PREMANA – In occasione del settantesimo anniversario del ritorno a casa dal campo di lavoro in Germania, al termine del secondo conflitto mondiale, quando era stato internato per quasi un anno, abbiamo chiesto ad uno dei pochissimi reduci valsassinesi, Silvio Gianola, classe 1925, di raccontarci la sua storia. Il premanese venne rinchiuso nell’area di lavoro di Alt Moabit, a meno di un chilometro dal Reichstag.
…
Cogliamo anche l’occasione per porgergli gli auguri di buon novantesimo compleanno (è nato proprio il 20 settembre).
,,,
…
UN PREMANESE NELLA SECONDA GUERRA MONDIALE
La storia di Silvio Gianola: “sbandato”, prigioniero, fuggitivo, liberato
Il mese di ottobre del 1943 fui chiamato alla visita militare nel distretto di Introbio all ‘età di 18 anni assieme ai miei coscritti. Successivamente, ci incamminammo a piedi da Introbio a Lecco dove passammo qualche ora di spensieratezza…
Non lo scorderò mai, perché fu anche la prima volta che uscii da Premana. Il 20 Dicembre 1943 tutta la classe del 1925 fu chiamata alle armi, ed io, che lavoravo già da qualche anno come coltellinaio, decisi, insieme ai miei compagni, di non rispondere al precetto. Fui costretto ad abbandonare il mio lavoro e divenni uno “sbandato”.
I primi di Agosto del 1944 mentre mi trovavo sull’alpeggio di Premaniga, il messo comunale, accompagnato da due guardie armate, venne nella casa di Premana per cercami. Non trovandomi, obbligarono mio fratello Angelo, all’epoca seminarista della Diocesi di Milano, a seguirli in piazza della chiesa per poi essere condotto insieme ad altri compaesani al Presidio Militare di Bellano. Trascorsi due giorni comunicarono a mia madre che, se non mi fossi consegnato,avrebbero ucciso mio fratello.
Il giorno seguente decisi di presentarmi volontariamente in Municipio. Fui condotto sotto scorta a Bellano. Mio fratello venne liberato. Passai alcuni giorni nelle celle della pretura di Bellano, e successivamente venni portato al comando tedesco a Como. Dopo alcuni giorni mi ritrovai rinchiuso in una stanza nel terzo raggio del carcere di San Vittore a Milano, con persone di altre nazionalità, fra cui un americano che scoprii anni dopo essere Mike Buongiorno.
Il 23 Agosto 1944 venni condotto alla stazione ferroviaria Scalo Farini e caricato su di un treno con direzione Germania.Nel vagone eravamo 40 uomini stipati all’inverosimile. Verso sera lasciammo Milano ed una volta giunti pressoché a Brescia ci fu un bombardamento aereo molto violento. Il treno rimase danneggiato e ci parcheggiarono in un binario morto senza sapere quando saremmo ripartiti. Con grande astuzia i più anziani durante la notte fecero un buco nel vagone e così ebbi modo di fuggire. Mi misi a correre al buio, in mezzo ai campi e non sapendo dove mi trovassi, provai,rivolgendo lo sguardo alla luna,ad orientarmi verso Nord.
Dopo sei giorni di cammino continuo e 5 notti passate all’aperto,arrivai a Premana il 31 agosto sfinito e con ai piedi una sola scarpa. Trascorsi un mese da fuggitivo ma poi a causa delle minacce e dei rastrellamenti delle truppe tedesche sempre più frequenti, decisi di consegnarmi un’altra volta.
Il 15 Ottobre 1944 fui riportato nuovamente nel carcere di San Vittore con altri premanesi ed il 25 ottobre ci misero su uno dei tanti treni che partivano dalla stazione Scalo Farini a Milano, diretti o ai campi di concentramento o ai campi di lavoro. Seppi una volta a bordo di essere su uno di quelli diretti a Berlino. Arrivammo in Germania i primi giorni di Novembre, dopo una settimana di viaggio blindati in un vagone, dove, ci facemmo coraggio a vicenda per superare le difficoltà.
Fummo portati in un lager e destinati al lavoro che consisteva nel liberare ed accatastare le travi di legno recuperate dalle case bombardate per produrne successivamente del carbone. il carbone, che era considerato il petrolio dell’epoca. Le condizioni di lavoro erano molto dure. Soffrimmo la fame. Mangiammo ,e non tutti i giorni,una specie di zuppa di patate dove però dei tuberi si vedevano solo le bucce. Sopraggiunto l’inverno, le temperature divennero sempre più rigide e il freddo si faceva sentire sopratutto a causa degli scarsi indumenti che indossavamo.
Durante la prigionia mi capitò spesso di attraversare assieme ai miei compagni di lavoro, la famosa stazione della metropolitana “Alexanderplatz” laddove, per non perderci, ci tenevamo per mano a vicenda formando una sorta di cordone.
Lavorai come prigioniero fino all’ arrivo a Berlino della armata rossa. L’ 8 Maggio 1945 avvenne la resa dell’esercito tedesco e ricordo, in maniera indelebile, il passaggio del treno blindato con a bordo Stalin giunto in città. Alexanderplatz era ricoperta da mucchi di cadaveri formati dai corpi dei soldati tedeschi delle SS che non si arresero.
Anche se il conflitto era terminato le condizioni di vita non cambiarono di molto perché la città era completamente bombardata e senza ordine. Passai con i miei compagini sventura alcuni mesi, frastornato e confuso ma consapevole di essere ancora vivo.
Finalmente i primi di settembre del 1945 ci spostarono in una grande area di smistamento, e lasciammo in treno Berlino diretti in Italia. Giunti nelle vicinanze di Bolzano, capimmo di essere tornati in patria. Sentimmo da un altoparlante alcune strofe della canzone “Mamma son tanto felice perché ritorno da te”. Scoppiammo tutti a piangere. Capimmo che tutto era finito e che eravamo ancora vivi.
Il 20 settembre 1945, il giorno del mio ventesimo compleanno, tornai finalmente in famiglia a Premana.