EDITORIA/Torna il Resegone. Ma non in edicola: on line tra pochi mesi?



Il quale Cecchin, contattato da Valsassinanews, non nega affatto che il progetto sia in corso, anzi: "Se tutte le tessere del mosaico andranno a posto, nel giro di tre mesi potremmo essere in grado di partire". E’ la conferma dunque di quanto si vocifera da tempo in ambienti editoriali ma non solo. Si parla di un giornale on line, attento ai temi più cari alla chiesa; e si fa perfino il nome del possibile direttore: si tratterebbe di Alberto Comuzzi (foto a destra) giornalista cattolico caposervizio al mensile "Jesus", già presidente dell’Ucsi lombarda, revisore dei conti dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia e a più riprese membro del cdr di "Famiglia cristiana", autore di libri (sue alcune biografie di santi).

Ma il vero artefice è lui, il prete-giornalista (o sarebbe meglio definirlo giornalista-prete?) Monsignor Franco Cecchin: 68 anni appena compiuti e, guarda che combinazione, lo stesso giorno del compleanno ha festeggiato il trentennale dell’iscrizione all’Albo dei Giornalisti in qualità di pubblicista. Cecchin dal marzo 2008 è Decano del Decanato di Lecco, segretario della Zona Pastorale III della Diocesi di Milano e rappresenta una figura particolare, in qualche modo atipica. Vocazione per internet e l’informazione sono certificate da questo indirizzo: www.francocecchin.it. Il monsignore col sito web, insomma…

Ma torniamo al progetto. Che ci sia, lo testimonia lo stesso profilo professionale pubblicato (on line) dal potenziale direttore. Accanto al nome di Comuzzi, alla voce "attuale occupazione" risulta quanto segue: giornalista at Resegone 3000. Quindi ecco anche il nome della nuova testata…

Cecchin al proposito non si sbilancia, parla di provvidenza ("che a Lecco non manca"), di esperimenti, scenari nazionali e internazionali e altro ancora. Dalla nostra intervista qualche particolare in più, interessante per quanti – e sono stati tanti – hanno avuto a cuore, a lungo, le sorti del periodico d’informazione cattolica lecchese, quel Resegone fallito qualche anno fa e che adesso pare destinato a risorgere in forma internettiana.

Mdon Franco Cecchinonsignore, allora è vero: riparte il Resegone.
Non vi è ancora nulla di ufficiale, in realtà; finché non tutti i tasselli dell’operazione saranno stati sistemati non si può dire di più… 

Però la notizia c’è, tra giornalisti ci capiamo…
Ripeto, manca la certezza ma stiamo creando i presupposti perché questa avventura possa avere inizio. Sarebbe importante per la pluralità dell’informazione, in una chiave particolare. Vorrebbe dire avere una voce cattolica collocata in una scena ampia, confessionale, cattolica dunque universale e attenta ai fatti della società di oggi.

Ok, quindi il Resegone riparte. Tempi?
Se la provvidenza (e a Lecco ce n’è tanta) lo vorrà, tra tre mesi avremo verificato le condizioni. E’ indubbiamente una realtà in divenire, ma come detto prima il mosaico si compone solo quando tutte le tessere vanno al loro giusto posto. Si sta lavorando per questo.

Che cosa sarà, un quotidiano di cronaca, solo religioso, locale…?
Parliamo di un progetto multimediale, che se fosse solo locale rischierebbe di diventare ‘localistico’; avrà un respiro lecchese, certo, ma anche nazionale e internazionale. Anche qui: se si ponesse solamente in chiave internazionle finirebbe per risultare generico. Sarà qualcosa che vuol diventare un luogo di confronto, sposando tesi diverse, anche contrapposte.

Ma i temi?
Chiaramente quelli che interessano, in un’ottica confessionale ma non solo cattolica.

