Come a Torino, così in quasi tutte le città italiane, verso la metà di Gennaio, passata l’euforia delle feste, si inizia ad allestire qualche evento per commemorare le vittime della follia nazista: si espone un vagone, si mette in evidenza il binario dal quale partivano i treni, le scuole organizzano conferenze tenute dai pochi superstiti ancora in vita o da parenti delle vittime, si fa qualche lettura, ci si mette a posto la coscienza e il 28 si riparte, più intolleranti che mai.
Cosa significa “giornata della memoria”? Ha senso ripetere meccanicamente ogni anno le stesse parole retoriche e vuote? Bisognerebbe piuttosto ricercare una “cultura della memoria”, ma non fine a se stessa: la memoria per la memoria non è utile a nessuno, non serve ripetersi per un giorno all’anno sempre i soliti luoghi comuni, beceri discorsi da bar.