fattore umano e di non cedimento al profitto, ma di comportarsi all’opposto.
“Esibite un volto più aziendalista che umano – attacca subito Elisa del ‘Falk‘ – oltre ai contratti ci sono anche le persone, siamo tutti diversi e nel caso di Mauro il dialogo doveva avvenire prima; nessuno di noi si arricchisce con questo lavoro, ci viviamo e basta. Ho dubbi sui contratti e su come ci vedete, come rifugisti: che margine di progettualità abbiamo con accordi 1+1 o anche 3+3 (anni, ndr). Quanti concordano ad esempio sugli 1+1? E ho anche dubbi sul concetto di più rifugi assegnati ad una sola persona“.
Visto che viene chiamato in causa l’unico soggetto che “gestirebbe più rifugi”, vale a dire Torricini, risponde direttamente il presidente del Cai Milano Minotti: “Alex si avvale di uno staff di giovani, il ricambio è necessario. Noi diciamo largo ai giovani, con progetti lunghi. Comunque la gestione dei rifugi delle Grigne non sarà concentrata in una sola persona, non è questo il nostro intento nello specifico”.
Ma le perplessità sono tante. Flavia, amica di Cariboni che gli ha dato anche una mano al Rosalba, affonda: “Trovo vergognoso togliere il rifugio a Mauro per darlo a uno che non ha problemi di soldi”. Ed ecco la questione dei soggetti “farciti di denaro” che secondo le accuse di vari operatori del settore stroncherebbero i vecchi gestori. Flavia confida che all’amico Cariboni è stato chiesto il doppio per la gestione, che i progetti erano già stati portati avanti, lì come altrove e che quindi i giochi erano fatti. E sottolinea come altri un dettaglio personale ma serio: “A Mauro mancano tre anni per andare in pensione, senza il Rosalba è un uomo rovinato. Se si vuole fare spazio ai giovani, uno dei suoi figli compie 18 anni a breve e poteva essere un valido aiuto e successore”.
Prova a replicare il presidente nazionale Cai Vincenzo Torti: “Le problematiche soggettive non possono andare a carico dell’altro; nello specifico, mi rammarico che non si siano armonizzate le due posizioni ma c’era un soggetto non disponibile verso il nuovo”.
Ancora una volta dunque, il confronto anzi lo scontro è tra tradizione e innovazione, tra nuovi progetti e vecchio modo di gestire. E su questo, i rifugisti di oggi non hanno dubbi.
Claudio Prada, il capanatt del ‘Buzzoni‘, che giovane è, critica aspramente la scelta del CAI di non aver effettuato un bando per l’affidamento del Rosalba – e non solo – e sempre premettendo di non avere nulla contro Torricini, espone le sue perplessità. E annota che “Con un bando magari farete più fatica ma su cento partecipanti ne troverete dieci bravi, non uno solo… E su mille, magari cento di eccellenti”.
C’è poi Elena, figlia di chi gestisce la Bogani, che con sobrietà parla dei giovani (“quelli veri”) che vorrebbero poter avere spazio nella gestione di un rifugio e dice che a lei un giorno potrebbe piacere l’idea di fare la rifugista ma che se c’è chi si prende tutte le gestioni questo diventerà difficile.
E sullo sfondo, diversi rifugisti parlano senza peli sulla lingua di “assegnazioni pilotate“.
Insomma, se il CAI voleva in qualche modo difendere la propria posizione forse c’è riuscito, ma solo internamente. Di certo, buona parte dei numerosi presenti ha applaudito con convinzione diversi interventi non proprio teneri nei confronti del Club. E la sensazione di un dibattito bloccato, con due linee decisamente contrapposte, è forte. Parlando di discussione in senso generale e non limitata alla pur importante occasione di quest’oggi in Comunità Montana.
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