I RACCONTI DEI NOSTRI LETTORI/4: ‘ADDOLCIAMO’ IL PRIMO GIORNO DI SCUOLA



E’ un lettore di VN che ora sta distante ma che è cresciuto ad Introbio, l’autore di questo bel racconto dedicato ai suoi anni passati tra i banchi in Valle. Ma non è del primo giorno dell’anno scolastico che narra Paolo, bensì di un evento straordinario: una gita sul Lago Maggiore – che a quel tempo sembrava un viaggio senza fine in luoghi fantastici. Un avvenimento così atteso da andare a letto la sera prima "già tutto vestito"…

Pioveva sempre quando dovevo andare da qualche parte lontano.
Quel giovedì no!
Mia mamma, mi ricordo, mi svegliò presto, era sempre troppo presto quando mi diceva: “Paolo alzati, è tardi, devi andare a scuola”, quella volta però ero andato a letto già tutto vestito, calze blu, pantaloni lunghi rossi, maglietta di Goldrake, il mio cartone animato preferito, mancavano solo le scarpe, mia mamma si era impuntata: “le scarpe no, almeno quelle mettile domani” mi disse almeno 100 volte prima che Goldrake si mettesse sotto le coperte.

C’eravamo tutti. Tante formichine e finalmente senza cartella.
Il cortile della scuola sembrava un porto di mare, noi piccoli marinai intorno alla nave dei pirati all’incontrario, un pullman verde con tante stelle gialle appiccicate, stelle come medaglie di tutte le navi salvate in mezzo alle onde.
Noi bimbi di qua, le nostre mamme e qualche papà di là, ma volevano essere di qua per farci stare fermi, le nostre maestre, una sola per classe purtroppo ai quei tempi, a contarci. 1,2,3,4….27. “Tutti in fila per l’appello” disse ad alta voce la mia Maestra Anna Gerosa. Puf! In un attimo come tanti numeri in colonna pronti in fila, in silenzio assoluto.

Alberto, il più bravo a disegnare moto e mostri, davanti con Monica
poi Matilde e Diana, loro erano sempre assieme, anche dopo la scuola, ma non come il Gatto e la Volpe di Pinocchio, come Bloom e Flora delle Winx, magiche.
Andrea che sciava già da campione e Rino che non sapeva sciare ma a pallone, in porta, era come Buffon, ma molto prima. E’ Buffon che ora è bravo come il mio compagno Rino.
Io mica mi ricordo con chi ero in fila, ma che fila lunga che era.

“Tutti sulla nave, svelti che si parte!” si sentì dal fondo della fila.
Destinazione: Le Isole Borromeo sul Lago Maggiore, là avremmo trovato, lo diceva la mia maestra, non una, non due ma ben 3 Isole del Tesoro, tutte assieme.
Sul foglio della gita, ma forse era la mappa del tesoro, c’era scritto: Isola Madre, Isola Bella, Isola dei Pescatori. 200 chilometri da fare con il pullman, con piccole barche e anche un poco con i nostri piedini svelti. 200 chilometri ma quanti sono 200 chilometri per 30 bambini che vanno in gita in terza elementare?
“Da qui alla luna” mi sussurrò in un orecchio il mio compagno Attilio.
Lui oggi fa il dottore ma prima era un mago con la bicicletta, quella che fa i salti, le giravolte, le impennate. Un anno, mi ricordo ancora, era stato il più bravo di tutti, ma proprio tutti tutti, talmente tutti che io ho visto la sua coppa, era enorme, come tutta la mia cartella e un po’ anche quella di mia sorella, c’era scritto: “campione del mondo di BMX”.  Forse ce l’ha ancora adesso che è diventato grande. Quasi quasi, adesso che ci penso, faccio finta di aver mal di pancia e vado da lui a farmi visitare così vedo se la tiene ancora.

