"Il titolo con cui inizio questo articolo potrebbe apparire, a qualcuno, un po’ sibillino, e poco comprensibile. Così come l’avere detto che protagonista è stata la musicalità. Ma, per coloro che hanno ascoltato il concerto, davvero di notevole livello, e dal programma particolare ed inusuale, non è così difficile da comprendere. O, sicuramente, non lo è per i più avvezzi all’argomento musicale, che avranno percepito, nella serata, qualcosa di particolare.
Per chi, come me, ha seguito i quattro giorni di Masterclass con Giancarlo Parodi, questo concerto è stato il punto finale, forse per alcuni versi l’apice, di un percorso durato quattro giorni, dove regina è stata la Musica, e la bellezza del comunicare attraverso questa meravigliosa arte.
Quattro giorni nei quali la musica organistica italiana dell’ 800, sotto la guida di Giancarlo Parodi, ha assunto colori differenti. Si è sicuramente arricchita di qualcosa di speciale, qualcosa che segna la differenza tra il far risuonare dei tasti, magari con una buona tecnica, ed il fare musica.
Quando parliamo di Musica Organistica Italiana pensiamo, solitamente, a qualcosa di legato all’Opera e alla musica per banda. Quindi, pensiamo a strutture quali la marcia, e comunque, più in senso lato, ad un’impronta fortemente legata alla musica orchestrale. Pensiamo ad autori come Petrali, Morandi, Padre Davide da Bergamo e così via.
Quest’ultimo era presente nel concerto, alla fine. Ma era presente sotto una luce nuova, dove alla voglia di stupire con effetti timbrici, tipica di alcuni esecutori che si cimentano con questo autore, si andava sostituendo un garbato fraseggio musicale, seppur in alcuni tratti forte e intenso. Ma dove non si perdeva nemmeno una nota nell’esecuzione. Dove si poteva sentire tutto, ogni singola nota, ogni singolo respiro musicale. Sicuramente frutto di una grande maturità espressiva, di una grande introspezione, di avere davvero fatto “proprio” il brano, attraverso un meticoloso studio, una minuziosa ricerca, magari dell’introvabile, di ciò che è sconosciuto a molti, ma che può rivelare grandezze inaspettate.
Quello studio su cui Parodi ha insistito anche durante la Masterclass, invitando più volte gli allievi non solo ad analizzare la partitura, ma scovandone anche le possibili interpretazioni, legate allo stile e al periodo. Senza mai dimenticare di inserire, nell’esecuzione, qualcosa di personale, di proprio.
Questo spirito di ricerca appare molto bene in Giancarlo Parodi. A cominciare dagli sparititi, di fatto tutte fotocopie, diverse dai classici manoscritti, frutto quindi di ricerche in archivi e biblioteche musicali. Lo stesso spirito di ricerca si percepiva in ogni singola nota suonata, dove emergeva con chiarezza un lavoro teso a penetrare in profondità il testo. Dove istintività musicale, slancio entusiastico, e conoscenza, riflessione, rielaborazione personale, andavano di pari passo, senza mai urtarsi.
Dove la creatività non era mai separata dalla precisione, e dove il fraseggio, la libertà, non andava mai in contrasto con l’attenzione a quanto scritto. Mostrando quella “Libertà nella Battuta” che il Maestro Parodi ha ribadito durante i giorni della Masterclass. Una libertà che non deve mai essere arbitrio, ma creatività in una struttura che rimane sostanzialmente quella indicata.
I brani proposti, per chi fosse avvezzo alla “solita” musica ottocentesca, potevano anche apparire spiazzanti. Vi si ritrovava, infatti, uno stile differente. È vero, i “cantabili” si ritrovavano, in diversi casi, come nell’ “Elevazione” di Lorenzo Nicolò, ma non si può dire che i brani fossero legati fortemente all’Opera o presentassero dei tempi di marcia. Salvo al limite gli ultimi due, di Padre Davide da Bergamo (al secolo Felice Moretti), nei quali però, come dicevo prima, l’accento non era sicuramente sull’altisonanza, ma sulla musicalità. Forse la prima volta che ascolto questi brani così eseguiti. E devo dire mi è piaciuta davvero molto. La grandezza, la capacità espressiva, comunicativa, emerge anche da questi elementi. Ed è davvero bello scoprirla, riscoprirla, in maniera così immediata.
Il Pianismo era sicuramente un elemento importante del concerto. Lo stesso Giancarlo Parodi, descrivendo il programma, lo aveva sottolineato, parlando addirittura di un autore che aveva scritto una Sonata per organo o clavicembalo. Due strumenti apparentemente antitetici, comunque molto differenti, ma che possono qui essere associati.
