Amare non è una teoria o uno sport! L’uomo nuovo uscito dalla Pasqua conosce le parole di Gesù uscite dall’Ultima Cena: “Vi ho dato l’esempio perché come ho fatto Io anche voi facciate”. (Gv.13) E l’esempio dato da Gesù è il lavare i piedi, è il servizio, è l’amore e oggi nel Vangelo ci ripete: “Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama”.
Sembra di risentire forte il richiamo di Cristo ai Suoi: “Siete sale…Siete luce…Siete lievito”. Sono parole…Sono invito…Sono fatti con cui immediatamente si è costretti a fare i conti, sia come persone, sia come comunità…E i conti, Vangelo alla mano, si è costretti a farli sul terreno dell’amore: del mettere cioè Dio al primo posto, del mettere gli altri sempre e comunque prima di me:
• il cristiano è uno che sa di essere amato (“Non vi chiamo più servi…ma amici”)
• il cristiano è però anche uno che ama gli altri sapendo che Dio riversa su di Sé e sul Suo conto quanto in amore viene dirottato sul prossimo (“l’avete fatto a me…”)
Solo una vita vissuta in pienezza di impegno, di sforzo, di onestà, di pulizia morale, di coerenza, di amore vero…”dà ragione della Speranza che ci è stata data…”
Dare ragione del nome che portiamo, mediante la vita che viviamo: ecco il dovere morale grave…Un dovere sempre e di fronte a chiunque e in ogni campo della vita: quello individuale, quello coniugale, quello familiare, quello educativo, quello sociale, quello professionale, quello politico…Se la fede non diventa coerenza nelle scelte…è meno che nulla! E la coerenza deve essere visibile non in ragione delle nostre ragioni, ma sempre, in ogni circostanza e con ogni interlocutore, che ha sempre il diritto di interrogarci sulla nostra fede!
Per il cristiano non vi è altra scelta: o la testimonianza o lo scandalo!
Si pensi a certi arrangiamenti sul terreno della moralità privata, a quanti compromessi sul terreno sociale e politico, a quanti cedimenti sul versante della giustizia, a quanta incoscienza e superficialità sul terreno della istruzione religiosa, a quanti silenzi dovuti alla ignoranza e al rispetto umano, quando invece si dovrebbe parlare, a quante chiusure, a quanti individualismi ecc… Si pensi a quante volte abbiamo abdicato ad un cristianesimo forte ed esigente solo perché abbiamo avuto paura o ci siamo accontentati del minimo…
Si pensi a quante volte abbiamo accettato la mediocrità come stile di vita, rinunciando inconsciamente al massimo possibile…
Questa PAROLA ci dia il coraggio, la forza di una scelta: se essere cristiano non è un rito, ma una vita da vivere, o si cambia nome o si migliora la vita!
E’ meglio la seconda!!