POLITICHE PER LA MONTAGNA: GESTIONE DEI PROCESSI DECISIONALI



Temi delle lezioni tenute dai professori del Politecnico di Milano Giancarlo Vecchi, responsabile del Master, Paola Briata e Claudio Calvaresi sono stati i principi di progettazione alla base dei Progetti Integrati di Sviluppo Locale (PISL) e della Progettazione Partecipata, con particolare attenzione rivolta ai processi decisionali.

I Progetti Integrati di Sviluppo Locale nascono a fine anni novanta con l’intento di aumentarne l’efficacia rispetto ai progetti di sviluppo pianificati centralmente, in quanto si è riconosciuta l’importanza dei soggetti locali nell’elaborazione e messa a sistema dei progetti.

Questa nuova stagione di pianificazione a supporto dello sviluppo locale si basa sulla consapevolezza che sia fondamentale, specialmente nei territori a economia debole, mobilitare le conoscenze locali per far emergere tutte le risorse presenti nel territorio e formare progettualità più complesse e complete.

L’integrazione fra risorse presenti in un territorio è principalmente intesa a livello di cooperazione tra attori eterogenei sia per natura (pubblici/privati) che per livello (enti nazionali/regionali, istituzioni locali) e comporta una notevole complessità nelle dinamiche decisionali, complessità che deve essere considerata in fase di pianificazione del progetto.

E’ infatti indispensabile analizzare le relazioni esistenti tra i diversi attori, tenendo conto che ciascuno di essi avrà interessi distinti e cercherà di massimizzare il proprio beneficio.

Gli obiettivi di ciascun attore possono essere di contenuto, quanto il soggetto è interessato al problema alla base del progetto o ad una particolare soluzione, o di processo, quando l’interesse prevalente risiede nell’avere un ruolo nel processo decisionale, indipendentemente dal problema e dalla soluzione.

Per perseguire i propri obiettivi gli attori mobilitano risorse di diverso tipo, economiche, relazionali, informative, legali, politiche, …e possono interagire tra loro sia collaborando, ovvero unendo le proprie risorse per raggiungere un beneficio comune, sia scambiandosi risorse per avere un vantaggio reciproco, o instaurando un conflitto per massimizzare il proprio beneficio a scapito di quello degli altri.

In processi decisionali lunghi si può inoltre manifestare sia un’instabilità degli interessi dei vari attori, sia un cambiamento degli attori stessi. E’ pertanto facile immaginare come l’esito di un processo decisionale in un contesto di tale complessità sia difficilmente prevedibile a priori, ovvero come il processo sia caratterizzato da fortissimi elementi di incertezza sia relativi agli attori in campo che all’ambiente nel quale si opera.

In tali contesti il processo decisionale non potrà mai essere un processo razional-analitico nel quale la soluzione ad un problema collettivo possa venire presa tramite un processo sequenziale di analisi, individuazione delle alternative di intervento, valutazione e scelta dell’alternativa ottimale, bensì tramite un processo di interazione e mutuo aggiustamento tra le parti durante il quale gli attori ricercano non la soluzione ottimale, ma la soluzione che ottiene il maggior consenso.

Il pianificatore, avendo chiare quali siano le relazioni tra i diversi attori e soprattutto quali siano gli interessi che li faranno mobilitare, dovrà favorire il mutuo aggiustamento tra le parti facendo sì che essi mobilitino delle risorse indirizzate a perseguire obiettivi collettivi anziché individuali.

La complessità del processo, sebbene comporti grosse difficoltà di gestione ed imprevedibilità, può trasformarsi in una risorsa per produrre soluzioni migliori in quanto è legata alla molteplicità di risorse che, se mobilitate correttamente tramite un’interazione virtuosa tra gli attori, produce una conoscenza collettiva di entità maggiore rispetto alla somma degli apporti dei singoli.

Il pianificatore dovrà anticipare il comportamento degli attori e cercare di coordinarli mediante una combinazione delle seguenti strategie. Manipolando i loro obiettivi, ovvero ridefinendo il problema alla base dell’intervento progettuale in modo tale da modificare la percezione da parte degli attori del beneficio che possono trarne dando supporto al progetto. Aumentando le risorse in gioco, ovvero allargando il progetto a nuovi alleati che ne condividano gli obiettivi e possano mettere a disposizione le risorse di cui vi è maggior carenza. Agendo sulla rete di relazioni tra i vari attori, cercando di aumentare la coesione tra coloro che sono favorevoli al progetto ed ostacolando quella di coloro che sono contrari. Migliorando le modalità di interazione tra i diversi attori, in modo tale da minimizzare i possibili conflitti ed aumentarne le capacità di collaborazione.

Da quanto detto si può ben capire come al pianificatore non sia più chiesto di svolgere un lavoro prettamente tecnico, bensì di svolgere un ruolo di facilitatore del dialogo tra attori e di gestore di processi decisionali, un ruolo che i futuri pianificatori di politiche per la montagna dovranno conquistarsi in un contesto divenuto incerto per quanto riguarda le istituzioni deputate alla sua valorizzazione (Comunità Montane).

Ing. Flavio Piolini

 

 

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