E’ vero, come si sostiene in questi giorni, che accanto a lei c’è il senatore Rusconi a provare il rilancio del Resegone?
Non sposiamo un singolo partito, vi sarà una pluralità di soggetti che, ribadisco, con l’aiuto della provvidenza cercheranno di aiutare la nascita di questo nuovo giornale.

E la Curia, come vede il vostro progetto?
Se questo piccolo tentativo andrà a buon fine, un domani la stessa esperienza lanciata a Lecco potrebbe essere ripetuta altrove.

IL RESEGONE La morale: il Resegone riparte, forse già a primavera. Lo farà con alle spalle alcune certezze, sfruttando le nuove tecnologie e provando a (ri)affrontare l’informazione con gli occhiali della chiesa. Il progetto-Cecchin non è detto che sia fortemente appoggiato dalle "alte sfere" – oltretutto siamo alla vigilia del ricambio ai vertici della diocesi ambrosiana. Anzi, qualche malalingua afferma che in quest’avventura il giornalista-prete si stia esponendo un po’ "da solo". Ma la notizia c’è ed è interessante; il tonfo del Resegone ‘cartaceo’ dopo una lunghissima storia ancora echeggia a Lecco e non solo. E tanti sono curiosi di vedere se e come riuscirà la nuova impresa.

Verificare la capacità di leggere la società e riportarla "on line" da parte della chiesa locale significherà in qualche modo capire se questa istituzione è in grado, oggi, di aggiornarsi e cogliere i movimenti di un mondo che sta cambiando velocissimamente.

Se ci riuscirà davvero, lo scopriremo tra qualche mese. Sul web: il territorio della sperimentazione e della nuova frontiera dell’informazione, quello sul quale tanti si sono già scotatti e altri (pochi a dire il vero) stanno raccogleindo frutti sorprendenti.

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LA STORIA DEL RESEGON
E (da www.chiesadimilano.it)

