BRUXELLES (B) – Parco mai omologato, percorso disabili mai concluso, attività mai partita. Sono tanti i dettagli incompiuti quando si parla dell’area faunistica ai Piani delle Betulle di Magno. E nonostante ciò non poche sono anche le centinaia di migliaia di euro di denaro pubblico investite – o allo stato dei fatti meglio dire “buttate” – tra cui, pare, anche fondi europei. Si tratta di poco più di 200mila euro, sbloccati da Bruxelles non appena arrivò dall’Italia la conferma che i lavori erano stati portati a termine.
La situazione attorno al non-parco faunistico è assai complessa: pensato e messo in cantiere una decina di anni fa dalla Comunità montana Valsassina insieme ai Comuni di Margno e Casargo in un progetto di “osservatori faunistici” (con Pra’ Cainarca vi era infatti anche Ombrega), la struttura non era conforme ad ottenere la certificazione di parco zoologico e come semplice recinto venne affidato a una cooperativa sociale lecchese, la Kwa Kusaidia di Vito Maria Straniero, la quale due anni fa fallì, prima di aver portato a regime le iniziative per cui il “parco” era stato pensato, e abbandonando al loro destino gli ungulati acquistati e ceduti loro dalla Provincia di Lecco.
L’inchiesta di Valsassinanews e la misteriosa morte di una cerva hanno portato anche la Procura di Lecco ad interessarsi della vicenda che dalla Valsassina si è allargata dal capoluogo sino a Colico (dove la Kwa fallendo ha lasciato in pessime condizioni anche l’agriturismo al Forte di Fuentes).
Questa lunga storia oggi raggiunge pure Bruxelles, precisamente gli uffici e il denaro dell’Unione europea. Arriva infatti dalla Direzione generale per la politica regionale e urbana della Commissione Europea la conferma dello sblocco, nell’ormai lontano 2011, dei 207mila euro che avrebbero cofinanziato l’investimento di 414mila euro per il progetto del 2005.
Una volta ricevuta dall’Italia la “relazione di attuazione finale” che certificasse il compimento dei lavori previsti nel progetto il cofinanziamento è stato concesso (riportiamo in calce lo stralcio del documento).
I dubbi sorgono spontanei. Quali sarebbero i lavori certificati come conclusi nel settembre 2010 se ancora ad oggi, maggio 2017, è all’evidenza di tutti che i manufatti non sono stati completati? Come vennero quindi spesi quei 414mila euro di soldi pubblici, di cui il 50% proveniente dai fondi europei? Si può ipotizzare una errata comunicazione tra enti locali e Commissione Europea? E nell’eventualità, di chi sarebbe la responsabilità della relazione inviata a Bruxelles?