“Se credeste a Mosè, credereste anche a me, perchè di me egli ha scritto. Ma se non credeste ai suoi scritti, come potrete credere alle vostre parole”? Sono queste le parole finali del Vangelo di questa domenica, che Gesù rivolge ai suoi ascoltatori.
E’ l’eterno problema della fede! Le parole di Gesù lo illustrano opportunamente! E’ il problema di coloro che parlarono con Gesù, che ascoltarono la sua Dottrina, che ne videro i miracoli, che assistettero alla sua morte, ed ebbero prova della sua Risurrezione. E’ il problema di noi tutti: noi, figli del XX secolo, per ognuno di noi vale ciò che dice il protagonista della nota opera di Dostoieschi: “Il punto cruciale sta in questo: se un uomo imbevuto della civiltà moderna, un europeo, può ancora credere proprio alla Divinità di Gesù”. In questo sta precisamente tutta la fede. Qui occorre una precisazione: il Mistero di Gesù non consiste solo nel fatto che Egli è Dio, ma specialmente in questo: che Gesù è Uomo – Dio.
La grande realtà non consiste solo nel fatto che nel volto di Gesù risplendeva la maestà di Dio, ma che Dio è diventato vero uomo, che Egli, Dio, si è manifestato e si manifesta sotto forma di uomo. Noi crediamo questo! E pensiamo che l’Incarnazione è il fatto centrale dell’Universo, il fatto che ha ridato la giovinezza a un mondo vecchio, stanco, deluso e disperato. Riteniamo che fu l’Incarnazione a riaprirci le porte del Cielo, sicchè si tratta di molto dipiù che non del principio di una nuova era.
Si tratta di sottrarre alla schiavitù delle creature che hanno nel sangue l’anelito della libertà. Credendo in Gesù, non riduciamo la fede a una pura adesione intellettuale, quando si crede in Gesù la scoperta diventa incontro, l’incontro diventa amicizia, e l’amicizia si alimenta di amore, e l’amore produce opere grandi, degne di Dio.
Noi vogliamo credere e amare Gesù in questo modo: la fede è così forte nei suoi motivi, è così austera nelle sue esigenze, è così penetrante nei suoi doveri, è così feconda nei suoi frutti, che sperimentiamo ogni giorno noi credenti l’inadeguatezza tra ciò che crediamo e ciò che viviamo.
Lo confessiamo con umiltà, che è la virtù dei forti. Il pensiero va in questo momento a tutti quelli che non hanno fede, o dicono di non credere in Gesù e nel Vangelo: oh, se potessimo comunicare a loro fraternamente le nostre certezze, le nostre speranze, la nostra gioia, una gioia sempre nuova, che ci fa amare la vita, una gioia luminosa come l’alba e calma come un tramonto, che non conosce stanchezze e noia!
Don Graziano vicario parrocchiale
Domenica 6 settembre 2015
Seconda domenica dopo il Martirio di san Giovanni il Precursore “B”
Gv 5, 37 – 47