Sul pullman cantammo a squarciagola. Io mi ricordo: “goldrake alabarda spaziale, mangia libri di cibernetica, insalata di matematica….goldrake”; “ci sono 2 coccodrilli ed un orangotango…”  e già quando ero piccolo io non si vedevano i 2 leocorni.
E nemmeno la mia maestra li aveva mai visti. Chissà se almeno su una delle 3 Isole c’erano.
Non era ancora ora di pranzo quando il capitano della nostra nave dei pirati all’incontrario con il microfono disse: “siamo arrivati, non dimenticate i vostri maglioncini e soprattutto i vostri panini sul pullman, divertitevi che stasera quando si riparte voglio sapere cosa avete visto”. “Mangiate tutto, ma non buttate nulla, che il sacco servirà certamente per il Tesoro”.
Ma allora il tesoro c’era veramente!
L’avevo chiesto anche alla mia mamma, ma Lei non doveva aver capito infatti mi rispose. “sei  tu il mio tesoro”.
Prendemmo poi un battello che ci portò  sulla prima isola, era quasi più piccola l’isola della barca. E si ballava! la musica era come il tamburo: 100 splash! splash! splash! sull’acqua verde e blu del lago che faceva la prua – i pescatori la punta della barca la chiamano così o anche prora, me lo ricordo ancora, ma mai punta – uno di loro, che aveva i baffi bianchi e anche la pipa in bocca ci ha detto che la punta ce l’hanno le biro e le matite, anche quelle colorate, le barche no.

Come con l’altalena nel parco, facevamo su e giù con queste barche per vedere tutte e 3 le Isole ma non dovevamo aspettare tanto come per le altalene per salirci su solo uno alla volta, qua salivamo in 10, 15, 20 alla volta. Andrea, Valerio, Rosalba, Gabrio, Lina, Stefano, Gabriella, Antonella, Natale, Marco, Paolo, io, con le nostre mamme o i nostri papà e c’era pure il pescatore con i baffi e la pipa che stava con il timone in mano giù in fondo alla barca, però si dice poppa, me lo ricordo ancora: “il fondo ce l’hanno i pozzi e le bottiglie, e quello delle barche è dove poggiamo i piedi”. Poteva non esserci uno di noi ma lui era il capitano, sapeva solo lui guidare quella barca, se non c’era lui non si poteva partire.
Se invece c’era il mio papà, che era rimasto a casa a lavorare, lui sì che riusciva a guidarla e sarebbe stato lui il nostro capitano, anche se non assomigliava poi tanto a Jack Sparrow.
Per tutto il giorno visitammo giardini fioriti immensi di un miliardo di colori, c’erano anche il lilla, il magenta e l’ocra che poi io non ne ho più visti da nessuna parte così belli. Vedemmo dentro una casa enorme, un Palazzo, ma dove non ci viveva nessuno. Un signore disse che venivano sempre tante persone a vederla, tutti i giorni, ma nessuno ci viveva perché era un museo. C’era anche un letto enorme con un tetto di tende, giallo, tutto giallo il letto e il tetto, tanto grande che ci potevano dormire comodi anche Hulk e Gulliver.

Poi alla fine riprendemmo la barca ed il pullman e stanchissimi ripartimmo per tornare a Introbio, a casa nostra. Ma prima di arrivare ci fermammo vicino ad un parcheggio enorme, enorme, enorme così enorme che non si vedeva tutto e non perché era già buio. C’erano tante luci però per terra, tutte in fila, una dietro l’altra come noi la mattina davanti alla nostra astronave nel piazzale della scuola prima di partire.
Solo che adesso la fila erano due come i binari del treno ma per un treno gigante però e poi a guardare bene, mi ricordo che c’erano tante file da due, dovevano passare di lì tanti treni evidentemente.

Le maestre poi ci dissero: “coprite le orecchie, arriva una sorpresa”.
Le orecchie e non gli occhi, doveva essere una sorpresa proprio strana.
vvvvvvvvvv, vvvvvvv, uuuuuuuuuuuuuuuuaaa  uuuuuaaaaaaaaaaaa sopra la nostra testa, ma appena appena sopra, mica in cielo quando si vedono quasi solo le strisce bianche delle sgommate, ci era passato vicino un aereo enorme con due lucine sotto la pancia che ci facevano ciao ciao come quando i bimbi piccoli salutano aprendo e chiudendo la manina, e sapete dove era andato a fermarsi?
Me lo ricordo ancora oggi il mio primo aereo bianco, rosso  e verde, bello come la bandiera dell’Italia che vedo ancora adesso nelle strade che sventola a festa da pali e balconi il 25 aprile.
Era andato a fermarsi in mezzo a quelle fila di luci chiare come binari.

L’aereo è un treno con le ali.     

Paolo

 

 

                                      

 

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