700 PECORE SOTTO LA PIOGGIA IN QUEL DI BALLABIO. E IL PASTORE BENEDICE L’ISLAM



Attraversi la rotonda all’uscita dalla galleria e cosa incontri? Settecento pecore, tranquille, che brucano sotto l’acqua scosciante. A guardarle con discrezione due pastori a quattro zampe e altrettanti su due gambe; uno di loro, di Rovagnate, è il padrone del gregge, l’altro è un giovane romeno che gli dà una mano. "Se non fosse per gli stranieri, questo mestiere sarebbe già morto – confida il primo – i giovani non hanno voglia di fare lavori pesanti, eppure io non lo cambierei mai…".

Nemmeno in giornate piovose come queste? O in quelle nelle quali, quasi a tradimento, il bianco della neve si confonde in qualche modo con il colore delle sue pecore? "La verità è che il pastore, l’allevatore, l’agricoltore, sono mestieri che si fanno da migliaia di anni ma solo oggi vanno scomparendo. Si sta a contatto con la natura, si incontra tanta gente, si fanno esperienze bellissime…".

Ad esempio? "Beh siamo su questo bel prato ma il proprietario non ha voluto un centesimo per lasciarci pascolare. Altrove ci chiedono somme minime e poi in generale c’è solidarietà e anche una certa riscoperta. Ultimamente ho notato curiosità per gli incontri con gli ovini ma in generale con gli animali e la natura".

Ma si campa ancora, è un lavoro che permette di vivere dignitosamente? La risposta per certi versi è sorprendente, anche perché si trasforma a sua volta in un quesito da porre al cronista curioso: "Sì, è tornato ad essere un mestiere vero. E sa grazie a chi? No, non lo può sapere; glielo dico io. Per fortuna ci sono i musulmani. Consumano preferibilmente carni ovine – l’altro giorno era la loro festa e mi hanno acquistato 600 capi di un altro gregge. Se non fosse per quei tre euro al chilo (circa), il guadagno sulla lana non basterebbe di sicuro. Io posso proprio dirlo, a buona ragione: meno male che ci sono gli islamici!".

Piove forte, cani e pastori restano lì mentre le pecore, 693 per l’esattezza, continuano pacifiche a brucare. A ore scenderanno dirette verso la Brianza. Hanno trascorso mesi sui pascoli della Valsassina (queste in particolare all’ombra del Grignone) e a quanto pare tutti, ovini, cani e umani, si son trovati bene. Grazie anche a chi, per credo religioso, non mangia carne suina. Quest’ultimo ragionamento, va da sè, non vale al 100% per le pecore.

 
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