ESCLUSIVO/Parla il carabiniere accusato del pestaggio del ”Gaucho”



Diaz, allevatore di cavalli in località Fregera di Cortabbio (Primaluna) afferma di essere stato brutalmente picchiato al momento del fermo, vicino a Tortona, e successivamente nella caserma dei CC di Voghera. E’ in corso un processo, nel quale è coinvolto (unico ad essere stato riconosciuto da Diaz) proprio Iachini. Che oggi ha inviato alla nostra redazione questa lunga memoria. Ve la sottoponiamo in forma integrale:
 

Il giorno 05 aprile 2009 in Voghera (PV) durante il servizio di Pronto 
Intervento “112” , alle ore 16.00 eseguivamo un “posto di controllo“
preordinato nella rotonda di via Lomellina all’altezza dell’ingresso
autostradale A/21 TO-PC, quando una autovettura affrontando la rotonda , di
ampie dimensioni, a velocità elevata tentava di investire volontariamente il
sottoscritto, dico volontariamente perché la manovra di indirizzare il veicolo
verso di me avveniva subito dopo che il sottoscritto gli aveva intimato l’ALT
utilizzando la paletta in dotazione quindi proseguiva la marcia e da dietro,
noi che eravamo ancora fermi alla rotonda avevamo modo di notare che il
conducente di quella auto gesticolando ci stava letteralmente mandando a quel
paese. Immediatamente dopo imboccava l’autostrada A/21 TO-PC in direzione di
TORINO. L’inseguimento a quel punto era inevitabile riuscendo a raggiungerlo
solo perché non era riuscito ad entrare in velocità nelle corsie autostradali a
causa dell’intenso traffico . Il conducente compiendo una manovra azzardata si
inseriva tra un veicolo e l’altro, guadagnava la corsia di sorpasso e tentava
di seminarci. Gli utenti che si trovavano su quella direttiva avevano modo di
udire e vedere i nostri dispositivi acustici e luminosi in funzione che
fungevano anche da allarme per tutti quelli che non si erano accorti di cosa
stesse succedendo. L’inseguimento proseguiva fino al km 100 circa dopo aver
percorso circa 8 Km. Durante tutti questi chilometri tentavamo più volte di
affiancare il SUV per tentare di convincere il conducente a fermarsi ma questi,
tutte le volte, eseguiva una brusche sterzate verso sinistra nel chiaro intento
di speronarci. Non contento, tutte le volte che la “Gazzella” era costretta a
desistere nella manovra di affiancamento, il conducente del SUV effettuava
delle ripetute brusche frenate al chiaro scopo di farsi tamponare. Dette
manovre non riuscivano al conducente del SUV solo grazie all’abilità del
conducente della “Gazzella”. Durante tutto questo zigzagare sulle corsie di
marcia, il SUV costringeva un’utente, a bordo di una Mercedes classe “S” ultima
versione di colore nero avente targa “Principato di Monaco” ,ad una brusca
sterzata verso destra . Dopo qualche chilometro quella auto ci superava ,
affiancava il SUV costringendolo a rallentare e ad occupare la corsia di
emergenza, ma quella manovra non era efficace ed il conducente del SUV riusciva
a riguadagnare la corsia di sorpasso. Un peccato ,per noi, non essere riusciti
a prendere quel numero di targa. C’è da sottolineare che durante il tragitto
avvisavamo utilizzando il telefono la nostra Centrale Operativa per avvisare
circa quello che stava succedendo ed inoltre richiedevamo il supporto della
Polizia Stradale operante in quel tratto. La nostra centrale subito dopo ci
informava che il supporto da noi richiesto non era disponibile, l’unica auto
disponibile era quella del locale Commissariato di P.S. di Voghera inoltre l’
operatore ci diceva che quell’autovettura, il SUV, non era da ricercare e che
era intestata ad una società di leasig. L’inseguimento si concludeva perché il
conducente del SUV , esasperato dal fatto che non riusciva a seminarci anche a
causa dell’intenso traffico, eseguiva una ulteriore brusca frenata ed un
repentina sterzata verso destra fermandosi all’interno della corsia di
emergenza. La “Gazzella” che era in scia eseguiva la stessa manovra fermandosi
dietro al SUV. Il conducente del SUV e noi scendevamo simultaneamente dai
nostri rispettivi veicoli e con stupore potevamo notare che il conducente del
SUV mi puntava incamminandosi nella mia direzione, impugnando un pugnale dopo
che lo stesso gli aveva tolto il fodero. Giunto a circa 1 metro, il conducente
del SUV rivolgeva la sua attenzione al mio collega posto alla sua sinistra che
dopo essere sceso dal veicolo di servizio era rimasto coperto dal posteriore
del SUV quindi nascosto alla sua vista. Durante quella breve distrazione il