In questo caso però si aveva un organo a disposizione. Quindi, uno strumento differente. Oltre che per la presenza di vari suoni , l’organo non ha infatti una “dinamica” come quella del pianoforte, dove con la pressione dei tasti si regolano i forte e i piano.
Ma anche qui, durante i giorni della Masterclass, Parodi ha saputo, forse, stupire qualcuno. L’Organo non ha tastiere dinamiche, tuttavia il tocco è comunque possibile. E lo si realizza, a differenza che nel pianoforte, con il rilascio del tasto. È questo aspetto che regola quella che si potrebbe definire, tecnicamente, la fase di “release” del suono, vale a dire di caduta, di suo spegnimento progressivo. È questo che può fare la differenza. Che genera fraseggio.
Fraseggio che abbiamo apprezzato in diverse situazioni. Oltre che nella citata “Elevazione”, anche in altri brani come il “Postcommunio” di Gaetano Amadeo, o l’Offertorio dello stesso Nicolò, si poteva notare come Parodi riuscisse a trarre musicalità dai vari elementi, trasformando un insieme di note in vera musica, e donando emozione a noi che ascoltavamo.
Un concerto che è comunque iniziato prima dell’ 800. Con un autore come Antonio Botti, il quale si colloca in pieno 700. La sua ”Ouverture per Organo”, proposta al concerto, appare un brano dal chiaro sapore classico, dove lo stile di Mozart riecheggia in maniera direi piuttosto chiara.
Mentre più “Organistico”, ma con degli elementi decisamente più scorrevoli, appare l’”Offertoire de la Messe en Sol Mineur” di Jean Jacques Beauverlet Charpentier, che anch’egli ha vissuto quasi interamente nel ‘700.
Interessante, da parte dell’esecutore, avere parlato anche dell’Offertorio: momento della messa in cui l’organista si sentiva più libero di lasciarsi andare alla musica, per così dire. E questo, nell’Offertorio di Charpentier, appare molto bene. Così come nel citato “Offertorio” di Nicolò, dove anche qui si nota il contrasto tra uno stile cantabile ed uno stile più altisonante, forte, in cui predomina una struttura accordale.
Il concerto è stato in qualche modo a cavallo tra Italia e Francia. Francia presente con Charpentier, ma anche con Lorenzo Nicolò e Gaetano Amadeo: entrambi questi autori, infatti, per essendo italiani, si trasferirono in Francia, dove hanno vissuto buona parte della loro vita. Il secondo, detto anche “Il Trovatore” (forse per la sua vena melodica), si trasferì a Marsiglia, ottenendo il posto di Maestro di Cappella, grazie a Rossini. Rimanendo però poco noto, ma componendo brani che vengono definiti degni dei più grandi Maestri.
L’avere proposto autori quasi sconosciuti fa parte anche questo dell’ “Altro 800”. Autori dei quali, in alcuni casi, non si trova notizia nemmeno in rete. Ma che hanno composto brani davvero notevoli. E proprio questo è stato una grande punto di forza del concerto: proporre brani sicuramente lontani dai solchi tracciati dai più. E, forse proprio per questo, ammantati dal fascino della scoperta, della ricerca, del nuovo terreno su cui lavorare. Il fascino e il sapore della ricerca non si ferma mai, nelle persone davvero brillanti, che si sentono sempre “in cammino”. E Parodi lo ha ampiamente dimostrato.
La musica è anche comunicazione. Anzi: forse lo è soprattutto. È sovente un dialogo con chi ascolta, che in qualche modo diviene parte dell’atto del fare musica. E l’aspetto comunicativo si è rivelato un punto di forza di Parodi. Descrizione dei brani, sempre precisa ed accurata, ma anche modo di suonare. E Parodi è riuscito a dare molto. Un concerto che mostra la volontà di mettersi davvero al servizio della musica, traendone sempre il meglio, riuscendo a rendere ogni singolo fraseggio qualcosa di speciale. Dove il tocco dà senso ad ogni elemento musicale, dove l’elemento non è mai slegato dal contesto globale, e dove tutto si integra, si fonde in un tutt’uno armonico e in cui le singole componenti vengono sempre a coincidere.
È bello davvero trovare musicisti così sul proprio cammino. Musicisti che portano la musica a livelli davvero elevati, che sanno trasformare una semplice sequenza di suoni in qualcosa di speciale, di unico, di irripetibile. Dove, come dicevo, nulla è mai uguale a sé stesso, ma esprime un dinamismo musicale in continua evoluzione.
Mi sento quindi di ringraziare il Maestro Parodi per questo spazio musicale, culmine di momenti vissuti nella Masterclass. Sono attimi che dimostrano che la Musica è bellezza, che è respiro vitale, che è una cascata di emozioni e sensazioni uniche. E questo, grazie ad interpreti che la vivono come Giancarlo Parodi, è facile poterlo comprendere”.
Sergio Ragaini