IL DOMENICALE DI R.B./CERCASI STATO CAPORALMAGGIORE PER MUSEO BISOGNOSO DI IDEE



Belfagor, tu ci sfuggi sempre con abilità.
Belfagor, dov’è che ti nascondi?
Belfagor, ci sfidi e ci confondi.
Belfagor, chissà quando tutto questo finirà?

(Belfagor – Cristina d’Avena – 2003)


Ricordate come avevo iniziato due settimane fa questa rubrichetta festiva?

“Ci sono storie che si ripetono”, già, proprio così.

Ma, a volte, le storie sono talmente incredibili da avere il potere di trasformarsi in leggende, salvo, una volta aperti gli occhi di fronte alla poco mitica realtà, accorgersi che è stato tutto uno scherzo, “a joke” direbbero di là dall’Atlantico.

Tutto  una favola, il Lupo e Cappuccetto Rosso, Biancaneve e i Sette Nani, Peter Pan e Capitan Uncino, i Transformers, gli Avengers e chi più ne ha ne metta.

Tutto uno scherzo anche se il primo aprile arriva solo una volta all’anno e, guarda caso, è stato proprio l’altro ieri.

Abbiamo speso unmilioneeduecentomilaerottieuri? Abbiamo costruito un monumento alla memoria di qualcuno? Siamo riusciti a far incazzare anche ol scioor sindech perché abbiamo dimenticato i coppi autoprodotti dalla Fornace?

Qualche Re Leone, nascosto nel bosco, probabilmente guarda e sorride; noi, invece, seduti sul trono della incredulità, scrutiamo la ciminiera spenta, il suo contorno di vetrate, gli angoli bui all’interno, il vuoto assoluto dietro la recinzione, e non abbiamo proprio nessun motivo per essere contenti.

Abbiamo speso duemiliardiemezzoerottidilire? Bene, bravi, bis. Chi ha studiato il progetto? Chi lo ha firmato? Chi lo ha approvato?

Domande. Sempre domande. Risposte. Mai risposte.

Siamo al dunque, ed era inevitabile. Intanto, però, il “pubblico” ha pagato il suo salato biglietto e adesso aspetta di vedere che tipo di spettacolo gli verrà offerto e, soprattutto, se gli verrà offerto uno spettacolo.

fornace cantiere 11Nei giorni scorsi hanno provato (correttamente) a chiedere in giro se qualcuno se la sentiva di gestire quell’affare piramidale e hanno ottenuto zero risposte; ovvio: a parte il “che cosa è?”, la prima domanda che uno normale si pone è “che entrate avrò?”, e non parlava, ovviamente, delle porte d’ingresso.

Uscite, invece, tante. Sì, perché anche se è tutto uno scherzo, le bollette alla fine bisogna pagarle, il prato va tagliato, le stanze pulite, la gente che apre e chiude non lo fa per la gloria, e via contando e cantando.

E la colpa, porca di una setimana (lo diceva una mia vecchia zia), l’è mai de neguun. Tel trovareè mai, l’è sempre quel oltro, ma chi? Ah, sì, ecco, forse l’è stàa Belfagor, il fantasma del Louvre, pensa tì e guarda un po’, un museo, di quelli veri, però.

Palanch trasade, finite nella stessa tomba di quelle dell’allevamento di cervi, territorio usato, niente resa e molta spesa, un’equazione cara a chi non ha problemi a sparpagliare euri come coriandoli.

Tanto, non sono suoi.

C’è gente, invece, che il territorio l’ha evidentemente ben studiato, ha fatto i suoi piani, si è fatto approvare le sue belle leggi ed ora è qui a posare tubi, costruire centrali, risucchiare acqua che genera profitti, impoverire quel por masacro dol noss Pioverna che già fatica sovrumanamente a restare in superficie.

STRISCIONE PIOVERNA PONTE

“Giù le mani dal Pioverna”: bravi i miei compaesani di Cortenova, sono evidentemente e naturalmente dalla loro parte, che è poi anche la mia. Bravi, ma siamo imbrigliati proprio come uno dei tanti torrenti che ci cascano attorno, costretti a subire perché, a differenza dell’ipotesi di museo, uscite non ce ne sono, nemmeno di sicurezza.

Solo una per l’acqua che, entrata nel tubo, verrà fuori, forse, mah, chissà.

E il tubo è il paradigma; pur vedendo le storture contiamo effettivamente un tubo, siamo una platea passiva che magari si incazza ma poi esiste ed assiste impotente, facendosi molte domande e trovando zero risposte, un po’ come il bando per il Museo di Belfagor.

L’amico Guido (agostoniAgostoni, n.d.r.) ha parlato di una “scomoda  eredità” e che “probabilmente non sono state adeguatamente analizzate le prospettive in merito alla sua destinazione d’uso e all’appetibilità della gestione futura”.

Hai ragione, Guido, e ti capisco perfettamente. Conosciamo bene l’origine di questa impresa, ma, così, per nostra informazione,  potremmo sapere cosa, secondo il progetto approvato dalla Comunità Montana, dovrebbe essere esposto nel museo? Perché se lo sapessimo, magari, qualcuno potrebbe anche fare delle ipotesi sui potenziali visitatori e, conseguentemente, pensare alle entrate. E poi, quando è stato approvato tutto l’ambaradan, che costi di gestione erano stati preventivati? O, chi ha progettato, al posto dei numeri ha scritto una frase tipo “affari del locch che lo prende in gestione”?

Quando alcuni decenni fa la Comunità Montana acquistò l’area della Fornace, si disse che in quel posto doveva essere creato il volano in grado di far girare molta dell’economia della Valle.

Per cui chiedo: prima di uscire con un nuovo bando, possiamo, la butto là, creare attorno a questa struttura che ormai c’è ed è da utilizzare, un bel confronto con tutti quelli che in Valle pensano e soprattutto fanno per vedere se, tutti assieme, si riesce a trovare un modo per renderla socialmente utile e, perché no?, magari anche appena appena remunerativa?

Vanno di moda di questi tempi gli “Stati generali”; ecco, a me basterebbe anche uno “Stato caporalmaggiore” dove, chissà, tra le tante idee potrebbe saltarne fuori qualcuna di concreta e percorribile, lontana dai sogni e dalle fantasie che hanno spesso popolato le stanze della Comunità e si sono perse nel bosco restando in balia dei Re Leone che continuano a ridere.

fornace cantiere 06Insomma, costruiamoci qualcosa attorno per riempirla dentro ‘sta benedetta Fornace, prendendo il tempo necessario, senza fretta, analizzando adeguatamente le prospettive con la consapevolezza e la convinzione che può essere davvero un momento importante (anzi, importantissimo) per lo sviluppo della nostra Valle.

Perché al pubblico, che è seduto lì in platea ed ha pagato il biglietto, girano un po’ le balle a continuare ad aspettare che il sipario si alzi.

Buona domenica.

BENEDETTI TESTINA
Riccardo

Benedetti
.

P.S.: non avrei mai pensato di utilizzare una strofa di una canzone di Cristina D’Avena come introduzione ad un mio articolo. Purtroppo al Boss non è mai venuto in mente di scrivere una canzone su Belfagor. Rimedierò prossimamente.
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