Dalla lettera ai Ballabiesi di Alessandra Consonni, sindaco in carica.
(…) Ballabio, che ha un’origine antichissima come documentano i reperti archeologici diventati fiore all’occhiello dei musei lecchesi, non è solo il paese del taleggio, è il Balàbi dei celti ben noto a chi conosce la nostra lingua locale, dal celtico Bala (Villaggio) e Bi (Baita), e soprattutto è l’importante e colpevolmente dimenticato borgo medievale, centro militare di primaria importanza, dotato di mura, torri e fortificazioni, di cui abbiamo trovato significative tracce, certamente caratterizzato dalla relativa cospicua presenza di uomini d’arme. (…)
Oggi mette un’enorme tristezza solo ipotizzare che Ballabio, a dispetto della sua storia e delle sue potenzialità, corra il rischio di diventare un paese dormitorio, privo di vita propria e di identità: raccolgo questo grido di dolore e di allarme, ed è sulla riqualificazione e riscoperta di questo bellissimo paese che poggeremo le fondamenta della nostra azione politica.(…)
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La risposta di Michele Casadio, operatore culturale e collaboratore affezionato dei nostri quotidiani on line:
Ballabio ha un’origine antichissima. Borgo di transito per le montagne, che come ricorda Mario Rigoni Stern sono la fonte di tutte le ricchezze. Ma per i meno romantici (che non significa sdolcinati) lo scriveva anche John Ruskin, il filosofo laico inglese. Mai dimenticare le origini, certamente, che sono pietre angolari, ma anche di partenza per una più elevata visione della cultura.
In un 2016 che si prospetta ancor più ricco di convergenze culturali da riordinare ed affrontare, Ballabio non sembra gridare alcun tipo di allarmismo, semmai dei canti dalla potenza culturale sbalorditiva. Lo dimostra con il coro I Vous de la Valgranda, radicato nel paese almeno quanto l’amor proprio di terra alpestre figlia del silenzio. Con il coro spiritual Siyahamba, fondato con il fibrillante desiderio di cantare le terre più lontane, perché dietro una cultura diversa c’è solo l’opportunità i conoscerla. Con la Banda Risveglio, che diretta nel tempo dai Maestri più illustri, è fonte di magistrale di occasioni d’ascolto d’altissimo livello. E non neghiamo neppure che la musicalità ballabiese è talmente viva da far continuare nelle due chiese anche un’attività corale liturgica d’alto gradimento, mentre accompagna il paese nella sua costante crescita spirituale.
E la terra dell’amato don Achille, non ha nulla di cui vergognarsi, neppure considerando i prodotti tipici, che forse oggi sono diventati anche un “articolo regalo” ma sono stati per generazioni il nucleo dell’alimentazione popolare. Un paese ancora orgoglioso del suo dialetto, derivato da matrice lecchese con qualche inflessione più valsassinese, che certamente è conscio di aver lontani origini, come del resto tutti gli altri, ma che giustamente si preoccupa del futuro dei suoi figli (che non può essere chiuso tra antiche mura). Le cinta medievali vengono “abbattute” in tutte le culture, anche dalle fiabe e dove restano sono solo un pretesto per farvi crescere all’interno le più variopinte forme di rievocazione e di spettacolo.
E a chi inneggia alle storie militari con carica enfatica, possiamo solo ricordare che persino nella Leggenda della Grigna, Luigi Santucci fa in modo che i protagonisti vengano tramutati in montagne per una punizione divina. Ma senza sconfinare nella fiaba, sarebbe utile ogni tanto presenziare ai concerti dei cori alpini. Utili momenti, educativi e formativi per chiunque, e in particolar modo per chi ricopre cariche politiche di tutti i livelli. Lasciamo che le origini “militari”, naturali per la civiltà medievale, restino solo un lontano ricordo, e che oggi, al limite, vengano a galla per occasioni di rievocazione culturale.
Per quanto riguarda invece le due passate Guerre nazionali, occorre sapere, rispetto ma soprattutto l’impegno sociale della pace e dell’accoglienza, che non pare assente dalla comunità ballabiese. Quindi intendo con questo pensiero (che non ha nessun tipo di rilevanza partitica) rispondere alla lettera della Sig.ra Consonni, affinchè sappia che Ballabio, agli occhi di chi come me frequenta le iniziative culturali e conosce profondamente le compagini musicali, il C.A.I. e le varie associazioni, non sembra gridi un allarmismo in relazione all’identità storica, ancor più non pare si avverta il presagio che diventi addirittura un dormitorio.
Immaginandomi cittadino ballabiese mi sentirei piuttosto scosso, se non offeso.