Il pericolo che ci insidia leggendo o ascoltando la parabola evangelica di oggi è credere che sia rivolta soltanto per i ricchi e i pezzi grossi ella finanza e del potere. Noi siamo sicuri di non appartenere a queste categorie e quindi… Ma in misura maggiore o minore, l’insegnamento della parabola si applica a tutti.
Conviene che ci collochiamo anche noi dentro la scena del Vangelo: nel ruolo del ricco epulone o in quello del povero Lazzaro? Povero e ricco sono concetti relativi. Chi ha un milione è povero in confronto ha chi ne ha cinquecento di milioni, ma è ricchissimo rispetto a chi ha solo pochi euro.
Non c’è bisogno di andare nel Terzo mondo per trovare sul nostro cammino qualche Lazzaro che è più povero di noi: famiglie umili che si trovano in ristrettezze economiche, malati soli, alcolisti e drogati che hanno bisogno di una mano amica ecc. E’certo che non basta un’elemosina, perché la giustizia e la carità hanno una dimensione strutturale e sociale. Tuttavia, il pericolo di accumulare egoisticamente è nascosto nel denaro e incalza tutti noi.
Gesù lo mette vigorosamente in rilievo. E’triste dovere arrivare a situazioni strazianti: fame, disoccupazione, sfruttamento, sottosviluppo, emarginazione, ignoranza e mancanza di diritti, la prima; e potere, influenza, dominio, lusso, comodità, pingui conti bancari, piacevoli dividendi, molte case, auto ultimo modello, gioielli abbaglianti e viaggi di piacere, la seconda.
Dovremmo convertirci radicalmente dalla cupidigia all’amore che condivide per rendere possibile il cambiamento di alcune strutture, le quali creano disuguaglianze ingiuste tra persone e nazioni e permettono che il 6% dell’umanità goda del 50% della ricchezza del mondo e un 20% possegga quasi l’altra metà della rendita, mentre il resto vive di stenti o muore di fame.
Il credente di oggi deve schierarsi chiaramente per la giustizia sociale, come fecero a loro tempo i profeti e il più grande di essi Gesù Cristo e dopo di lui i Santi Padri, e come continua a ripetere da più di un secolo la Chiesa nella sua dottrina sociale.
Deve cessare “L’orgia dei bontemponi”, a livello individuale e collettivo, nazionale e internazionale, perché i beni della terra hanno una destinazione universale; e questo relativizza la proprietà privata che ha anche una protezione sociale.
La scelta della Chiesa a favore dei poveri deve tradursi in pratica nella nostra vita, avallare l’autenticità cristiana delle nostre famiglie, dei nostri gruppi, delle nostre comunità ed eucaristie abituali.
“Aiutaci o Signore a rompere le maglie dell’egoismo accaparratore, liberandoci dall’ansia di possedere e avere, di spendere e consumare, perché non ci abituiamo mai alle disuguaglianze! Amen”
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Don Graziano vicario parrocchiale
Domenica 31 luglio 2016
Rito Ambrosiano “C”
11^ dopo Pentecoste
Lc, 16, 19 – 31
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