capopattuglia ne approfittava per prendergli il polso destro e con una manovra
di aggiramento tentava di disarmarlo. Nel verbale di arresto si dice che era
stato usato il tonfa per disarmarlo ma in verità il tonfa era stato lasciato
cadere a terra perché in quella circostanza era più favorevole per noi
utilizzare le mani nude, tenendo sempre ben presente che ci trovavamo sulla
riga bianca che delimita la corsia normale di marcia da quella di emergenza e
che le auto in transito ci sfioravano con il rischio di investirci. Quindi dopo
avergli afferrato il polso della mano destra che impugnava saldamente il
coltello e averglielo girato dietro la schiena, l’aggressore perdeva l’
equilibrio e cadeva tra le due auto. Durante la caduta, il maldestro
aggressore non riusciva a ripararsi con entrambe le mani per ovvi motivi
quindi impattava con violenza sul manto stradale procurandosi una lieve
escoriazione “non sanguinante” sulla fronte da destra verso sinistra . Quando
dico che il coltello lo teneva saldamente in mano , lo dico perché ho dovuto
quasi rompergli le dita della mano destra per farglielo lasciare con il
pericolo di ferirci entrambi . In quella circostanza, l’aggressore che
indossava stivali da Cow-boy con tanto di speroni da cavallerizzo in metallo,
scalciando, tentava di colpirmi, non riuscendo nel suo intento anche in questa
circostanza. Dopo la caduta e dopo avergli tolto con la forza il coltello dalle
mani, l’individuo veniva ammanettato con difficoltà e nel mentre ci investiva
di insulti di ogni tipo rivolte a noi e alle nostre famiglie. Preciso che dopo
averlo ammanettato raccoglievo da terra il suo telefono cellulare che nella
colluttazione gli era caduto probabilmente da una tasca. Fatto questo, l’
individuo veniva sollevato e condotto nella nostra autovettura. Ricordo che l’
arrestato trascinava i piedi allo scopo di opporre resistenza e mentre ci
stavamo avvicinando all’auto di servizio notavo che sull’altra carreggiata,
quella in direzione Piacenza si era fermato un FIAT Ducato degli Ausiliari
della Viabilità, Assistenza e Cortesia della società autostradale SATAP e uno
dei due operatori aveva attraversato le corsie est e si era arrampicato sul
guard-rail. Subito dopo si rivolgeva a me e mi chiedeva se avevamo bisogno di
assistenza visto che le auto erano ferme sulla corsia di emergenza. Vista la
circostanza dicevo loro di non aver bisogno, innanzitutto per non metterli in
difficoltà visto che si trovavano dalla parte opposta e poi perché l’arrestato
era in una condizione di non poter nuocere. Quell’operatore comunque mi diceva
che ci avrebbero raggiunti in poco tempo raggiungendo il casello di Voghera
dove avrebbero invertito la marcia, quindi ripartivano. Subito dopo sempre
utilizzando il telefono entravo in contatto con la nostra Centrale Operativa
per sapere quanto tempo dovevamo aspettare i rinforzi, ma durante questa
conversazione giungeva la “Pantera” del Commissariato di P.S. . I componenti
di quella pattuglia dopo aver appreso quanto sopra si dividevano, vale a dire
che uno di loro risaliva sulla Pantera PS e l’altro invece saliva sul SUV per
condurlo all’uscita autostradale di Tortona e successivamente percorrendo la
Strada Statale 10, fino nel cortile della nostra Compagnia Carabinieri di
Voghera sempre seguito da noi e dalla Pantera PS e soprattutto senza fare soste
intermedie se non quella al casello di Tortona. Giunti nel cortile della
caserma di Voghera, venivamo accolti da un nutrito gruppo di colleghi che si
limitavano a guardare mentre aprivo la porta dell’auto di servizio all’
arrestato. Dopo averlo aiutato a scendere, lo sottolineo perché non stava in
piedi a causa dello stato di ebbrezza, lo prendevo sotto braccio e lo
accompagnavo all’interno della caserma e precisamente dentro la camera di
sicurezza che nella circostanza aveva la serratura rotta, preciso che nel
tragitto dall’auto alla camera di sicurezza, venivo seguito dall’Ufficiale
Comandante della Compagnia e da tanti altri che non stò ad elencarvi , compresi
anche i componenti della pattuglia della P.S., fino a quando allo stesso Diaz
non venivano tolte le manette dal sottoscritto. Ci tengo a precisare che la
serratura della porta di quella cella era rotta quindi l’arrestato veniva
guardato a vista da un mio collega che nella circostanza si era procurato una
sedia perché lo stesso arrestato si era letteralmente coricato sul lettino.