La voce di un territorio e della sua gente

Quando con la data del 17-18 febbraio 1882 uscì il primo numero del Il Resegone la città di Lecco era cresciuta a tal punto da riflettere, nelle sue componenti ideologiche, le contraddizioni, le tensioni, i disagi che caratterizzavano la situazione italiana più generale.
Le forze politiche che si contendevano il campo erano sostanzialmente tre: la liberale, la radicale-democratica e la cattolica. Il partito liberale, in un centro attivo di vita industriale e commerciale, raggruppava e rappresentava gli industriali e i grossi commercianti.
A livello nazionale il partito liberale stava crescendo in corrispondenza al progressivo affermarsi della società industriale. In città i liberali ebbero il predominio incontrastato fino al 1881.
Fu in quell’anno che alle elezioni municipali si presentò una "lista di protesta" che chiedeva la revisione dei bilanci delle precedenti amministrazioni dal 1850 al 1881. Ai liberali si contrapponeva un partito radicale-democratico che raggruppava varie forze dell’estrema sinistra: garibaldini, repubblicani, radicali e socialisti. Il nucleo più antico era costituito dai garibaldini, molti dei quali avevano preso parte alle battaglie risorgimentali; in esso confluirono tutti le componenti di quel mondo di tradizione laica e anticlericale che era molto consistente a Lecco.
Dopo l’affermazione del 1891 e la netta vittoria del 1895, il partito radical-democratico ebbe una totale supremazia in Comune, supremazia che si protrarrà fino a tutto il periodo giolittiano. Quanto ai cattolici, il "non expedit" papale definito da Leone XIII nel 1881 "vero e proprio divieto per i cattolici a partecipare all’attività politica" costituiva un impedimento assoluto per ogni eventuale organizzazione politica.
Esisteva in Lecco solo un Comitato Parrocchiale fondato nel 1879, il cui statuto è conservato nell’Archivio Plebano di Lecco. Il Comitato è definito un "nucleo di persone francamente e operosamente cattolico riunito in una parrocchia sotto la guida del parroco, per attuare le deliberazioni dei comitati superiori e per procurare di far rifiorire la vita cristiana nei Comuni, nelle famiglie, negli individui" (Il Resegone, 17-18 marzo 1882).
Presidente del Comitato era don Giuseppe Cavanna: coadiutore della prepositurale di San Nicolò che sarà per un decennio un chiaro e fermo punto di riferimento per ogni attività sociale. Ma i cattolici non disponevano delle strutture politiche che possedevano invece gli altri partiti; soprattutto mancava loro un organo ufficiale di stampa che li rappresentasse e desse loro voce politica. I cattolici, inoltre, si presentavano profondamente divisi in intransigenti e transigenti. Le divergenze non erano solo politiche, ma filosofiche e teologiche.
L’aspetto più appariscente era il diverso atteggiamento dei cattolici di fronte all’unità d’Italia e alla "questione romana". Gli intransigenti nella rivoluzione nazionale vedevano un portato dell’ideologia laicista, anticattolica e addirittura anticristiana: rifiutavano pertanto ogni contatto o compromesso con lo Stato, organizzando una società separata e distinta da quella liberale (con propri giornali, scuole, società di mutuo soccorso, casse rurali).
Lo stato laicista, accentratore nemico della chiesa, non meritava che lotta senza mezze misure. Gli intransigenti facevano capo a monsignor Pietro Galli, prevosto della città (1862-1902). I transigenti, invece, vedevano nel risorgimento un processo di natura squisitamente politica. Erano portati a non isolarsi dalla cultura laica, dalle istituzioni e dalla società civile, semmai erano inclini a ricercare forme di collaborazione con i liberali moderati per consolidare il nuovo stato e liberarlo da infiltrazioni anticristiane. Capo riconosciuto del gruppo conciliatorista era a Lecco l’abate, scrittore e geologo don Antonio Stoppani. A Stoppani si rimproveravano da parte degli intransigenti le sue idee rosminiane. In lui vedevano il docente allontanato dal Seminario per le idee che professava. A sua volta lo Stoppani in un opuscolo affermava "che non si può ottenere vittoria sugli increduli, se non la si ottiene prima sui falsi credenti". Questi – per lui – erano in primo luogo e massimamente coloro che, "professando il Cristianesimo e pretendendosi difensori e propugnatori della sua integrità cattolica, hanno e manifestano il gusto, come il bisogno, della divisione e della discordia e non pare loro vero di attizzarla e mantenerla".
La necessità di avere uno strumento per controbattere da una parte l’azione insistente e aggressiva del laicismo e dell’anticlericalismo locale, e, dall’altra, di smantellare le posizioni dei transigenti, fece maturare l’idea tra gli intransigenti di fondare un proprio foglio, destinato a Lecco e al circondario.

Nacque così il Resegone.
L’editoriale di apertura è steso dallo stesso don Cavanna, il primo direttore . Sono date, in uno stile sobrio e robusto: le motivazioni, il programma e l’impaginazione. Le motivazioni sono tre: l’imperioso bisogno che pur ogni giorno si fa più potente di sapere e conoscere come si vadano svolgendo i gravi problemi sociali; l’interesse dettato dall’andamento politico d’Europa e più che tutto dalla questione romana alla quale fan capo pressoché tutte le questioni sociali dei singoli stati: sfrenata licenza di una stampa che tutto svisa, per suscitare funestissimo l’odio contro la religione e depravare sempre più la società, già precipitata in un abisso di corruzione.
Il programma del nuovo giornale è così sintetizzato: verità nei fatti, rettitudine e giustizia nei principi, la religione a base e a fondamento di tutto.

