Negli oratori valsassinesi l’ingegnere con la vocazione del sacerdote



Marco l’aria dell’ingegnere un po’ ce l’ha. Non gli mancano neppure la convinzione e la volontà di diventare sacerdote. Ha organizzato l’oratorio di Introbio ed ora sta collaborando con don Agostino per quello di Moggio, per oltre un mese ha partecipato a tutti gli eventi religiosi della CP Madonna della Neve lasciando una ottima impressione di sè. Ha coinvolto con capacità e simpatia ma anche con molta pazienza i bambini e i ragazzi dell’oratorio. La sua vocazione è un esempio di scoperta del richiamo di Gesù a tarda età “interrogata fino in fondo”.

Ti puoi presentare?
Marco Albertoni, classe’81, nato a Lecco e praticamente da sempre residente ad Acquate – Lecco. Dall’età di sei anni sino all’ingresso in seminario ho sempre passato le estati in Valsassina, prima a Balisio e poi a Ballabio. Nel 2001 mi sono diplomato come perito elettrotecnico all’I.T.I.S. Badoni, successivamente mi sono iscritto al Politecnico di Milano – sede di Lecco – dove mi sono laureato in ingegneria civile. Dal punto di vista della fede, sono cresciuto in una famiglia semplice, che ha saputo trasmettermi l’amore per il Signore e per il prossimo soprattutto attraverso l’esempio. Durante gli anni dell’adolescenza ho fatto un’esperienza importante di servizio e di fraternità nel gruppo Pionieri della Croce Rossa di Lecco. Negli anni dell’università ho avuto la grazia di incontrare alcuni preti in gamba che mi hanno aiutato nel mio cammino di giovane e che hanno saputo accompagnarmi in questa scelta.

Come sei capitato all’oratorio di Introbio?
Con un annuncio a “sorpresa” da parte del nostro rettore in seminario: non pensavo di essere mandato in un luogo così vicino a casa e a me caro.

Sei laureato in ingegneria, potresti avere un grande futuro lavorativo, invece hai deciso di fare il sacerdote. Spiegacelo, da dove scaturisce la tua vocazione?
La mia vocazione nasce dall’aver scoperto attorno ai vent’anni Gesù come amico, presenza viva tuttora di ogni mia giornata, e dall’essermi interrogato fino in fondo riguardo a quella gioia che sentivo quando dedicavo un po’ del mio tempo agli altri, specialmente in Croce Rossa. Il momento in cui però ho scelto di entrare in seminario è stato quando, negli ultimi anni di ingegneria, mi sono trovato ad essere catechista adolescenti ad Acquate e a Ballabio: ho capito che la mia vita non poteva non essere spesa che per i ragazzi che seguivo e così mi sono messo in gioco.

Oggi fare il sacerdore è molto più difficile che in passato tanto che i preti sono sempre meno. Che ne pensi?
Penso che la cultura attuale non aiuti un giovane a compiere scelte impegnative e definitive per la vita, né dal punto di vista del sacerdozio, né dal punto di vista della vita matrimoniale. L’esempio di una famiglia, di alcuni preti amici, alcune scelte concrete di servizio e di Chiesa rivolte ai bambini, ai bisognosi, alla propria comunità, uniti alla preghiera e all’ascolto della Parola di Dio, possono essere ancora i luoghi vitali in cui tutte le vocazioni cristiane possono germogliare, crescere e portare frutto.

Che suggerimento ti senti di dare a chi vorrebbe intraprendere la tua strada, a chi si deve rivolgere?
Mi sento di incoraggiare i giovani con le parole di Gesù, riprese più volte dal beato papa Giovanni Paolo II: “Non abbiate paura!”. Scegliere Cristo costa, ma non ci toglie nulla: non c’è niente di più bello e di più grande che spendere la propria vita per gli altri nel nome di Gesù. In questi anni ho avuto già la grazia di sperimentare più volte il “centuplo” promesso da Gesù a chi lo segue. Quando arrivano le tribolazioni, o le fatiche, queste ci aiutano a purificarci e conoscere ancora di più il volto del Signore! Dico ai giovani di tenere come riferimento un prete amico, di parlare molto con lui, ma anche il proprio parroco. Se un domani saranno preti, lo saranno di questa Chiesa. Avanti con gioia!

Che ne pensi della realtà cattolica valsassinese?
Penso che la fede cattolica sia molto radicata nella storia, nel territorio e nel cuore degli abitanti della Valle: in ogni via dei  nostri paesi, ad ogni angolo sui sentieri di montagna, c’è qualcosa che ci rimanda al legame stretto che c’è con il Signore Gesù e con Sua Madre. Oggi spetta ad ognuno di noi il compito arduo di trasmettere questo immenso tesoro alle nuove generazioni: questa è la sfida di oggi!

Che cosa ti sta lasciando l’esperienza con i bambini, i ragazzi e i giovani della Valle?
Molta speranza nei giovani e nel cuore di ogni uomo in generale. È proprio vero che siamo creati in Gesù Cristo e che il Suo Vangelo di amore è la verità per ognuno di noi. Mi rendo sempre più conto che è solo l’amore che si spende, che di dona, senza riserve, l’unica forza capace di trasformare e di sollevare un giovane. Molta gioia poi, suscitata dalla spontaneità dei nostri bambini, dalla capacità di prendersi cura dei più piccoli da parte degli adolescenti che hanno scelto di essere animatori, dalla presenza di alcuni genitori volontari in oratorio e dalla cura instancabile dei nostri preti.

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