BARZIO – Dopo l’intervento dell’ex presidente Claudio Baruffaldi a proposito della esecuzione dei lavori in corso alla Fornace, abbiamo voluto sentire chi al tempo ha avuto l’idea dell’acquisto dell’area e complesso della Fornace stessa (presidente della Comunità Montana dal 1986 al 1992) e della sua destinazione, per sentire da Alvaro Ferrari se quanto sta accadendo nei lavori cammini in sintonia o meno rispetto alle aspettative di quando la Fornace è stata acquistata.
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Riconosce nello stato dei lavori la sintonia del progetto con quanto da voi immaginato al tempo dell’acquisto ?
Solo in parte negli obiettivi. Il nostro progetto era innanzi tutto l’acquisto del complesso della fornace per concentrare in esso un’area vasta per collocarvi una forma di esposizione permanente mirata alla valorizzazione dei prodotti della Comunità Montana ed in questo – a fatica – il percorso è stato seguito e l’obiettivo, con il tempo, mi auguro si raggiungerà. Poi noi, nello specifico utilizzo degli edifici esistenti avremmo voluto utilizzare alcuni degli stessi per farne la sede della Comunità Montana; invece hanno fatto un edificio nuovo (di dubbia valenza ambientale) con sperpero di risorse pubbliche, quando invece avrebbero potuto utilizzare appunto i volumi esistenti. Addirittura noi facemmo un ”plastico” a dimostrazione che ciò era possibile.
Torniamo alla Fornace. Quel progetto era nei vostri programmi?
Si lo era insieme alla difesa del canalone di Balisio ed alla conclusione del P.I.P. di Colico, al Piano urbanistico del Pioverna che prevedeva la pista ciclabile che oggi c’è ed è percorribile dalla fornace a Tartavalle
Visti i risultati si può dire che gli obiettivi li avete raggiunti.
Si, il canalone di Balisio è stato ambientalmente salvato ed è li da vedere. Il PIP di Colico è stato concluso, la pista ciclabile anche la fornace si, come obiettivo d’acquisto del complesso – poi altri Presidenti non hanno percorso ciò che noi avevamo immaginato ed il risultato è quello di oggi. Vorrei aggiungere che oltre a questi tre obiettivi il nostro direttivo si è insediato con le problematiche di Chernobyl e nel percorso della legislatura ha affrontato anche gli eventi dell’alluvione della Valtellina che hanno interessato il nostro alto lago con (l’allora) mega finanziamento della protezione civile per la frana del monte Letè che incombeva su Dorio.
Oggi le condizioni che voi avete avuto al tempo non ci sono più?
No, non ci sono più perché i partiti (da Roma a Lecco) non hanno voluto percorre strade per costruire una politica condivisa ma una politica imposta. In tal modo è stata persa una generazione e i vertici delle istituzioni, oggi, sono subalterni a decisioni che prendono in pochi e cosi la gente se ne va dalla politica.
Ritorniamo alla Fornace, edificio oggi in recupero. Le piace?
No non mi piace affatto. E si che hanno costruito pool di tecnici di livello, ma se i tecnici non hanno una guida politica/istituzionale si cade nelle scatolette di lamiera come sta accadendo; la mancanza di un coordinamento inevitabilmente produce poi questi nefasti risultati. Prima di affrontare un progetto del genere andava fatta una ricerca storica rendendone pubblici i risultati con video/libri, analizzare questa ricerca, ricavare da essa gli elementi storici del perché all’epoca chi ci ha preceduto aveva posto la fornace in quel luogo e, dopo averne comprese le ragioni della ricerca storica analizzarne le tipologie costruttive e riproporle all’oggi come segno di una testimonianza propria di una economia artigianale che valeva la pena di riproporre.
In questo modo lasceremo ai nostri posteri solo segni di una cultura tipologica confusa e senza ossature ri-propositive di testimonianze storiche che avrebbero potuto perpetrare in positivo un nostro segnale alle future generazioni.