L’impaginazione: il giornale darà notizie politiche e commerciali, un’appendice onesta e dilettevole e una cronaca con notizie varie e interessanti.
Don Cavanna aggiunge una dichiarazione di metodo: "Intransigente su quanto riguarda la verità e la giustizia, non scenderà mai a polemiche, ritenendo per sé più che sufficiente lo smascherare l’errore, senza entrare in lotte il più delle volte inutili e a tal fine anco odiose".
Lotte invece ce ne furono: anche se non è facile distinguere quelle in cui il giornale entrò consapevolmente da quelle in cui fu trascinato.
Nel numero del 29-30 gennaio 1886 il corpo redazionale tentò di tracciare un consuntivo dei primi quattro anni di vita del periodico. "Nel campo giornalistico dove ad ogni passo si incontrano delle tombe di effimeri, quattro anni di vita sono già un buon risultato".
Dopo questa constatazione, un commento essenziale e un proposito serio. "Non mancarono, è vero, sul suo cammino spine e dispiaceri: ma dove non se ne incontrarono? Non promise molto: il poco lo mantenne. Se cercò di far del bene nel passato, cercherà di farlo in avvenire, migliorando sempre. Questo il suo proposito".
I fondatori, o per umiltà o per un senso di sano realismo non pensavano certo che l’avvenire del giornale avesse potuto raggiungere nientemeno che il Duemila.
Nè immaginavano la difficoltà e la fatica che incontriamo noi oggi nel dover ripercorrere un periodo tanto lungo e complesso nello sforzo di individuare, sotto i cambiamenti dei tempi, l’evoluzione delle idee e della dottrina, alcuni motivi di fondo, alcune direttrici costanti, alcuni temi fondamentali e coerenti con l’ispirazione e il programma originario.
I criteri ai quali si può ricorrere per una suddivisione in periodi della storia così lunga del Resegone possono prestare il fianco alla critica di approssimazione o di inesattezza.
Ècomunque possibile una suddivisione degli oltre centovent’anni di vita del Resegone in quattro periodi: 1882-1896: anni che comprendono gli inizi battaglieri di don Cavanna e il successivo periodo di "tregua" con Piero Corti; 1896-1918: un periodo di radicamento del giornale nel territorio, una maturazione di cultura e di impegno, guidata dalla figura e dall’opera di don Giambattista Scatti; 1918-1960 : un periodo lungo che comprende l’avvento del fascismo, la seconda guerra mondiale, il dopoguerra che vede protagonista al giornale Edmondo Verga;
1960-1991: inizia con il ritorno della testata all’autorità ecclesiastica, prosegue con un totale rinnovamento dell’assetto amministrativo e della linea pastorale. 1991-2000 : il passaggio della direzione ai laici e la progressiva crescita professionale della redazione, insieme con l’avvento delle nuove tecnologie informatiche.
1882-1896 Mandato come coadiutore alla Prepositurale di San Nicolò di Lecco, don Giuseppe Cavanna si impegnò con entusiasmo nell’educazione della gioventù, dando forte impulso all’oratorio e fondando il circolo giovanile "Beato Pagano", il domenicano lecchese vittima degli Albigesi nel secolo tredicesimo. I nuovi albigesi erano per don Cavanna i radicali, i massoni, i propugnatori di idee rivoluzionarie. Vide nel giornale il mezzo più efficace per la educazione della gioventù, per una coraggiosa proposta di vita, per la difesa dei diritti dell’uomo.
L’inaugurazione del monumento a Garibaldi del 18 novembre 1884 fu l’occasione per un acceso scontro fra il fronte liberale-massonico e gli intransigenti. Don Cavanna lascia la direzione del Resegone nel 1886. "Ne sono uniche cause le sue cresciute occupazioni che non gli permettono di attendere alla redazione del foglio…". In parte poteva essere vero: nel 1887 il circolo Beato Pagano istituiva scuole serale per ragazzi, nel 1888 aprì una biblioteca circolante dotata di più di 4 mila volumi. Ma altre regioni che non sono note, non consentiranno più a don Cavanna di rimanere a Lecco.
