Nello stesso anno espose le sue opere a Roma e aderì alla scapigliatura milanese. Si recò poi a Parigi, dove venne a contatto con artisti impressionisti, e dove la stampa recensì favorevolmente le sue mostre. In particolare Auguste Rodin espresse una “folle admiration” per le opere di Medardo Rosso. Di quel periodo sono Henri malato all’ospedale, Bimbo malato, Bambino al seno, Bambina che ride.
Tornato a Milano nel 1884, si sposò con Giuditta Pozzi, dalla quale ebbe un figlio che chiamò Francesco Evviva Ribelle. Ritrasse madre e figlio nell’opera intitolata Amor Materno. Espose le sue opere a Parigi, a Vienna, a Londra e Venezia, e nel 1889 all’Esposizione Universale di Parigi. Eseguì anche diversi busti per il Cimitero Monumentale di Milano. Realizzò soprattutto sculture incera, ma anche in bronzo, terracotta, gesso e disegni a matita e a colori.
Una sua passione furono i ritratti di bambini. Medardo Rosso amava la purezza, la freschezza e l’innocenza dei bambini. L’opera nella quale emerge maggiormente questa purezza è l’Ecce Puer. Si tratta di un’opera di che rappresenta la “vision de purité dans un monde banal” cioè la visione di purezza davanti ad un mondo banale, lo stupore di un bambino davanti ad un evento che ad un adulto appare banale. Secondo il racconto di Scolari “una sera c’era stato un ricevimento e la sala era piena di ospiti eleganti. Ad un tratto la tenda era aperta ed un bambino guardò dentro, le labbra aperte di sorpresa poi si è ritirato. Medardo corse alla sua stanza, ha lavorato tutta la notte fino al giorno dopo per completare la testa. L’hanno trovato sul divano con i vestiti serali indosso”. Esistono diverse versioni della scultura, di cui 6 in cera (una appunto a Barzio), 3 in gesso e 4 in bronzo.
La sua arte influenzò artisti come Boccioni, Carrà e Manzù. Medardo Rosso affermò: "Ce qui importe pour moi en art, c’est de faire oublier la matière" ("A me, nell’arte, interessa soprattutto di far dimenticare la materia"), e infatti le sue sculture sono costituite da forme "non finite", che sembrano suggerire la presenza dell’ambiente circostante. Medardo trattava la cera, il gesso e il bronzo con grande abilità, utilizzando patine colorate: i materiali non si distinguono più fra loro, e le masse si dissolvono per lasciare la visione emozionata di un universo che non è eterno. L’arte rappresenta allora la caducità della vita e la povertà stessa dei materiali. Accanto alla scultura Medardo sviluppò la fotografia: attraverso il viraggio di colori, la persistenza della luce su alcuni punti e i tagli irregolari dei margini modificava il rapporto con lo spazio circostante. Medardo Rosso morì il 31 marzo 1928, per colpa di alcune lastre fotografiche che, cadendogli su un piede, gli provocarono un’infezione. È sepolto al Cimitero Monumentale di Milano.
Il museo Medardo Rosso di Barzio è stato voluto dagli eredi e in particolare dal figlio dello scultore, Francesco. Alla morte del padre riunì tutte le opere rimaste negli studi di Parigi e di Milano e le portò a Barzio, dove Medardo con la moglie e il figlio si recava in villeggiatura. Il piccolo oratorio seicentesco di San Giovanni Battista, sconsacrato per l’occasione, divenne sede del museo, e nel giardino venne edificata la villa di famiglia. Nel museo aleggia un’atmosfera intima che permette alle sculture di esprimere tutta la loro forza e universalità. “L’arte non deve essere legata all’architettura o servire ad abbellire un salone, non deve essere fatta per piacere”, confidò Medardo Rosso ad un amico. La sua è una scultura immateriale, dove l’atmosfera si fa messaggera dei sentimenti umani e delle pieghe intime dell’anima.
Museo Medardo Rosso a Barzio in via Tranquillo Baruffaldi 4, (visite su appuntamento) tel. 0341 996416 e-mail: info@medardorosso.org
Silvia Tenderini