Preciso inoltre che ci trovavamo all’interno di una caserma dei Carabinieri e
che erano le 16:40 circa. Preciso altresì che, sia il sottoscritto, sia il
Comandante della Compagnia e tanti altri chiedevamo all’arrestato se voleva
sottoporsi alla prova dell’alcoltest e se aveva bisogno di un medico. L’
arrestato tutte le volte rispondeva negativamente ed in modo arrogante e
minaccioso nei nostri confronti. Dopo aver deciso la competenza insieme ai
Procuratori della Repubblica di turno, dopo aver parzialmente stilato il
verbale di arresto e di perquisizione, iniziavo la compilazione del verbale di
contestazione dell’art 186 appunto per contestare all’arrestato o la guida in
stato di ebbrezza oppure il rifiuto a sottoporsi alla prova dell’alcoltest. L’
arrestato condotto nell’ufficio dove io mi trovavo, continuava a dirmi di
lasciarlo andare perché lui era un “vip” che conosceva tante persone importanti
e che ci avrebbe fatto passare tanti guai. A quel punto il sottoscritto
chiedeva all’arrestato” il motivo per il quale voleva inizialmente investirmi,
poi in autostrada speronarmi e dulcis in fundo accoltellarmi. L’arrestato mi
diceva che lo aveva fatto perché noi gli stavamo tutti sui “coglioni” . A tale
affermazione era presente il Capitano ed un Maresciallo che si erano soffermati
sulla porta alle spalle dell’arrestato. I miei colleghi dopo aver sentito tale
affermazione sorridevano e si allontanavano. Per farvi capire; questo era il
clima che c’era in caserma quel giorno, non c’erano tensioni. Ci tengo a
precisare inoltre che l’arrestato si rifiutava di firmare tutti gli atti di P.
G. che via via gli venivano notificati. Comunque, l’arrestato al termine delle
operazioni dove era necessaria la sua presenza veniva fatto accomodare nella
camera di sicurezza , sempre guardato a vista, dove, visto il letto si sdraiava
e dopo poco si addormentava. Il sonno veniva interrotto solo per essere
tradotto nella camera di sicurezza della caserma Carabinieri di Tortona. Giunto
in quella sede, veniva preso in consegna dai militari di quella caserma e
condotto nella camera di sicurezza. Non risulta che l’arrestato abbia richiesto
al personale di quella caserma l’intervento del personale medico. Ma risulta
che sia il militare di servizio alla caserma , sia il Comandate di quella
Stazione e anche il Comandante di quella Compagnia alla presenza anche di una
pattuglia che per l’occasione era stata fatta rientrare a supporto temporaneo,
avrebbero domandato all’arrestato se stava male e se voleva essere visitato da
un medico. Per tutta risposta l’arrestato avrebbe espresso il desiderio di
mangiare e che si sarebbe riposato perché era solo stanco. L’indomani durante
il foto segnalamento avrebbe confidato, al Maresciallo incaricato, che si
trovava in quella situazione perché si era comportato male con i suoi colleghi
e soprattutto che li aveva aggrediti con un coltello. Alle ore 11:20 circa
veniva preso in consegna da noi e tradotto nell’aula del Tribunale di Tortona
(AL) per l’udienza di convalida dell’arresto. Prima dell’udienza l’arrestato
veniva lasciato solo con l’avvocato assegnato d’ufficio perché il legale deve
poter garantire la difesa quindi deve conoscere i fatti. Fatto questo ebbe
inizio l’udienza e dopo la mia relazione al Giudice venne concessa la parola
all’arrestato e dopo le domande tipo : Perché non si è sottoposto alla prova
dell’alcoltest? No mi sono sottoposto per una mia scelta. ; perché non si è
fermato quando ha visto che i Carabinieri gli hanno intimato l’alt? Non mi sono
fermato perché io sono un gaucho, sono un discendente degli ultimi indios
argentini , io non conosco la legge e loro non mi dovevano fermare. Dopo questa
risposta il Giudice alquanto seccata gli diceva : ma lei lo sa che si trova