E’ trasferito ad Angera, avendo il delegato di Pubblica Sicurezza dichiarato di non poter più garantire la sua incolumità personale. I riconoscimenti hanno il difetto di giungere tardi. Alla sua morte avvenuta nel 1902, il Resegone scrisse: "Fu don Cavanna che addestrò nella comunità parrocchiale i cattolici e li fece scendere in campo ad occupare anch’essi la loro posizione e prima di tutti, da bravo capitano, ingaggiò egli stesso la lotta e si dispose a ricevere nel suo petto i primi colpi.
Il Resegone fu l’arma principale che egli adoperò per combattere e sotto la sua direzione sapiente questo giornale prese quello sviluppo e quell’importanza che lo dispose poi a diventare uno dei più diffusi settimanali…
Molti video in lui l’organizzatore di un esercito potente che scendeva a contendere sul campo fino allo incontrastato".
Partito don Cavanna, il tipografo Giuseppe Corti, l’animoso fondatore del Resegone, rimasto solo continuò la pubblicazione del foglio, finché nel 1892 il figlio Pietro, ragioniere, ne assunse la direzione.
Perché don Cavanna non venne sostituito da un altro sacerdote? Una mossa della prevostura per alleggerire la tensione in città? Un suggerimento delle autorità superiori inclini in quel momento ad assecondare una spinta conciliatorista? Oppure è prevalso da parte del clero il timore di offrire il suo appoggio al generoso tipografo? Non riusciamo, per ora, a saperlo.
Pietro Corti era il rovescio della medaglia di don Cavanna. Un cattolico convinto e fervente: un carattere serafico. Il Ruggiero che lo conobbe di persona riferisce che nei momenti di difficoltà soleva pregare così: "Dio mio, dammi forza per resistere, pazienza per lottare, costanza per continuare".
L’anno 1895 tornò ad essere un anno caldo. Al Pedrin Corti fu offerta più di un’occasione per esercitare la pazienza. Il 19 marzo gli anticlericali giunsero al punto di celebrare la festa di san Giuseppe Garibaldi e a far baciare, a mo’ di reliquia, il ritratto dell’eroe dei due mondi al Teatro della Società. Il 20 settembre, mentre si celebrava in città il XXV della presa di Roma, "della liberazione dalla schiavitù del potere teocratico", i giovani del circolo Beato Pagano ostentando cravatte bianco-gialle partecipavano a funzioni di suffragio per gli zuavi caduti a Porta Pia.
A colmare la misura contribuirono le elezioni municipali di quello stesso anno: una lista sostenuta dal Resegone è battuta sonoramente: "I preti – commenta l’Adda – sono vipere a cui è recisa la testa". Anche se questa drastica affermazione non portò fortuna all’Adda che morì il 28 dicembre 1895, per Pietro Corti questo era troppo.
Non ebbe più forza per resistere. O forse, meglio, gli intransigenti pensarono che non avesse più forza sufficiente per resistere. Monsignor Galli chiese al Corti di lasciare la direzione e la proprietà del settimanale.
1896-1918 Il nuovo direttore è don Giovanni Battista Scatti, appartenente ad una delle più distinte famiglie di lecco, tornato da Bengala, dove aveva fatto vita missionaria per vent’anni. Egli mette a servizio del Resegone il vigore del suo ingegno, la vastità della sua cultura, il suo temperamento di lottatore. Impiegò le sue risorse economiche di famiglia per dotare il giornale di una tipografia nuova.
Ottenne vasti consensi dal clero della città e del territorio. I cattolici si indussero a frequenti sottoscrizioni per le spese dei processi che lo spirito battagliero del direttore provocava. "La sua penna è riposta nell’assalire l’errore, nel difendere la verità; non conosce mezzi termini, non conosce titubanze e paure…" .
Nel 1896 denuncia gli errori di Crispi e chiama in causa i pazzi africanisti, nel 1897 riprende in forma esplicita le direttive papali associate al "non expedit". Il 1898 è l’anno cruciale, l’anno della repressione di Bava Beccaris: a Milano 80 morti e 460 feriti. Seguirono processi e condanne che colpirono l’ala intransigente del movimento cattolico e i socialisti.
A Lecco è chiuso il circolo "Beato Pagano" e il circolo ferrovieri; soppresso il comitato sottodiocesano e sospeso il Resegone. In ottobre è spiccato mandato di cattura per don Scatti che riesce a riparare in Svizzera.

