E sempre allegri bisogna stare
che il nostro piangere fa male al re
fa male al ricco e al cardinale
diventan tristi se noi piangiam.
(Ho visto un re – Dario Fo/Paolo Ciarchi – 1968)
Settimana d’acqua, novembre quest’anno non fa sconti. Lassù a Bobbio tra le migliaia del Gustinquota guardavo il lavoro di settimane sciogliersi lentamente ma inesorabilmente: il tempo è una brutta bestia quando ti rema contro. Speriamo in bene, oltretutto ho anche un paio di sci nuovi ancora da provare.
Aspettando la neve questa è stata una settimana dai mille spunti e senza un ordine del giorno preciso, ragion per cui, considerando approvato all’unanimità il complicato verbale della seduta precedente dedicato alla Luna, passo direttamente a trattare alcune “varie ed eventuali”, lasciando a voi la scelta fra le une e le altre.
Penso di non aver mai avuto l’occasione di parlare con il signor Ignazio Pasquini
e, quindi, non posso accodarmi a quanti, in questi giorni, ne hanno ricordato la figura di primo cittadino di Casargo. Di certo, però, essendo stato per diversi anni addentro le cose di quei luoghi, posso prendermi la libertà di affermare che egli fece parte di quella schiera di sindaci capaci di dare uno scossone e nuovi orizzonti alla nostra Valle del ferro, approfittando certamente del boom economico degli anni sessanta, ma facendo anche leva su un intuito ed una visione del futuro che oggi facciamo fatica a ritrovare in molti dei loro successori.
Tanto per restare in zona mi vengono in mente, ad esempio, Eugenio Denti ed il suo sogno realizzato di collegare Vendrogno a Taceno; e, perché no?, Pasqualino Malugani, visionario primo cittadino capace di portare l’acqua dei Fontanoon a Crandola e Vegno.
Potrei citarne altri (a pensarci bene più di quanti immaginassi prima di rifletterci sopra), ma sarebbe complicato, pericoloso e, probabilmente, anche noioso; mi chiedo, però: uno come Ignazio Pasquini si sarebbe lasciato sfuggire per un errore cinque milioni e mezzo di euri?
“Si” o “No”?
Intanto che pensate alla risposta prendo atto che la “politica” non si è fatta attendere. Semplifico la risposta (della “politica”): “se ci sono degli incapaci, andate a chiedere a loro conto del danno subito dal territorio”.
Bene: sarebbe cosa buona e giusta che i nomi degli incapaci venissero a galla?
“Sì” o “No”?
A proposito di colpevoli che avremmo voluto vedere emergere e che, forse, non emergeranno più senza per questo essere annegati, abbiamo conosciuto in settimana la dieta dei cervi di Prà Cainarca: mele, carote e, naturalmente, fieno. Intanto che i simpatici quadrupedi festeggiavano lo scampato pericolo, alcuni bipedi, a loro volta, tiravano un sospiro di sollievo.
Sono felice per qualcuno di loro (coinvolto suo malgrado nella tristissima vicenda), ma continuo a chiedermi se sia giusto che chi ha deciso di buttar via tutti quei soldi non debba risponderne. Aldilà dei presunti abusi edilizi, dei supposti maltrattamenti, del compianto Amilcare, è mai possibile che si possano impunemente sperperare ottocentomila euri pubblici?
Non sforzatevi a trovare una risposta, perché, ad oggi, è “si”.
Anche se, ritengo, tutti auspicheremmo fosse “no”.
Ma “sì” e “no” oggi sono vocaboli da prendere con le pinze.
Premetto che il “no” non mi piace. Mi dà fastidio. E voi, come vi sentite quando qualcuno vi dice “no”? Ci speravate in quella risposta, magari vi eravate anche fatti delle illusioni: “ma perché mai dovrebbe dirmi di no?”.
Poi il “no” arriva e il castello cade. Magari avevi proposto di cambiare qualcosa, visto un difetto, consigliato un miglioramento. Ma è stato “no”, punto e basta.
Mi piace di più il “sì”, ma avverto delle contraddizioni. Vi hanno mai detto di sì solo per “condirvi via”? Avete mai avuto la sensazione che alla vostra domanda abbiano risposto “sì” solo per convenienza? O, visto che tra noi possiamo parlar chiaro, abbiamo mai detto un “sì” ben sapendo di non poter mantenere poi l’impegno?
Allora sarebbe stato meglio un bel “no” a costo di farci del male? Oppure il “sì” era il minore dei mali ed al bivio abbiamo scelto la strada asfaltata in discesa anziché quella sterrata in salita?
Insomma spesso dietro un “sì” si nasconde un “no”, e viceversa, ma è la vita direbbe qualcuno, la vita che è fatta di scelte, di occasioni, di opportunità ed anche, come ci stanno dicendo da mesi, di democrazia.
Bene, se così è, mi piacerebbe che democraticamente fosse stabilito che oltre a un “sì” e a un “no” sulla scheda ci fosse anche un’altra casella che ritengo potrebbe essere capace di interpretare il pensiero di molti di fronte a ciò che abbiamo davanti (e dietro): le promesse mai mantenute, i soldi buttati via, l’illusione di un futuro luminoso, l’esibizione di comparse (scarse) nel ruolo di protagonisti, gli estremi che vanno a braccetto, ciarlatani che si mettono d’accordo per starti sul collo e non mollare la presa.
Ricordate? “Il forte si mesce col vinto nemico, col nuovo signore rimane l’antico…”, e se capiss più negott.
Per concludere vorrei, non so quanto manzonianamente e/o democraticamente, che mi fosse concessa la possibilità di fare la croce, oltre che sulle caselle del “sì” e del “no” anche su una terza, certo più qualunquista, sicuramente meno intelligente, indubbiamente più di comodo ma assolutamente non ipocrita: quella del “Boh”.
Nel frattempo la croce me la segno addosso e continuo, come sempre, come tutti, a vivere sperando.
Buona domenica.
Riccardo
Benedetti
L’ARCHIVIO DELLA RUBRICA DOMENICALE |
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