Il Vangelo di questa domenica ci indica la modalità spirituale secondo la quale siamo chiamati a vivere, nell’oggi, le varie presenze di Gesù nella sua Chiesa: mi riferisco a quella psicologia soprannaturale, che ha i suoi risvolti sia a livello individuale che a livello comunitario.
Sappiamo che la presenza di Gesù Risorto tra noi non è commensurabile secondo i nostri criteri materiali: Gesù è, a un tempo, presente e assente. Si lascia riconoscere mentre sta per lasciarci (cfr. l’apparizione della Maddalena). Eppure sta proprio qui la nostra beatitudine, come ha detto il Risorto a Tommaso: “Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto”.
Siamo chiamati a vivere nella luce e del “già” e nelle penombre del “non ancora”; tra gli enigmi della fede e l’attesa della piena rivelazione verso cui ci orienta la speranza; nella mestizia dei tempi penultimi, ma anche nella certezza che questa nostra afflizione si cambierà in gioia.
La “compagnia” del Signore è preziosa per la Chiesa pellegrina sulla terra: ma di quale “compagnia” si tratta e come il Signore Risorto vive con noi questa esperienza di sofferenza e di gioia?
L’immagine della partoriente è assai illuminante: proprio nel momento del suo massimo dolore essa inizia l’esperienza della massima gioia. La vita che nasce cancella il ricordo della sofferenza che fu. Dobbimao dunque imparare a condividere questa esaltante e drammatica esperienza del parto, il cui frutto, fuori metafora, è presenza rasserenate del Signore, fonte di gioia!
Don Graziano vicario parrocchiale
Domenica 1 maggio 2016
Sesta domenica di Pasqua “C”
Gv 16, 12 – 22