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l Resegone – La storia
Il Resegone attribuisce la responsabilità dei tumulti milanesi non solo alla "rivolta del pane", ma all’azione sobillatrice dei socialisti. Mentre esprime la sua solidarietà a don Davide Albertario, sostiene che il suo arresto è dovuto ad antiche avversioni che la classe dirigente nutriva per lui, per aver l’Albertario impedito a Milano il successo elettorale di alcuni candidati radicali, repubblicani e socialisti. Sul piano locale c’è da registrare l’elezione nel 1899 di Pietro Corti, vice direttore del Resegone, nel consiglio comunale. Vi rimane solo fino al 1913.
Nel 1889 è fondata la società operaia cattolica di mutuo soccorso "Sacra Famiglia": il 31 marzo 1901 può definirsi la giornata della costituzione sindacale lecchese; sorgono le casse rurali di Sala al Barro (1902), San Giovanni alla Castagna, Acquate (1903), Olate (1904). È istituita la cassa generale muto soccorso dell’Ufficio del lavoro, una commissione del clero per le attività sociali, raccoglie fondi per la propaganda e l’assistenza dell’ufficio del lavoro.
Il Cardinale Ferrari incoraggia l’azione dell’ufficio costituito a Lecco e lo raccomanda alla generosità di tutti. Il Resegone svolge un’azione preziosa e stimolante per appoggiare questa espressione feriva e felice del movimento cattolico. Se nel 1902 l’ufficio del lavoro aveva 1371 iscritti, contro gli 896 della Camera del Lavoro, il merito è da attribuirsi anche al Resegone. Nel 1907 giunge a Lecco monsignor Luigi Vismara, nuovo prevosto.
Scioglie il circolo Beato Pagano, dalle colonne del Resegone non viene alcun commento. Un nuovo coadiutore della Prepositurale, don Luigi Verri, dà inizio a una singolare esperienza formativa dei ragazzi e dei giovani: l’Oratorio San Luigi.
L’intransigenza diventa metodo educativo: l’oratorio di don Verri è fondato su un rigoroso esercizio di pratiche religiose, sullo studio approfondito del catechismo, sull’organizzazione geniale dello sport, del gioco, della musica, su una disciplina morale che non conosce mezze misure.
Questo eccezionale forgiatore di coscienze inizia il suo lavoro nel 1907: lo conclude nel 1940. Quanto parte lascia una Lecco diversa da quella che aveva trovato! Ma torniamo a don Scatti. Ai primi di ottobre 1914 sotto il titolo "Chi vuole la guerra", don Scatti risponde: "Èla massoneria italiana legata da rapporti anticlericali alla massoneria francese dalla quale riceve sempre l’oro per tutte le imprese sporche e anticlericali che si compiono in Italia. Ora questa nostra massoneria si sente in dovere di ricontraccambiare e tanti servigi ricevuti dalla massoneria francese con lo spingere l’Italia ad entrare nel conflitto europeo, combattendo ai fianchi della Francia…".
Come si può comprendere, qui non ci sono sfumature diplomatiche.
Scoppiata la guerra, don Scatti istituisce una nuova rubrica: "dai nostri soldati al fronte".
L’intestazione della rubrica diceva, un po’ poeticamente: "Dalle estreme balze d’Italia, rivendicando l’italico valore, i nostri soldati, a mezzo del Resegone, rinsaldano vincoli di fede, patriottismo e santi affetti".
Don Scatti fu trovato morto il 31 marzo 1918, al suo posto di lavoro.
1918-1960 Non ci è dato sapere quali siano stati i motivi del passaggio della direzione del giornale da don Scatti a un laico: Edmondo Verga che vi rimase per quarant’anni.
Dal 1919 al 1922 si accresce l’impegno del giornale a favore delle organizzazioni cattoliche e del Partito Popolare.
Guida i cattolici nelle campagne elettorali del 1920 e del 1921. Sposa le tesi del sindacalismo cristiano. Si oppone con fermezza alla violenza fascista del maggio 1921 ad Oggiono e a Merate. Nel numero del 27-28 ottobre 1922, mentre si sta consumando la marcia su Roma, scrive: "L’episodio di Torino – (l’aggressione all’on. Bacatono, socialista) èuna fredda aggressione contro un uomo che non ha commesso alcuna provocazione…".
Il numero successivo, a marcia su Roma avvenuta, riporta un panorama della stampa sui fatti di Roma e insieme la cronaca della bevuta di una bottiglia di olio di ricino che tre fascisti avevano imposto ad Edmondo Verga, reo di aver diffamato attraverso il Resegone il glorioso partito fascista.
Nel 1931 – anno dello scontro frontale tra fascismo e Pio XI per l’Azione Cattolica – il Resegone dà notizia in prima pagina dell’ enciclica "Non abbiamo bisogno", pubblicandone su tre colonne ampi stralci. "Il cristiano non antepone all’autorità del Papa quella di qualsivoglia altra persona".

