LECCO – Da piccolo non voleva saperne di scalare. Voleva giocare a pallone. La prima volta in parete fu con il fratello Giorgio e il padre Aldo in Grignetta: nebbia e paura. “No, grazie”, aveva pensato. E fino a 16 anni, non ha più toccato la roccia. Come ha fatto dunque Marco Anghileri, uno degli alpinisti più amati e conosciuti del nostro tempo, a diventare l’autore della prima invernale sulla Solleder, in Civetta, e di altre imprese che ancora oggi ricordiamo con stupore?
Ce lo racconta Giorgio Spreafico nel libro “La scala dei sogni”, presentato ieri sera al Teatro Sociale di Lecco, durante una serata traboccante di pubblico. Un abbraccio virtuale della città ad un personaggio davvero amato da tutti, capace di mettere d’accordo vecchi e giovani, alpinisti e montanari della domenica, gruppi alpinistici e club alpini.
A portarlo lassù non è stata l’ambizione, la ricerca della gloria, o la fuga da qualche realtà malvissuta. E’ stata solo gioia. E’ stata la felicità che regala la montagna. Che si legge negli occhi di ogni persona dopo un’immersione nelle vette. Che lui leggeva negli occhi di suo fratello Giorgio. E che tutti leggevano nei suoi.
Marco Anghileri, per tutti “il Bacc” (o Butch, se si vuole usare l’inglese), è scomparso il 14 marzo 2014 sulla via Jori Bardill al pilone centrale del Freney, sul Monte Bianco. Tentava, anzi aveva quasi concluso, la prima solitaria invernale su quella leggendaria linea che porta come firma lo spit più alto d’Europa.
“Era un artista della montagna – racconta la guida di Courmayeur Arnaud Clavel, che lo aveva accolto ad Aosta e accompagnato in val Veny per la sua ultima scalata -. Allegro, deciso, tenace, senza mai strafare. Solo un artista come lui poteva fare un sogno, così reale e così grande, nel 2015, sul Monte Bianco. Progettava l’opera perfetta”. E ci è quasi riuscito. Sotto la Chandelle, ormai alla fine della via, la corda si è spezzata e non sapremo mai perchè. Lassù è rimasto solo il suo sacco rosso, recuperato 16 mesi dopo da tre Ragni di Lecco.
La sua scomparsa ha lasciato un vuoto che ora viene colmato, almeno per un pezzetto, da questo libro che raccoglie ricordi, immagini, parole capaci di farlo tornare a vivere. E di raccontarlo a chi non lo ha conosciuto o lo ha fatto solo in parte. Magari incrociandolo in Grigna, o al suo ristorante 2184 dei Resinelli. O soltanto conoscendo le sue imprese alpinistiche.
Marco Anghileri era molto di più. “Era un romantico, sognava ma portava i sogni sulla Terra e sapeva prepararli meticolosamente” ha detto Giovanni Spada, presidente del Gruppo Gamma di cui faceva parte.
“Una delle sue imprese più grandi è ricominciare da zero, non arrendersi mai – ha aggiunto Spreafico -. In ogni situazione della vita. Non solo in montagna. Lo ha fatto dopo la perdita del fratello. Dopo l’incidente che nel 2001 sembrava aver interrotto le sue scalate. E invece no. Lui è uno di quelli che non temono di risalire dai crepacci in cui, a volte, nella vita si precipita”.
Dopo incidenti e prove molto dure, il Bacc è sempre tornato ad essere protagonista di salite che fanno sognare tutte le generazioni. Va incontro al K2 nel 2004, e torna alle prime invernali. Un gradino dopo l’altro, semplicemente. Come su un’infinita scala.
“La sua vita intensissima non può diventare lo sfondo del tragico incidente che l’ha spezzata – conclude Spreafico -. “La scala dei sogni” cerca di raccontare questa vita. Lui voleva essere felice. Ecco cosa voleva”.
S.C.
SCHEDA LIBRO
“La scala dei sogni -Le montagne, le imprese, le idee e le due vite di Marco Anghileri, l’ultimo romantico della Grigna”
Formato: 15×21 cm
Pagine: 496
Legatura: brossura cucita a filo refe
Immagini: 103 foto a colori
Anno: 2015
Prezzo di copertina: 15 euro