Cortenova torna a parlare delle sue frane. Partecipata riunione a Bindo



All’inizio della serata l’ingegnere ha illustrato alla quarantina di presenti come si presentava la situazione alla fine del 2002 poco dopo gli eventi catastrofici, facendo una sintesi delle condizioni e dei risultati, illustrando poi anche la attuale situazione di rischio. Colorazioni diverse per diverse aree: rossi, arancioni e verdi, come un semaforo la cartina mostrata indicava in rosso le zone più pericolose, a scendere sino al verde. Le aree a rischio calcolate e la relativa assegnazione vengono decise totalmente tramite norme nazionali in difesa del suolo – e non localmente.

Il monitoraggio in otto anni di spostamenti ha dato parecchi risultati interessanti, poste sul terreno numerosi mire ed inclinometri – punti che segnalano movimenti anche millimetrici – sia all’interno delle frane ma anche nei boschi vicini per controllare lo spostamento totalitario. Il monitoraggio elemento fondamentale per lo studio ma soprattutto per la sicurezza della popolazione. Grazie alla scansione mirata del territorio e ad alcuni esperimenti teorici si è arrivati a simulare sulle carte le condizioni peggiori possibili per costruire i ripari che vediamo oggi, che dovrebbero essere in grado di contenere le eventuali frane anche nella situazione più pessimistica e quindi con una bassissima probabilità di accadimento.

Le mire in questi anni hanno mostrato i movimenti delle due frane e del terreno circostante: situazione più instabile sulla Rossiga ma movimenti di maggiori dimensioni sulla frana di Bindo soprattutto nel 2004 quando la frana ha ridato innocui segnali di vita.

Nel calcolo delle probabilità anche i numeri dei futuri ed eventuali smottamenti: da 40mila a 500mila metri cubi per la Rossiga con una probabilità maggiore intorno a 200 mila mq, con occhio di riguardo per una zona denominata "Sasso dell’Orso" molto instabile ma che, secondo gli studi, anche in un eventuale smottamento non dovrebbe raggiungere nè l’alveo del fiume nè tantomeno il paese. Un alveo completamento rifatto che è in grado contenere per intero lo smottamento con un’eccezione per il ponte sulla Provinciale che possiede una luce non in grado di far defluire l’evento maggiore possibile, anche se esiste già un progetto provinciale per la messa in sicurezza del ponte in Largo De Vecchi.

A Bindo i movimenti probabili partono da 400mila per arrivare ad un milione e 100mila metri cubi con una probabilità maggiore stimata intorno ai 600mila mq, cifre che possono spaventare ma, in entrambi i casi, i lavori di consolidamento danno sicurezza anche nel peggiore dei casi ed esse esprimono solo probabilità e non certezze di eventi futuri franosi.

Uno dei temi più discussi da tutti i presenti è stato quello della manutenzione delle opere realizzate, la pulizia periodica degli alvei e delle briglie in particolar modo la ricostruzione di tratti danneggiati ed il ripristino di antiche briglie nella parte alta della Rossiga colme di detriti, briglie che nel 2002 hanno in qualche modo salvato parte del paese secondo alcuni testimoni.

Molti condizionali per un tema nel quale – come ha dichiarato pure l’Ing. Savazzi – è difficile calcolare modelli e tempistica, anche se a oggi la sicurezza raggiunta permette di dormire sonni tranquilli tenendo sempre alto il livello di guardia grazie al monitoraggio (garantito ancora per un anno), lo studio e la manutenzione delle opere a difesa degli abitati vicini alle frane.
 

Sotto una immagine della riunione.

 

 

 

 

 

 

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