Siamo nel 1938: a novembre pubblica una nota dell’Osservatore Romano e ampi stralci dell’omelia del cardinale Schuster pronunciata in Duomo la prima domenica di Avvento per confutare – sulla base del Vangelo e della dottrina della Chiesa – gli errori del mito razziale tedesco del sangue. Sopraggiunto il passo fatale del 10 giugno 1940, espresso l’augurio che l’intervento italiano non varcasse le frontiere del Mediterraneo, sospinge i cittadini alla mobilitazione civile, pubblica le lettere dei militari lecchesi al fronte, mette in giusto rilievo la prodigiosa opera caritativa svolta dal cardinale Schuster per i prigionieri, i feriti, gli sfollati, i deportati in Germania. Mentre il regime tentava di ridurre al massimo la diffusione dei messaggi di Pio XII, il Resegone oltre che pubblicarli integralmente, li riprende più volte in commenti che si prolungano per i mesi seguenti.
Dopo il 25 aprile 1945 il foglio sospende le pubblicazioni.
Il proprietario non era convinto che la fine della guerra fosse anche la morte definitiva del fascismo.
Quando riprende le pubblicazioni con l’autorizzazione degli alleati, rifiuta le proposte di chi chiede al giornale un rinnovamento. Il foglio continuò a raccogliere in breve spazio le cronache rapide e curiose del territorio. La comunità cristiana e i movimenti sorti nel dopoguerra, non lo sentono più come loro voce. Lo stacco andrà crescendo.
Non possiamo chiudere questi brevi e rapidi cenni su questo periodo del Resegone senza ricordare un giornalista cattolico tanto caro ai lecchesi. Dall’8 aprile 1924 apparvero sul Resegone nuovissimi e documentatissimi articoli di storia locale firmati "Poliuto". Era lo pseudonimo di Uberto Pozzoli. Uno studioso tenace, un ricercatore appassionato, un giornalista pieno di sensibilità e di estro, di passione, un uomo libero e forte, un cristiano purosangue.
Scrisse di lui l’amico Gilardi: "Apparteneva Pozzoli alla nobile e spesso misconosciuta schiera degli scrittori che conoscono bene i loro limiti, e non esagerano mai i loro meriti. Gente sobria che colta con sacrificio, con pura dedizione l’arte e lo studio delle lettere. Gente che per lo più che si fa da sé: furia di lavoro, di genialità, di tenacia, senza scuole, senza schemi, senza maestri… Paghi e contenti di dolci soddisfazioni morali, alieni da qualsiasi ambiziosa ricerca di gloria o di lucro…".
1960-1981 All’inizio di questo ultimo periodo della storia del Resegone sta un fatto giuridico-amministrativo di importanza decisiva: il passaggio della testata da proprietà privata a proprietà, prima della parrocchia di San Nicolò, e successivamente delle chiese parrocchiali di Lecco e della zona pastorale riunite in una società a responsabilità limitata (13 febbraio 1975).
Le trattative per questo passaggio o ritorno furono lunghe e difficili. Nell’archivio plebano di Lecco è conservata l’intera documentazione relativa a questa travagliata vicenda. Grande valore storico ed affettivo hanno gli scritti autografi del cardinale Montini , in quanto al di là degli interventi puntuali e precisi per il problema contingente, testimoniano la decisa e chiara presa di posizione del futuro papa Paolo VI nei confronti della stampa cattolica e dei settimanali cattolici in particolare.
Le lettere che si susseguono a distanza ravvicinata non sottolineano soltanto alcuni punti fermi, validi anche per il nostro tempo, ma esprimono un pensiero, un disegno pastorale riguardante la stampa periodica: – un organo di stampa è necessario per sostenere decisamente la vita cattolica (2 maggio 1959; – un giornale che trae la sua origine e la sua ragion d’essere dal servizio della causa cattolica deve avere una mandato o un riconoscimento dell’autorità ecclesiastica (13 agosto 1959); – mandato e riconoscimento non può essere dato se il giornale non è alle dipendenze di un’autorità ecclesiastica (13 agosto 1959); – un settimanale cattolico deve unire: fermezza nei principi, vigore apostolico, capacità formativa dei lettori ((2 maggio 1959); – deve allargare i suoi colloqui con quanti hanno a cuore la soluzione felice del più grande problema: quello di rigenerare, nelle forme moderne di cultura e di azione quali i tempi nuovi vanno reclamando, le più genuine tradizioni cristiane e civili (28 novembre 1959). – deve creare "una coscienza collettiva sempre più convinta, più concorde e più larga di solidali doveri e di comuni principi religiosi e morali".