Italia o no? A queste parole l’arrestato non replicava. L’avvocato si
raccomandava al P.M. per far concedere i benefici di legge previsti per gli
incensurati ma siccome l’arrestato incensurato non era, il P.M. proponeva a
questi di redimersi compiendo una donazione in danaro a noi come risarcimento
oppure in beneficenza sottolineando “una congrua somma di danaro”. Fatto questo
avrebbe riacquistato quei benefici che gli avrebbero permesso di scontare la
condanna agli arresti domiciliari, quindi presso il proprio domicilio dove
poteva accudire i propri animali, in quanto a suo dire unico conduttore dell’
azienda. L’udienza si concluse con la convalida dell’arresto, l’immediata
scarcerazione e la sottoposizione al regime dell’Obbligo di Dimora presso la
propria abitazione fino all’udienza per la condanna fissata per il giorno 17
aprile 2009. Entro quella data dovevano pervenire al P.M. la ricevuta del
versamento eseguita nonché l’accertamento dell’attività condotta. All’uscita
dall’aula erano li presenti due suoi amici che oltre ad aver avuto da noi in
affidamento il SUV dell’arrestato avevano anche l’incarico di condurre Diaz all’
Obbligo di Dimora percorrendo la strada più breve impiegando il minor tempo
possibile. Tre giorni dopo si presenta al P.S. di lecco e denuncia al medico
presente di essere stato percosso dai Carabinieri. Viene visitato diagnosticato
e dimesso con una prognosi di 10 giorni. Il giorno 17 aprile 2009 , data
fissata per l’udienza di condanna, si presenta davanti al Giudice, fornisce gli
estremi della donazione di denaro in beneficenza pari alla somma di 500,00€
devoluta all’O.N.A.O.M.A.C. (Opera Nazionale Assistenza Orfani Militari Arma
Carabinieri), non dice di aver subito lesioni e liberamente chiede il
PATTEGGIAMENTO ammettendo in toto le proprie responsabilità. Avviene la
condanna e Diaz viene sottoposto al regime degli arresti domiciliari. Conclusa
l’udienza nell’aula del piano terra, sale al terzo piano, va nella Sezione di
Polizia Giudiziaria e sporge querela nei nostri confronti indicando nella
querela stessa tutto il contrario di quello per il quale era stato appena
condannato. Pochi mesi dopo quella sentenza diventa “irrevocabile” senza che
Diaz proponga il ricorso. Passano i mesi e il P.M. di Tortona dopo aver svolto
le indagini propone l’archiviazione motivata. Prima della conclusione delle
indagini invia uno stralcio della denuncia alla Procura della Repubblica di
Voghera per i fatti avvenuti nella caserma dei Carabinieri di Voghera e
contenuti nella denuncia stessa. La Procura della Repubblica di Voghera decide
che per la prosecuzione delle indagini era necessario l’Incidente Probatorio
quindi trattati come dei banditi venivamo allineati , noi in una stanza e Diaz
in una stanza attigua dove attraverso un vetro-specchio doveva indicarci e
riconoscerci ( premetto Diaz nella querela ha scritto di essere stato torturato
nella caserma da cinque , sei o più persone e che ci avrebbe riconosciuti tra
mille ). Ironia della sorte non riconosce nessuno di quelli che erano indagati
tranne me che oltre ad averlo arrestato lo avevo visto il mese prima a Tortona
nella camera di consiglio presso il quel Tribunale. Qualcuno potrà dire: bè non
ci vede, è stato operato agli occhi ; peccato che però il Giudice presente, su
indicazione dell’avv. Anselmo chiede al Diaz, tenuto conto che non ci
riconosceva, se ci vedeva bene. Diaz diceva di vederci bene e questa
dichiarazione è stata scritta a verbale dal Cancelliere sul verbale dell’
Incidente Probatorio. Aggiungo un particolare, per eseguire questa fonte di
prova importantissima, ci siamo dovuti recare presso il Comando Provinciale dei
Carabinieri a Pavia in una stanza apposita, dove alla fine della prova ci hanno
letteralmente cacciati da quella caserma perché non dovevamo incontrare Diaz.
