PASTURO – Dopo la farfalla che mangia la plastica ecco ora il coleottero che si nutre di un fiore velenoso. L’autorevole periodico di Pasturo “Il Grinzone” informa che sulle pendici del Grignone, in prossimità della Foppa del Ger, sono stati trovati diversi esemplari di un coleottero, la Galeruca laticollis (Crysomelidae), che senza alcun problema si nutrivano di germogli e di foglie di una comune specie erbacea velenosa, l’Aconitum napellus (Ranuncolaceae).
Autori della scoperta quattro ricercatori della Facoltà di Agraria di Milano, Matteo Montagna Alberto Spada, Valeria Mereghetti e Simon Pierce.
Questo bel fiore blu-violaceo, come è noto, produce l’aconitina e la nepalina, alcaloidi che provocano effetti neurotossici per l’uomo. Non è un caso se si sconsiglia vivamente di toccarlo a mani nude (per non impregnarsi dei suoi essudati) e il bestiame, che lo riconosce, se ne sta alla larga. Il rapporto nutrizionale tra l’insetto e la pianta ospite tossica non è nuovo alla scienza.
Per fare un altro esempio, sempre sul Grignone, nella media Valle dei Grassi Lunghi (Baite della Pelada), ho più volte osservato sull’aconito la presenza di un altro coleottero, l’Agapanthia cardui in fase di larva (Cerambycidae) che aggrediva i germogli.
La tossicità dell’aconitina è nota sin da tempi remoti perchè veniva utilizzata, al pari della cicuta, per avvelenare conoscenti domestici o nemici, oppure per impregnare frecce e lance nella caccia ai selvatici. A onor del vero, questo alcaloide in concentrazione diluita, veniva usato dalla medicina orientale per la preparazione di decotti utili a lenire artriti, nevralgie, ferite e contusioni. In tempi più recenti la farmacologia lo utilizza per ridurre l’attività cardiaca e respiratoria, e per le nevralgie del nervo trigemino.
La scoperta degli studiosi di Milano è estremamente importante perchè stimola e amplia le conoscenze sulla capacità da parte di alcuni insetti di metabolizzare sostanze chimiche velenose di origine vegetale.
Gli autori così concludono: “I risultati acquisiti attraverso le osservazioni in campo e gli esperimenti di laboratorio, attualmente in fase di svolgimento, avranno una grande rilevanza scientifica ed inoltre potrebbero avere risvolti applicativi nel miglioramento della protezione delle colture agrarie”.
Gianpietro Goggi