MORTE NEI BOSCHI DI PASTURO, IL PERITO: ”STAVANO LAVORANDO SENZA SICUREZZA”

Valter Profili. esperto di balistica. ha deposto martedì in tribunale a Lecco, parlando in buona sostanza di un’operazione condotta nella totale assenza di regole di sicurezza e con l’impiego di materiali logorati dall’usura del tempo. Il perito è stato chiamato ad esprimersi nel processo che vede accusato di omicidio colposo Gianmario Bergamini, di Pasturo. I fatti risalgono al 28 luglio del 2011, quando il genero di Bergamini Massimo La Rosa, 33enne  originario di Valmadrera perse la vita dopo essere stato violentemente colpito da un grosso tronco staccatosi dalla fune di acciaio a cui era stato ancorato.

La Rosa e il suocero erano impegnati a Gorio, località nel territorio del Comune di Pasturo, nel taglio di piante e il successivo utilizzo di un cosiddetto "palorcio", un rudimentale impianto di trasporto a fune simile ad una teleferica) usato frequentemente in queste zone per lo sposatemto del legname raccolto a valle. Un sistema il cui utilizzo a detta dell’esperto "non è normato dalla legge".

Altra spiegazione tecnica quella fornita davanti al giudice Gianmarco De Vincenzi dall’anatomopatologo Paolo Tricomi, secondo il quale la Rosa venne investito da un tronco di grandi che, dopo essersi staccato dal palorcio sarebbe rimbalzato e avrebbe investito in pieno lo sfortunato, "colpendolo in pieno volto e procurandogli la frattura della volta cranica". Il medico ha precisato inoltre che l’uomo "non indossava un caschetto protettivo, che comunque non lo avrebbe protetto da quello schianto".

Rilevante infine la distanza tra la vittima e la teleferica al momento del tragico impatto: "É stato rilevato che La Rosa si trovava a 16 metri dalla base del palorcio – ha affermato Profili -. Per essere in totale sicurezza avrebbe dovuto stare ad almeno cinquanta metri da lì".

Il processo è stato rinviato al prossimo 8 maggio.

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