A BARZIO UNA CENA CON L’ARTUSI



La cena-evento è in programma sabato prossimo alle 20,00 presso il ristorante Esposito a Barzio (Via Francesca Manzoni, 33); iniziativa promossa dalla Biblioteca Comunale in collaborazione con il Punto Einaudi di Lecco e il ristorante ospitante. Verrà dunque servita una cena "Artisana", basata insomma sul "mitico" volume dell’Artusi.

Ecco il menù:

ANTIPASTO
Crocchette di patate,
Crostini di fegatini di pollo e acciughe,
finocchiona

PRIMO
Pappardelle colla lepre

SECONDO
Baccalà mantecato con polenta,
zucchine ripiene di magro e cipolline in agrodolce

DOLCE
Zuppa inglese

caffè-latte gelato

Vino e Acqua

Prenotazione obbligatoria  Si accettano le prenotazioni sino a esuarimento dei posti disponibili. Nel corso della cena verranno letti brani de "La Scienza in cucina" e seguirà una conversazione su Pellegrino Artusi (a cura di Bruno Biagi).

– Costo della cena euro 35,00
– info e prenotazioni :
  Biblioteca Comunale di Barzio:   tel. 0341910455 – email   biblioteca@comune.barzio.lc.it
  Punto Einaudi di Lecco: tel. 0341365080  e-mail biagieinaudi@biagieinaudi.it


Pellegrino Artusi
Nacque a Forlimpopoli (Forlí) nel 1820. Dal 1852 si trasferí a Firenze dove, dopo anni di attività commerciali, aprí una banca che seppe condurre con molto successo.
Appassionato di letteratura, nel 1878 pubblicò la Vita di Ugo Foscolo. Note al carme dei Sepolcri. Ristampa del Viaggio sentimentale di Yorick tradotto da Didimo Chierico; e nel 1881 le Osservazioni in appendice a trenta lettere di Giuseppe Giusti. Entrambe le opere passarono inosservate nel mondo degli studi letterari.
Grande notorietà, invece, gli diede La Scienza in cucina e l’Arte di mangiar bene fin dalla prima edizione del 1891.
A Firenze morí, ultranovantenne, nel 1911.

La Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene
Nell’Ottocento l’Italia era una a livello dei francobolli e dei carabinieri. Fu allora che apparve l’Artusi. Lo spirito del tempo gli affidò un compito cui attese con umiltà e ostinata pazienza. Per oltre vent’anni raccolse le ricette di tutte le cucine italiane; mescolò assieme tutti i riti reciprocamente esotici, la polenta e la pasta con le sarde. Entrò da laico nel corpo mistico del mangiar collettivo italiano; e al posto della matriarca disegnò l’immagine della massaia casalinga e borghese, indulgente e blanda signora di mezz’età. Strappando le vivande ai loro luoghi d’origine, disponendole in bell’ordine in un’unica classificazione per generi, egli eseguí l’operazione preliminare alla nascita di una cucina nazionale; e in questo modo agiva, da inconsapevole psicologo, sulla pasta segreta dell’anima nazionale, la agglomerava in un’unica materia ricca, densa; trascriveva le tradizioni gastronomiche locali in un unico codice, un corpus, un catalogo. Questa impresa non gli sarebbe mai riuscita, se non lo avesse assistito la grazia del linguaggio; a Firenze s’era intoscanito, e aveva preso qualche vezzo locale, insistito, da immigrato; ma aveva imparato anche un certo modo di rivolgersi al lettore; infatti, non compilò ricette imperative: ma le raccontò. A questo modo si guadagnò il cuore delle massaie, cui non pareva vero di trovarsi accanto ai fornelli un gentiluomo tanto educato e benevolo. E cosí egli invase il centro donnesco, materno, dell’inconscio italiano.

(Giorgio Manganelli 1970)
 

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