Andrea s’è perso s’è perso e non sa tornare
Andrea s’è perso s’è perso e non sa tornare
Andrea aveva un amore, Riccioli neri
Andrea aveva un dolore, Riccioli neri.
(Andrea – Rimini – Fabrizio de Andrè – 1978)
A ben guardare dovrei iniziare come la settimana scorsa, a costo di essere noioso, a costo di continuare a trasformare queste righe della domenica in un pozzo senza fondo di sguardi levati al cielo, di aerei che scorrono tra le stelle e le montagne, luci che lampeggiano sopra le croci delle nostre vette.
Ma devo farlo. E lo farò.
Ricordate Cerere? Sì, quel pianeta nano sul quale gli astronomi hanno intravisto i mattoni della vita? Cerere, ammasso di rocce in attesa dell’evoluzione, “una serie di forse e potrebbe essere, niente di più, niente di meno”.
Bene, a distanza di pochi giorni i mattoni di Cerere sono scomparsi dalle cronache: i telescopi hanno visto ben altro ai confini dell’Universo, nella costellazione dell’Acquario, a 39 anni luce da qui.
Trentanove anni luce: distanza incommensurabile e, per molti versi, incomprensibile; dal Cile si sono accorti che qualcosa girava intorno a una piccola stella, una giostra molto simile alla nostra, sette pianeti o presunti tali si muovono in cerchio e assomigliano al sistema nel quale sopravviviamo.
Siamo bravi a guardare lontano.
Un po’ meno a guardare vicino e intorno a noi.
Molto meno a guardare dentro di noi, e rischiare così di perderci, non ritrovarci più e allontanarci 39 anni luce dalle cose importanti della vita.
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Perché qualche volta chiudiamo un occhio. Se non tutti e due.
Per cui non sorprendetevi se ogni tanto scrivo che calpestiamo senza merito né coscienza questo pianeta che sta cambiando colore; non meravigliatevi se in tanti domenicali ho preso le difese di un geoide che cerca in tutti i modi di resistere ad una sconsiderata specie animale destinata, suo malgrado, ad un’estinzione che prevedo catastrofica a meno che tutti non rinsaviamo, e alla svelta.
Disfattista all’ennesima potenza? Ho letto da qualche parte che mentre l’ottimista inventa l’aereo, il pessimista concepisce il paracadute. Quindi non mi pongo il problema.
Poi, però, non meravigliatevi se fuori casa vostra, vicino a dove passate tutti i giorni per andare a lavorare, c’è gente che scarica sottoterra di tutto e di più.
Ma noi guardiamo lontano, ci scandalizziamo per quanto vediamo alla tivù eppoi il disastro lo abbiamo in casa, letamaio o acqua che scorre e non scorrerà più poco importa. Non serve un telescopio per prendere le misure di quello che sappiamo già.
E vediamo già, rischiando di rimetterci il luogo dove viviamo.
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Per fortuna c’è del buono. Per fortuna c’è chi ci vuol bene.
Valentina si era persa. O, almeno, tutti credevamo si fosse persa.
L’avranno chiamata mille volte; mille volte il suo nome è riecheggiato fra rocce e bosco, tra neve e prato.
Valentina, forse aveva scelto la libertà, forse un’altra strada.
O un altro amico. Chissà.
Ma Valentina non appartiene alla schiera dei traditori; è una che vuole bene a chi le vuole bene, e non l’abbandonerebbe mai.
Noi, piuttosto, saremmo capaci di farlo. Noi che siamo così bravi a gettare lo sguardo oltre il niente e a far riflettere la nostra immagine nel nero della notte. Sì, noi saremmo capaci di farlo.
Valentina no, perché lei non ha paura di niente, non si fa domande, non ha bisogno di leggere libri stravaganti per trovare la propria sicurezza.
Valentina sa dove andare, e ci và; sa dove farsi trovare, e lì la trovano.
Per fortuna c’è del buono, per fortuna abbiamo qualcuno a cui voler bene.
Ed è qui, non a trentanove anni luce di distanza.
Teniamocelo stretto. Non perdiamolo per strada.
Buona domenica.
Riccardo
Benedetti
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P.S.: Valentina è una simpatica border collie. In settimana si era persa ai Piani di Bobbio. Almeno così tutti pensavano. L’hanno ritrovata vicino alla “sua” auto nel parcheggio, scodinzolava felice con in bocca un bastone di legno. E aspettava il suo padrone, Andrea: lui sì che sembrava perso.
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