Argomento delle due giornate di lezione è stato lo sviluppo sostenibile con particolare attenzione a quello delle aree alpine. Dopo aver presentato nel precedente articolo alcuni concetti di base dello sviluppo sostenibile, li riproponiamo applicandoli al settore turistico.
Anche le attività turistiche producono un sistema di pressioni ed impatti sul territorio e l’ambiente, le cosiddette esternalità, quali la modificazione degli ecosistemi montani, il sovra sfruttamento di beni e risorse primarie (acqua, energia ecc.), la produzione di rifiuti, l’inquinamento del suolo e dell’acqua, l’aumento generalizzato dei prezzi e persino uno snaturamento dell’identità sociale e culturale dell’area ospitante.
Tutte quelle citate finora sono esternalità negative, ma vi sono anche esternalità positive collegate alle attività turistiche quali il possibile aumento della protezione dell’ambiente e del paesaggio in quanto risorsa indispensabile per il turismo, le opportunità di occupazione e di produzione di reddito, la realizzazione di infrastrutture utili anche per la popolazione residente, la valorizzazione del patrimonio culturale con potenziali effetti di rafforzamento dell’identità locale.
Anche per il turismo è pertanto necessario definire una capacità di carico, definita come il massimo numero di turisti che una destinazione può sopportare oltre il quale gli impatti si traducono in un danno fisico, economico e sociale.
Il rispetto di un tale limite non è tuttavia sufficiente a garantire uno sviluppo sostenibile delle attività turistiche, in quanto la sostenibilità è anche e soprattutto legata alle modalità di fruizione turistica del territorio e dell’ambiente.
Adottare un approccio sostenibile significa indirizzare lo sviluppo delle attività turistiche verso modalità di fruizione che non deteriorino la qualità del territorio e delle sue risorse ambientali, ma che non abbiano neppure impatti negativi sul capitale umano, sociale e culturale.
Uno sviluppo sostenibile del turismo non può che avvenire attraverso interventi a livello di sistema, ovvero mediante piani di sviluppo locale che sappiano indirizzare verso una logica di sostenibilità l’agire complessivo di tutti i soggetti territoriali (enti amministrativi, comunità locali, associazioni di categoria, culturali, ambientali e sociali, …), sulla base degli interessi di cui sono portatori e delle risorse a loro disposizione.
Tutto l’insieme di risorse materiali e immateriali di cui dispone il territorio deve essere considerato in un piano di sviluppo locale che sappia comporre un’offerta turistica di qualità a livello di sistema, e tutti i soggetti territoriali possono dare un contributo allo sviluppo della qualità della destinazione.
Tra i modelli di pianificazione dello sviluppo turistico locale che ben si coniuga con i principi dello sviluppo sostenibile vi è quello dei distretti culturali.
Alla base di questo modello vi è il concetto di distretto come insieme di elementi territoriali la cui localizzazione specifica e le cui qualità e capacità creano valori per il territorio.
Tali elementi devono essere specifici in modo tale da poter differenziare l’offerta rispetto ad altri territori e devono poter essere organizzati e gestiti tramite un forte coinvolgimento di tutte le realtà territoriali, sia di quelle produttive che delle comunità locali.
Rispetto ad altri tipi di distretto, quello culturale considera come risorsa fondamentale per lo sviluppo i beni culturali ed ambientali, assumendo che la qualità della cultura e dell’ambiente possano rappresentare un volano di sviluppo locale dal quale derivare flussi di valore non solo materiali ma anche immateriali, ovvero possa favorire anche una crescita sociale ed umana.
Condizioni fondamentali per lo sviluppo di un distretto culturale sono sicuramente la condivisione del progetto tra i diversi soggetti locali e la loro partecipazione, ed in particolare la presenza di una comunità locale e di forme associative pubbliche e private determinate nell’impegno a sostenere l’offerta culturale locale e il suo sviluppo, ma anche un sistema locale aperto all’innovazione e collegato a reti culturali eccellenti, oltre alla presenza di istituzioni educative interessate a perseguire una formazione di qualità nel settore culturale.
In Lombardia i progetti dei distretti culturali sono nati grazie a Fondazione Cariplo, la quale nel 2005 ha avviato l’iniziativa dei distretti per dare impulso alle economie locali attraverso una gestione evoluta dei beni artistici, storici ed ambientali.
Il primo progetto di distretto culturale avviato è stato quello della Val Camonica, che ha potuto far leva sul prestigioso patrimonio culturale camuno, al quale si sono susseguiti quelli dell’ Oltrepò mantovano, di Regge dei Gonzaga (provincia di Mantova), della Provincia di Monza e Brianza, della Provincia di Cremona e, nell’ultimo mese, quello della Valtellina.
Come è noto anche la Valsassina si è candidata per ottenere i finanziamenti per un proprio distretto culturale.
Per quanto detto in precedenza, un progetto di questa entità potrà aver successo non solo se si riusciranno a reperire le risorse economiche, ma soprattutto se riuscirà a coinvolgere attivamente tutti gli attori presenti sul territorio.
E questa la vera sfida che attende la Valsassina ed è sicuramente una sfida che, come ha giustamente evidenziato l’assessore Dadati sulle pagine di questo giornale, richiede un grande cambiamento culturale da parte di molti soggetti locali.
Ing. Flavio Piolini
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