CASE DI RIPOSO: IN VALSASSINA LE RETTE SONO TRA LE PIÙ BASSE DELLA PROVINCIA



Mediamente in provincia di Lecco le pensioni percepite sono comunque sotto i mille euro (quota superata soltanto in alcuni comuni del Meratese), mentre le rette minime nelle RSA vanno da 1178 a 2250 euro/mese. In Valsassina – distretto di Bellano – moltissimi assegni stanno sotto gli 800 euro mensili. Le cifre snocciolate dal Partito Democraticoaffermano tra l’altro che i costi della non autosufficienza ricadono sulle famiglie lecchesi per circa il 40% (ma attenzione: l’Istat calcola che nel 2025 ci sarà un incremento del 62% del numero degli anziani non autosufficienti in Lombardia).

Si comprende quindi l’importanza anche in prospettiva di un settore delicatissimo. Venendo alle "famose" RSA ecco che nel nostro distretto (quello di Bellano) i posti liberi sono pari a zero e la lista di attesa (dati ASL Lecco) totalizza ben 282 anziani "prenotati".

Distretto accredit. liberi attesa pl/pop.anziana
Bellano 324 0 282 14,85
Lecco 951 3 545 35,83
Merate 656   752 33,95

Sempre secondo lo studio del PD, il distretto di Bellano è il più “vecchio” e, contemporaneamente, il più “povero”. Il 56,45% dei Comuni del nostro territorio ha una pensione media più bassa di 800 euro.

E con questi risicati mensili, ecco quali sono le rette da affrontare (minime e massime) in tutta la provincia di Lecco:


LE RETTE MASSIME (mensili/annuali)

Fonte: www.asl.lecco.it

Come si vede, le rette nelle RSA tra Lago e Valsassina sono tra le più basse – sia le minime sia le massime. Ma il divario tra il basso livello delle pensioni medie e queste spese da sostenere per ogni anziano non autosufficiente rimane elevato.

Vie d’uscita possibili? Il Partito Democratico propone una serie di interventi, di cui parlerà questa sera in un incontro a Civate (20:45, sala civica):

Sull’autoriforma del welfare locale
– Costruire, pur nel rispetto delle specificità dei tre distretti, un unico piano dei servizi che individui i livelli che riteniamo essenziali nella nostra provincia. Come naturale conseguenza una unica gestione associata, un unico ufficio di piano. Sarebbero risparmi non da poco da reinvestire nei servizi. La trasparenza, l’economicità devono essere le caratteristiche del nuovo strumento.
– Impegnarsi a costruire insieme una rete di servizi che attui il piano dei livelli essenziali sociali locali. Questo significherebbe evitare che da un anno all’altro cambino continuamente regole e prestazioni.
– Nella pianificazione particolare cura dovrà essere dedicata al sostegno di strutture senza fine di lucro (Onlus, volontari) che operano nel locale e che garantiscono risorse economiche ed umane che la rete pubblica non riesce a garantire.
– Ogni Comune dovrebbe dotarsi di strumenti che incentivino un auto mutuo aiuto della propria Comunità.
– Prevedere più spazio per la prevenzione alla non autosufficienza, alla depressione, all’isolamento che possono insorgere nella popolazione anziana. (comunità alloggio, attività culturali e ricreative, lavoro volontario a favore della comunità). Il ruolo dell’associazionismo in questo settore è fondamentale.

Piattaforma nei confronti dello Stato e della Regione
– Spostare risorse dal settore ospedaliero alla medicina del territorio. Sinora la Regione ha fatto pochissimo.
– Una politica di prevenzione sugli stili di vita per ridurre il boom della cronicità.
– Investire decisamente sui medici di famiglia per “controllare” la cronicità.
– Ristabilire il fondo nazionale della non autosufficienza ed istituirne uno integrativo a livello regionale.
– I ticket non devono essere eguali per tutti, ma devono seguire, non solo la patologia, ma anche il reddito.
– Un sostegno economico più alto a chi si impegna alle attività domiciliari.
– Ulteriore sviluppo dei Centri Diurni Integrati.
– Allargamento degli strumenti di sollievo per le famiglie che scelgono di non mandare in RSA i propri familiari.
– L’abolizione delle misure regionali che non pagano la diaria all’ospite della RSA in caso di ricovero ospedaliero (alcuni istituti hanno aumentato le rette) ed il non pagare le strutture di sollievo qualora i posti fossero momentaneamente liberi.
– Gli assegni assistenziali (invalidità civile ed assegno di accompagnamento) vengano rivisti, legandoli al reddito della famiglia e rendendoli utilizzabili per il “pagamento” delle strutture residenziali.
– Un fondo sociale di prevenzione per l’area anziana.

 

 

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