BARZIO – Questa sera alla Comunità Montana si sono radunati i sindaci della zona per apprendere gli aggiornamenti dell’accordo territoriale per l’accoglienza dei richiedenti asilo – che nella provincia di Lecco sono 1.200 –. A spiegare le informazioni, che non sempre sono d’immediata comprensione, Manila Corti, responsabile della Gestione associata per i servizi alla persona dell’ambito di Bellano, nonché referente per i migranti del distretto provinciale di Lecco, comprendente 88 comuni.
La referente chiarisce: “Il progetto Sprar è il sistema legittimo a livello nazionale, che però non ha la capacità numerica di assolvere a tutte le richieste che stanno arrivando”. Con questo sistema la Prefettura non può avviare l’iter di sistemazione dei richiedenti asilo, senza che ne siano informati i sindaci responsabili del territorio. Ogni sindaco è libero di partecipare al progetto: il Comune poi deve investire per il 5% delle spese necessarie, mentre per il restante 95% i costi e gli oneri saranno coperti dal Ministero dell’Interno. Inoltre questo progetto punta molto sulla formazione e sul lavoro per rendere la persona autonoma.
Ma oltre a questo sistema ce n’è un altro che si chiama Cas: fu introdotto nell’attesa di aumentare i posti Sprar quando si verificò lo stato di emergenza – nel 2012/2013 – e con esso le Prefetture sono libere di istituire centri di accoglienza straordinaria. Nel Comune in cui è attivo un progetto Sprar la Prefettura non può imporre un Cas.
A dicembre 2015 si è stilato un accordo territoriale in modo da offrire un’accoglienza diffusa: pochi richiedenti asilo in molti Comuni, il problema è che su 88 Comuni che hanno sottoscritto l’accordo, solo 16 offrono accoglienza. Questo fatto è da imputare anche alla mancanza in alcuni casi di strutture idonee. Ma, sempre secondo l’accordo territoriale, un comune che non ha possibilità di ospitare può associarsi con un altro che ha più spazio e disponibilità.
L’accordo inoltre prevede la clausola di salvaguardia, con la quale è a discrezione del Comune scegliere se ospitare anche i migranti e richiedenti asilo oltre il numero minimo, in collaborazione con un altro Comune.
Il problema è che i flussi migratori non sono in decrescita e a breve dovrà essere liberato il Bione, destinato ai lavori per la caserma dei Vigili del Fuoco; pertanto “avremo 220 persone da ricollocare in due mesi” precisa Manila Corti.
Svariati i commenti e le richieste di delucidazione dei sindaci: Pier Luigi Invernizzi (Cremeno) esclama: “La Prefettura non deve comandare in casa nostra”. Gli fa eco il collega di amministrazione Antonio Arrigoni Neri: “Se tutti i comuni della zona prendessero veramente 6 richiedenti asilo ciascuno sarebbe splendido, e invece Cremeno ne ha 120”. Per Marisa Fondra di Taceno invece “Lo Stato ci impone cose assurde”.
Al termine dell’incontro gli amministratori locali deliberano di ritrovarsi in data da definire per redigere un documento comune da mandare in Prefettura.
Alessandro Tonini