VENDROGNO – La chiesa di San Lorenzo, in Muggiasca, ha visto oggi l’ultimo saluto a Domenico Lazzari, spentosi all’età 85 anni. Molto conosciuto nella località vendrognese di Mosnico di cui era originario, ma anche in tutta la Valsassina, è stato ricordato e omaggiato questa mattina da tante persone.
Al proposito, la nostra redazione ha ricevuto anche una bella lettera che testimonia le qualità umane oltre che lavorative della persona.
La proponiamo di seguito, in forma come sempre integrale:
Oggi ho salutato il mio amico Domenico.
E l’hanno salutato in tanti, nellla chiesa gremita, molti col cappello piumato e le bandiere degli alpini.
Ho conosciuto Domenico quasi trent’anni fa, quando avevo bisogno di qualcuno che mi aiutasse con i miei primi maiali.
E quasi trenta erano anche gli anni che ci separavano.
Per me, che non sono nato in campagna, Domenico è stato un vero maestro. Abbiamo passato un sacco di ore insieme a tagliare, tritare e mescolare e legare: mai un momento di pausa con lui, bisognava far veloce perché a una cert’ora aveva da regolare i suoi animali e la Maria lo sgridava se arrivava tardi. E in quelle ore non mi annoiavo mai.
Si parlava di tutto, e aveva una serie pressoché infinita di aneddoti da raccontare: girando come norcino di famiglia in famiglia per preparare carni e salumi,
conosceva vita, morte e miracoli di un sacco di gente. Ogni tanto alzava la testa e ti guardava con la sua espressione sempre seria (ma nonriusciva a fregarmi, perché gli occhi gli ridevano) e esordiva con la solita apertura: “te l’ho mai cuntada quela del …”. E via a lavorare col sorriso sulle labbra.
Allevatore nato e appassionato, nel suo lavoro non aveva segreti. Era ben contento di farti procedere con le tue gambe. Sentiva correre gli anni, ed il lavoro così faticoso cominciava a pesargli, soprattutto se gliene davo troppo da fare. Ma era anche curioso, e quando gli portavo ricette nuove o nuove lavorazioni, ci lavoravamo su insieme senza riserve.
Ora sono un sacco di anni che lavoro da solo e in tutto questo tempo, ogni volta che sono in laboratorio, Domenico mi manca.
Di solito si fermava in curva con la sua Panda quando mi vedeva davanti a casa, e dovevo pregarlo di accostare rapido perché due chiacchiere diventavano sempre cinque o sei, finché la Maria non ci obbligava a smettere “con le nostre stupidate”.
Il primo gennaio sono andato a fare due passi a Camaggiore, e sono passato davanti a casa sua pensando di vederlo a fare due passi in quella splendida giornata di sole, e fermarmi a chiacchierare. “Un giorno di questi devo passare a salutarlo”, mi son detto, e invece mi è toccato farlo oggi.
Ieri il figlio Giovanni mi ha raccontato l’ultimo aneddoto degno di un erede dell’antica tradizione dei Bertoldo, i sagaci contadini che, volte, diventavano consiglieri di re. L’anno scorso ha accompagnato il padre per il rinnovo annuale della patente. Dopo le prove ai pedali e al volante di prammatica, la dottoressa procede con le ultime domande per valutare la lucidità del richiedente, e gli chiede di tornare indietro, contando da cento e sottraendo di sette, ecc, e Domenico parte a razzo di sottrazione in sottrazione senza mancarne una. La dottoressa sorpresa lo ferma, e come ultima gli chiede di scrivere un pensiero. Lui prende la penna, e di getto scrive veloce senza pensarci né uno né due, e a richiesta di leggere il compitino ecco che declama dei suoi amati boschi e dei prati curati e pieni di fiori della riva di monte che guarda il lago, il paesaggio splendido di tutta la sua vita. Promosso!
Durante il viaggio di ritorno Giovanni, ancora sbigottito, chiede a Domenico – che intanto fa finta di nulla – come diavolo avesse fatto a fare una cosa così.
Semplice – dice il volpone estraendo un foglietto dalla tasca della camicia – mi ha fatto le stesse domande l’altra volta e così mi son preparato…
Che la terra ti sia lieve, vecchio amico, come il sorriso che ti ha sempre accompagnato
Ciao, Fabrizio