Nel celebrare la Domenica delle Palme molte sono le riflessioni che dovremmo fare. Una di queste riguarda la superficialità con cui siamo soliti celebrare i diversi riti, tra cui quelli pasquali. Spesso siamo propensi a riempirli di tante coreografie che sono espressioni “barocche” del vuoto, retaggio di una tradizione che riconosceva ad essi una funzione quasi magica.
Il fatto che molto di frequente assecondiamo i nostri egoismi ci rende trasversalmente inclini, ricchi e poveri, a ricercare in questi riti una specie di “placebo” per le nostre inquietudini, che, in fondo, sono determinate dall’incapacità di preoccuparci più degli altri che di noi stessi.
Capita così che le nostre celebrazioni risultino ripetitive ed insignificanti, perché ci lasciano indifferenti verso qualsiasi proposito di conversione. Se i riti non sono in grado di convertirci nel nostro intimo non hanno alcuna giustificazione. Occorre invece che impariamo a vivere la vita, a dare il significato agli eventi di cui quotidianamente facciamo esperienza, perché spesso la nostra esistenza è caratterizzata da gesti stereotipati, abitudinari, rispondenti a clichè di maniera, come il saluto, la stretta di mano, l’abbraccio, il bacio, che dobbiamo di nuovo imparare a riempire di significato autentico.
Abbiamo, cioè, bisogno di abituarci a rendere più aperto e sereno il nostro vivere, così scarno di dolcezza, di gentilezza, di sorriso.
La domenica delle Palme, è un invito a ravvederci dentro, a riscoprire l’ABC del vivere, a riconoscere che cosa è davvero grande, che cosa dobbiamo osannare, che cosa dobbiamo “bene-dire”.
Ciò che ci viene raccontato dal’Evangelo in realtà non è mai avvenuto. Gesù di Nazaret ha vissuto sempre da “nazareno”: la sua emarginazione, abbiamo più volte ricordato, è stata la conseguenza del suo essere nel mondo senza essere del mondo. In genere, però, non riusciamo a renderci conto di quanto il suo messaggio sia stato sconvolgente, di quanto poco sia stato creduto. Forse solo oggi, nonostante tutto, siamo giunti a non considerarlo più una pazzia, anche se per molti continua ad essere pura utopia: anche solo per questo, abbiamo fatto non pochi passi.
Oggi questo suo messaggio trova più facile accoglienza in certi contesti dichiaratamente laici che in altri etichettati come cristiani o cattolici, perché il cristianesimo non sta nelle parole ma nei fatti, nelle scelte concrete di vita.
L’Evangelo di oggi ci vuole far intendere in modo chiaro quello che ci ha ricordato Oscar Romero: “Un uomo non deve mai amarsi al punto di evitare ogni possibile rischio di morte che la storia gli pone davanti. Chi cerca in tutti i modi di evitare un simile pericolo, ha già perso la propria vita”. Gesù di Nazareth è stato prorio questo e il racconto evangelico del suo ingresso in Gerusalemme vuole affermarlo con forza.
Don Graziano vicario parrocchiale