"E se non si trattasse di denaro ma di capacità di gestione delle situazioni?". Così si conclude la missiva giunta oggi alla nostra redazione da una signora che ha viaggiato per qualche giorno tra Monaco di Baviera e la Svizzera proprio mentre forti nevicate si abbattevano su quelle zone. Ma, diversamente da noi…
Caro direttore,
ma quanto kalte quest’anno.
In Baviera e in Svizzera tedesca si sente dire questa frase ad ogni incontro tra persone. La sottolineatura sul freddo non ha però l’aria di una lamentela generale è quasi un saluto un argomento per rompere – perdoni il gioco di parole – il ghiaccio.
Monaco è sotto la neve, come tutta la regione e la Svizzera, ma lì la vita non dà alcun segnale di stop. Non si vedono ingorghi, né grumi di pale e lame in azione, né gente arrabbiata per i marciapiedi ingombri di neve.
Che cosa rende così normale la neve di lingua tedesca e così eccezionale quella italiana?
Me lo sono chiesto non senza un po’ di meraviglia.
Perché a Lindau e in giro per i paesi della Baviera, a Bregenz in Austria, sotto il fioccare si vedono persone fare tranquillamente jogging. Se niente, niente il cielo si apre a un pallido sole, tra l’incessante seppur più diradato fioccare, gli anziani escono a passeggiare lungo i sentieri imbiancati dei parchi e dei lungolaghi.
Sì caro direttore, fuori del finestrino del treno sfilavano ragazzi e adulti in bicicletta, con il cane, con le carrozzine (bardatissime, con bimbi altrettanto infilati in scafandri di lana), quasi nessun ombrello. Insomma c’era una sensazione di normalità e non eccezionalità.
Ma loro sono abituati vien da dire. Sì a vivere con tranquillità le stagioni: scarpe, anche da ginnastica, con suole grosse che non fanno scivolare, guanti e cappelli diffusi per l’inverno. A guardare il termometro non sembrano vivere in temperature diverse dalle nostre: -3-4 al massimo -7 a Monaco. Ieri a mezzogiorno si era sopra lo zero. Come qui in Valsassina.
Il capoluogo della Baviera è una città pulsante di lavoro (la Baviera come la Lombardia sono le regioni più produttive d’Europa) e in questi giorni in centro tra gli abitanti si mescolano i numerosi turisti venuti qui attratti dai mercatini di Natale. La gente cammina su una poltiglia di neve e non cade, neppure gli anziani, che avanzano con borse leggere, fendendo il freddo a suon di cappelli di tutte le fogge e di cappottoni lunghi.
Magia, miracolo? No, semplicemente è stato sparso in giro non del sale ma una specie di ghiaia; che genere di sassi sia non lo so: non sono un tecnico.
Le lame per l’amor del cielo passano, ma non con la frenesia di tenere la strada pulita, piuttosto sembrano avere il compito di non far crescere troppo lo strato di neve a terra.
Se qualcuno adesso pensa ad auto che slittano, bus in panne e tram bloccati dal ghiaccio, sbaglia.
Anche gli autobus doppi girano a buona velocità perfino su rotonde di piccolo raggio, senza per questo ‘scodare’. I mezzi, infatti, sono gommati in maniera adeguata e di catene in giro non se ne vedono.
Insomma se lì regna la normalità, qui noi italiani sembriamo ‘drogati’ di emergenza. E anche la neve simbolo dell’inverno, come i fiori di pesco lo sono per la primavera, diventa un momento difficile nazionale, un’altra occasione per piangere sulle casse pubbliche vuote che non permettono i costi di una mobilità fluida. E se non si trattasse di denaro ma di capacità di gestione delle situazioni?
Chissà se pure loro a primavera si ritrovano con buche e voragini sulle strade, lasciate in ricordo dall’inverno rigido. C’è da scommettere che no.
Buona birra a tutti.
[lettera firmata]