SUICIDI. VOGLIAMO O NO CHE LE NOTIZIE SIANO PUBBLICATE?



Qui in Valsassina c’è, chiamiamolo, un "trampolino" per un tuffo nella morte, luogo terribile perché una volta fatto il gesto si ha tutto il tempo per sapere che si sta per morire prima di schiantarsi di sotto. Dalla fama vasta, il posto richiama non di rado qualcuno anche da zone lontane (oggi un 51enne dall’Oltrepo pavese). I vecchi giornalisti, quelli che le ossa se le sono fatte come garzoni di bottega, se lo ricordano lo sguardo di fuoco dei caposervizio quando si arrivava in redazione con la notizia di un suicidio. Non è una notizia dicevano severamente. Già allora si sapeva che dando enfasi a questo genere di eventi si rischia di soffiare sul fuoco della emulazione e chi si trova in situazione critica, di depressione e debolezza, può trovare la forza per l’atto estremo. Ma poi c’era anche il rispetto per i familiari che subiscono simili decisioni.

Ultimamente perfino l’Organizzazione mondiale dellla Sanità ha ribadito come ben 50 studi "permettono di concludere che la pubblicazione di storie di suicidio può indurre comportamenti di imitazione". Lo ha riferito lo psichiatra Michele Tansella durante un convegno sull’argomento.

In una raccomandazione dell’Ordine dei giornalisti del Veneto si legge: "Uno studio del Centro di salute mentale di Mannheim pubblicato su Psychological medicine nel 1988 riportava gli effetti della messa in onda tra 1981 e 1982 sulla tedesca Zdf di una serie tivù intitolata “La morte di uno studente”. La storia era quella di un ragazzo di 19 anni che si buttava sotto il treno. Analizzando i dati sui suicidi avvenuti in Germania tra il 1976 e il 1984 risultava un aumento significativo, fino al 175 per cento, di comportamenti suicidari tra giovani di 15-19 anni nel periodo successivo alla messa in onda del programma.

I giornalisti però possono avere anche un ruolo positivo svolgendo il loro lavoro. Psicologi e psicanalisti lo definiscono “Effetto Papageno”, dal nome del personaggio del Flauto magico di Mozart (1791) che grazie all’intervento di tre fanciulli desiste dal togliersi la vita. Uno studio dell’università di Vienna pubblicato su Social science and medicine nel 1994 ha messo in luce che dopo lo sviluppo di linee guida per i giornalisti nel 1987 i suicidi nella metropolitana di Vienna diminuirono del 75 per cento. Tali linee guida prevedevano di non dar risalto a eventi suicidari, diversamente da quanto successo nel triennio precedente, che aveva registrato un drammatico aumento di questi fenomeni".

Nei giovani può capitare che il gesto sia autocelebrativo, ricordiamo la triste vicenda dei ragazzini gallesi nel 2007, perché a quell’età magari si crede così di urlare e di rimanere immortali, ma come dice un personaggio femminile nel film di Luchino Visconti "Gruppo di famiglia in un interno", con il tempo si viene scordati e di ciò che è stato non rimane niente. 

Tacere nel caso di protagonisti di cronaca, di personaggi noti (Cleopatra, Marilyn Monroe, Tenco, Gardini), di gesti dubbi (il banchiere Calvi appeso al ponte dei Frati neri a Londra), di persone vittime dalla crisi sarebbe, invece, omertà.

Come Valsassinanews e Ballabio News abbiamo deciso di trattare il suicidio, come una morte qualunque. La comunichiamo senza specificarla, tributando l’omaggio che i vecchi ci hanno insegnato a fornire a chi non c’è più. Il ricordo e l’abbraccio della comunità (e del suo giornale) aiuta chi resta e attraversa il dolore.

E’ ciò che pensiamo in redazione. Siamo tutti d’accordo? Scrivete a info@valsassinanews.com, magari semplicemente con un "Sì, condivido la posizione di VN" oppure un "No, anche il suicidio va raccontato con tutti i particolari come tutti gli altri fatti di cronaca" oppure anche altri pensieri e contributi.

Ne daremo conto prossimamente, rispettando per chi lo desidera l’anonimato.

>Queste sono le linee guida espresse dall’Ordine dei giornalisti del Veneto

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