 
 
I direttori che si sono succeduti, don Bernardino Mauri (1961-1964), don Antonio Pergoli (1964-1973), don Luigi Stucchi (1973- 1986), don Giovanni Mariano (1986- 1992) sono stati fedeli alla consegna del cardinale Montini.
Comune l’impegno, lo spirito di sacrificio, la dedizione generosa. Il collegamento con le comunità parrocchiali, con le associazioni, i movimenti, i gruppi ecclesiali e coni settori della vita pubblica è stato sempre condotto con pazienza e perseverante impegno.
I cattolici lecchesi – e non solo essi – ritrovano ogni giorno di più nel Resegone la voce del territorio e della sua gente. Nel numero speciale del 90esimo don Pergoli scriveva: "Sui temi di interesse locale la nostra presenta è più analitica, più minuziosa, più qualificata. Le scelte che abbiamo fatto sono state sempre dettate da considerazioni di principio e di metodo in obbedienza a una gerarchia di valori che si ispira a un preciso codice morale".

E il 12 ottobre 1973 don Luigi Stucchi: "Il giornale è fatto da chi lo vive, da chi lo vuole con sacrificio quale strumento di dialogo fattivo a contato e a servizio della realtà nella quale si è immersi, trovando unità nella limpida matrice di valori cristiani a cui facciamo riferimento, perché sono sempre e comunque in grado di recuperare la vera dimensione dell’uomo, il suo volto chiamato alla libertà e alla comunione".

A partire dagli anni ’70 Il Resegone ridefinisce il proprio ruolo nell’ambito della zona pastorale III della Diocesi ambrosiana e si radica ulteriormente a Lecco, in Brianza, nell’area lariana e nell’Erbese. I direttori che si susseguono in questa fase più recente sono: don Antonio Pergoli (1964-1973), don Luigi Stucchi (1973-1986), don Giovanni Mariano (1986-1993), Gerolamo Fazzini (1993-1994), Paolo Garavaglia (1994-1999), Emanuele Brambilla (1999-2000), Gianni Borsa (2001-2003). Dal novembre 2003 è direttore de Il Resegone Marco Deriu.

 

 

 

 

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