Lenzuola bianche alle finestreLa valle nel terrore dei rastrellamenti



La data non è stata scelta a caso: il 27 gennaio del 1945 le truppe sovietiche dell’Armata Rossa entrarono per la prima volta ad Auschwitz mostrando al mondo il lato peggiore dell’essere umano. Anche se oggi le deportazioni sembrano lontane sia cronologicamente che geograficamente la valle non è stata risparmiata da questa follia durante la seconda guerra mondiale. Il delirio nazi-fascista non ha mai ricevuto molto consenso tra i nostri monti anche se, subito dopo l’armistizio del ’43, la resistenza non si è ancora organizzata a dovere come farà in seguito dando loro non poco filo da torcere.

I rastrellamenti più significativi avvennero rispettivamente nei mesi di ottobre del ’43 e ’44. I principali obiettivi furono i rifugi alpini distrutti e bruciati. Episodio particolare quello del rifugio Brioschi in vetta al Grignone: i militari tedeschi lo risparmiarono anch’essi ammaliati dalla bellezza del luogo, altrettanto non fecero i le milizie della r.s.i che lo demolirono completamente.

Non mancarono le rappresaglie anche contro la popolazione, minacce alle famiglie dei “ribelli” o contro i parroci “collaborazionisti”, arresti e deportazioni in Germania di partigiani, disertori, antifascisti e di chi aiutava o nascondeva i partigiani, interrogatori e torture per ottenere confessioni, e fucilazioni delle quali rimangono ricordi in onore dei caduti di Introbio, Barzio, Moggio, Introzzo, Mandello e Fiumelatte. 

Un cartello tedesco, posto all’inizio della strada tra Ballabio e Lecco, portava la scritta "Zona pericolosa" a sottolineare la difficile condizione della Valsassina dove la popolazione e la morfologia del territorio giocò un ruolo importante contro queste violenze.
I rastrellamenti avvenivano a qualsiasi ora anche se, vista la morfologia del territorio, spesso era possibile prevederli e quindi nascondersi preventivamente.

Nella foto a destra il rifugio Pio X sopra Introbio distrutto dopo un rastrellamento >>>

In un ricordo da Bindo escono alcuni particolari davvero impressionanti : vigeva in valle – ma non solo – l’obbligo di lasciare sempre le porte aperte giorno e notte per consentire ai tedeschi e ai repubblichini di entrare sempre nelle case a loro piacimento. Durante i rastrellamenti gli uomini, si nascondevano in rifugi segreti nel bosco sopra all’abitato, dormendo in lettiere di paglia nascoste in profonde, buie ed umide grotte anche per parecchie notti consecutive, quando i loro aguzzini capirono l’antifona portarono dei cani con loro

Rastrellamenti effettuati dalle camicie nere anche se i tedeschi non mancavano specie nei mesi più vicini al termine del conflitto.

Una tecnica per beffare i soldati arriva a noi da un cassetto della memoria sempre da Bindo: "I nostri uomini si nascondevano nei boschi per evitare di essere catturati specie durante la notte. La mattina se i tedeschi erano ancora in paese stendavamo dalle finestre che davano verso il bosco delle lenzuola matrimoniali bianche, in modo da far capire ai rifugiati di restar nascosti sino a contrordine"

Chi non riusciva a nascondersi e finiva catturato ed inviato chissà dove in qualche campo di lavoro della Germania. In una lista una grande G rossa da parte al nome sanciva la destinazione del malcapitato. 
 

Alcune info tratte da http://www.icsmandellolario.it e http://www.caisestosg.it/

 

 

 

 

 

I "SONDAGGI" DI VALSASSINANEWS

NUOVA LECCO-BALLABIO, DISASTRO CONTINUO

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