Per che cerca nell’Avvento le indicazioni per arrivare al Mistero di Gesù, che è il centro della storia, questa domenica d’Avvento ci offre un nuovo alimento alla speranza, nuove ragioni per avvicinarci a Lui, a Gesù. Questa domenica anzi ha una caratteristica particolare, perchè con la sua liturgia osa indicarci che la speranza è già in compimento tra di noi.
Il Mistero del Signore lo portiamo già dentro la nostra esistenza, se la cerchiamo con cuore sincero. Ecco allora l’invito alla gioia per l’ingresso del Messia nel mondo, di cui ci parla il Vangelo.
Ecco allora la preziosa riflessione che ci offre la liturgia di questa domenica che è un invito a cogliere il senso della speranza cristiana. La speranza non viene da noi, quando tutti i giorni troviamo dentro di noi infiniti motivi di smarrimento, tutti ci sentiamo maturi anche nell’esperienza del peccato e della fragilità, e per questo cerchiamo una speranza! Ma la speranza è già in noi, nel senso che dentro di noi ci sono già i germi della parola del Signore.
Il suo amore, quando ci ha creati, ha seminato in noi, nella nostra natura umana, i segni i segni dell’essere e della vita divina, facendoci simili a Lui. Questa frase è un po’ misteriosa: che cosa significa "Essere simili a Lui?" che dentro di noi ci sono più segni di Dio di quanto non crediamo.
L’insofferenza per le ingiustizie e la schiavitù, il desiderio di capire e di comprendere l’al di là delle cose e della vita, il bisogno di vivere, di essere felici e di dare felicità, la nostalgia del Mistero, delle cose infinite, sono tutti segni che descrivono l’immagine di Dio dentro di noi, nel riconoscere le cose umane, la bellezza del volerci bene, il conforto di vivere insieme, di non pochi che non attendono più niente: è 2000 anni e più che è venuto Gesù, ma non è cambiato niente – dicono – tanto vale vivere alla giornata, arrangiarsi, divertirsi, non preoccuparsi più di tanto. Allora risuona opportuna la Parola di Dio che abbiamo ascoltato nella prima domenica di Avvento, in particolare nel Vangelo dove Gesù ci avverte circa la fine dei tempi, e dove si vede che non è un pronostico o un oroscopo sulla fine del mondo, che solo Dio sa quando verrà, ma non è un richiamo salutare sul fine, non sulla fine della vita, della nostra vita, che non è un gioco, ma che è una cosa seria e che per di più si vive una volta sola: non ci sono esami di riparazione.
Ecco, Gesù viene precisamente per questo, per la salvezza della nostra vita. Si, verrà alla fine del mondo, come dicono talune sette, ma per un vero rinnovamento: cieli e terra nuova!
Ecco, dobbiamo vedere proprio in positivo le parole di Gesù, perchè oggi c’è un po’ di disfattismo nel dire: "Ma dove andiamo a finire? Cosa succede? Questo malcostume, la violenza, la droga, la mafia, le gioia dello scoprire, del cercare, del conquistare, la gioia nel donare reciprocamente, nel serrvire, nell’anticipare il futuro, questi segni meravigliosi, Dio ha lasciato in noi. E nonostante il disorientamento morale deel nostro tempo, la liturgia insiste a suggerire di stare allegri nel Signore! Perchè Gesù è la nostra pace e la nostra gioia!
Se apriamo il nostro cuore a Lui, se accettiamo la logica del Vangelo, e non quella del mondo, se ci rendiamo disponibili alle ispirazioni buone, che sono l’azione di Cristo in noi.
Don Graziano, vicario parrocchiale
Rito Ambrosiano