“Bisogna che sia innalzato il figlio dell’uomo”: l’evangelista allude alla Passione mentre Gesù, in questa conversazione con Nicodemo, gioca sulle parole “salire e scendere”, senza mai menzionare la realtà della Croce. Il Figlio sarà innalzato, non si sa se nella gloria o sulla croce. Lo strumento di ignominia diventa, attraverso un cambiamento di sguardo che nasce dalla fede di chi crede nell’amore del Padre, una scala verso la gloria cioè verso l’effusione di questo amore sul mondo. L’Occidente ha insistito sul suplizio subito da Cristo, come se la sofferenza fosse necessaria per controbilanciare i peccati. Persino ai bimbi la religione appare come una storia di dolore che facilmente viene rigettata durante l’adolescenza.
Un bambino di tre anni fu sorpreso dalla mamma mentre sfogliava un libro d’arte che raffigurava dettagli di crocifissi. Fissava ogni pagina sospirando: “Gesù è risorto, che disgrazia!” Così il Cristianesimo sembra esaltare il dolore, mentre è l’amore che salva! Chi si sa amato è in grado di percepire la presenza del bene anche nelle situazioni più tragiche, come Gesù sulla Croce.
Ecco perché Gesù suggerisce di considerare la morte, simbolo di ogni male, come passaggio per scoprire l’amore di Dio. Si tratta di guardare in alto, anzicchè guardare al proprio male.
La Croce di Cristo è gloriosa perché segna il trionfo della salvezza attraverso la fiducia nell’amore. Contemplata nell’amore del Padre, la Croce salva realmente il mondo.
Gv 3, 13-17
Don Graziano Bertolotti, vicario parrocchiale