Quindi ognuno di noi utilizzando i propri mezzi, si allontanava. Anche io dopo
aver raggiunto il parcheggio salivo sulla mia auto ed a causa della viabilità
che in quel punto era a senso unico ero costretto a passare, aimè, davanti al
Comando Provinciale. Così facendo avevo modo di notare davanti all’ingresso del
Comando Provinciale, l’Avv. Anselmo mentre gesticolava animatamente verso Diaz
, per capirci come un padre sgrida il proprio figlio ed il figlio (diaz)
appoggiato al muro della caserma con un cappellino in testa e con la testa
bassa. Una scena come quella, l’Avv. Anselmo, se la poteva risparmiare ma
soprattutto se proprio non ne poteva fare a meno poteva aspettare almeno di
girare l’angolo della Caserma. Nonostante tutto, l’azione penale nei nostri
confronti va avanti grazie anche all’interveto mediatico e soprattutto alla
divulgazione delle foto che ritraggono i lividi e le ecchimosi sul dorso e sul
viso di Diaz. Peccato per lui che non ha tenuto conto della foto segnaletica
fatta circa 18 ore dopo l’arresto e che non ha niente a che vedere con le foto
da lui prodotte. Tutte le volte che Diaz è stato “sentito”, dalla querela alle
svariate dichiarazioni rese davanti ai P.M. di Tortona e di Voghera, messe a
confronto non c’è ne una che coincide. Ci sono poi tanti altri particolari
molto importanti che a causa del procedimento in corso non possono essere
rivelati. Una considerazione , Diaz denuncia che oltre ad essere stato percosso
nella caserma di Voghera da un imprecisato numero di persone , denuncia anche
che nonostante egli avesse richiesto l’intervento del personale medico, noi l’
abbiamo ignorato. Giunto nella Caserma di Tortona, chiede ai militari che lo
ricevono l’intervento del personale medico ed anche questi lo ignorano. L’
indomani viene presentato davanti al Giudice e come di norma, davanti al
Pubblico Ministero, che in quella occasione era il Procuratore Capo e davanti
al proprio avvocato anche se d’ufficio. Qui non denuncia nulla anche se quella
era la sede più opportuna per mostrare le lesioni, visto che tutte quelle
lesioni che lui dopo ha mostrato erano in quella sede in atto. Il suo avvocato
se avesse saputo di tutte quelle lesioni l’avrebbe fatto scagionare o comunque
denunciandoci in quella sede avrebbe fatto in modo di far rimandare gli atti al
p.m. per eseguire le indagini scoprire la natura di quelle lesioni e
soprattutto la nostra iscrizione nel registro degli indagati. Nulla di tutto
questo. Durante il tragitto per tornare a casa non si reca al Pronto Soccorso,
dice lui , per paura di venire arrestato. Tutti gli amici che nel giro di tre
giorni lui riceve a casa non riescono a convincerlo. Ma allora volevi il medico
o no? Se lo volevi e noi non ti abbiano dato quella possibilità (a Voghera e a
Tortona), quando eri per strada con i tuoi amici durante il tragitto per
tornare a casa, a Primaluna , chi ti ha impedito di andare al pronto soccorso?
Bè posso affermare con certezza assoluta che Diaz non aveva tutte quelle
lesioni che tre giorni dopo ha mostrato al P.S. di
Lecco.

Il 05 Aprile 2009 per tanti una data da
ricordare , peccato che per me era già segnata come data da ricordare, è il mio
anniversario di matrimonio e poteva anche essere quello di morte. Tutto sommato
è andata bene.

Distinti saluti
Marco IACHINI Brigadiere dei Carabinieri

 

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