Ho aspettato, ho aspettato a lungo
nell’ombra oscura delle torri brune
nell’ombra oscura delle torri brune
Nell’ombra oscura delle torri di pioggia
mi vedrete aspettare sempre
mi vedrete aspettare sempre
(Gortoz a ran – Denez Prigent – 2000)
FILI SPEZZATI
Nuvola bianca, nuvola nera, aspetto la luce tra il temporale, sospeso tra cemento e acciaio.
Guardo dalla finestra com’è sereno il mattino quando sembra non nascondere insidie tra le scie che corrono nel cielo sopra tutte queste antenne.
Ottanta piani di babele, ma nessuno vuole cambiare la sua lingua, nessuno cerca di raggiungere un Dio, nessuno, ma proprio nessuno, vuole pensare a un prima e a un dopo.
Invece sarà così.
Nuvola bianca, nuvola nera, ali che viaggiano veloci cariche di paura, dritte al destino, pronte a far curvare il senso della storia.
L’uomo che pensa, l’uomo che piange, l’uomo che prega. Chi sei tu per decidere se i fili vanno spezzati? Chi sei tu per oscurare il Sole?
Guardo dalla finestra com’è dolce il mattino, riflessi d’oro, lacrime di luce inondano una umanità che corre verso le sue preoccupazioni, scivola nel buio dei sotterranei, riemerge silenziosa nel baccano dei motori.
Lontano un riflesso, un battito d’ali sbagliato, frequenze che si ripetono.
Sono qui, ottanta piani sopra il resto del mondo a guardare in faccia il male che sopraggiunge, la vita che se ne va, acciaio e cemento, nuvola bianca, nuvola nera.
Ground Zero.
11 settembre 2001 – 11 settembre 2016.
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DOVE ERAVAMO
Milano. Esco da una riunione di lavoro in pieno centro. Non so nulla, ma l’aria intorno ha uno strano respiro, anzi, a dire la verità proprio non respira.
Tutto fermo, immobile, unico a passare il tempo, piano, troppo piano.
Sento voci, il Nuovo Mondo è stato preso in ostaggio, fuoco, polvere, e faccio fatica a mettere insieme i sussurri.
Poca gente in giro: penso “strano”, poi arrivo in Centrale e ciò che pensavo smetteva di contare, la cornice cade a pezzi distrutta e massacrata, cosa sarò, cosa saremo, domande, no risposte, solo cemento su acciaio fuso, solo un verso nuovo dell’Apocalisse, e poi più.
Salgo sul treno, pochi viaggiatori.
Cerco notizie sul telefono, lo stesso fanno altri, e quando le trovano l’incredulità attraversa sguardi persi aldilà del finestrino. Forse tutto non è perduto. Forse.
Davanti a me un tizio, scuro di capelli, non ci vuole una grande immaginazione per capire da dove arriva.
Anche lui guarda il cellulare, anche lui cerca la verità e quando la trova sorride.
Il sorriso dell’Apocalisse. E me lo ricorderò per sempre.
Nuvola bianca, nuvola nera, Ground Zero.
11 settembre 2001 – 11 settembre 2016, per non dimenticare.
Buona domenica
Riccardo
Benedetti
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