CORTENOVA – Appuntamento alle 21 di domani, venerdì 16 giugno a Cortenova, per la presentazione del volume “Diario da Sarajevo” di Dubravka Ustalic (alla presenza dell’autrice). Quella di Dudu, il marito Edi e i figli Arin e Beniamino (quest’ultimo nato in Valsassina) è molto interessante e descrive “due anni di vita da profuga” di Dubravka, finita suo malgrado con la famiglia nell’inferno della guerra nella ex Jugoslavia.
Per “lanciare” la serata di venerdì , rispolveriamo uno scritto di Riccardo Benedetti – che presenterà l’incontro di domani:
Dubravka Ustalic era una mamma felice di Sarajevo. Poi “la granata è passata attraverso il divano circa dieci centimetri sotto di noi, poi attraverso la poltrona, poi sul tappeto, ha quindi sventrato mezzo pavimento, ha poi bucato un secondo muro e metà di un terzo muro di un’altra stanza ed è infine rotolata giù per le scale. Era una granata da cannone e per fortuna era corazzata perché se fosse esplosa di noi tre non sarebbe rimasto nulla”.
Dubravka Ustalic fugge con il suo piccolo Arin e trova rifugio a Zagabria, proprio dove arrivano i valsassinesi del Comitato Pro Ex Jugoslavia promosso dall’amministrazione comunale di Cortenova e per lei inizia tutta un’altra storia. Arin si ritrova con un padrino cortenovese, il legame diventa sempre più forte e stretto sino a quando, nel 1996, Dubravka, il marito Nedim e il piccolo Arin giungono in Valle e qui rimangono per nove anni durante i quali nasce anche Beniamino.
Dubravka Ustalic tra il 1992 e il 1994 tiene un diario in cui descrive “questi due anni di vita da profuga” Lo scrive per il figlio, “perché sappia cosa è accaduto”. Il diario arriva a Cortenova, il Tonino lo custodisce gelosamente e quando tutto è finito lo riconsegna alla legittima proprietaria.
Il diario, infine, viene pubblicato lo scorso mese di novembre.
Ora, vi confesso di non essere in grado di descrivere cosa c’è dentro questo libro. Ogni pagina è talmente densa di avvenimenti ed emozioni impossibili da trasmettere se non andandosele a leggere in prima persona come, ad esempio, questo passaggio.
“Tanta gente al mondo non sa quanto è fortunata a vivere in pace e in libertà, e comunque s’affanna per cose inutili, per stupide e vane preoccupazioni e fatiche”. “Non c’è nulla di più importante e di valore della pace. Per questo vorrei dire a tutti coloro che vivono in pace di ricordarsi, guardando le cose più banali della loro quotidianità, della loro fortuna, nelle cose più semplici che sono piccole, ma in verità così grandi”.
Oppure, visto che abitiamo qui, questo.
“Nel giugno del 1996 siamo arrivati a Prato San Pietro, frazione di Cortenova, un piccolo paese dell’Italia Settentrionale, in provincia della stupenda cittadina di Lecco, sul lago di Como. Al nostro arrivo per accoglierci hanno preparato una festa di benvenuto. Ci siamo abbracciati e finalmente ho sentito quella sicurezza di quando ero una ragazzina che voleva cambiare il mondo mentre ora ero una donna che lottava per la felicità della sua famiglia”.
Oppure ancora questo.
“Io ho cercato aiuto e vi posso dire che ci sono tante buone persone che ho conosciuto e a cui voglio bene. Persino quelle che non ho conosciuto a San Pietro e a Cortenova mi hanno dato il loro sostegno e in particolare mi aveva commosso come a scuola tutti conoscessero già Arin: le maestre avevano letto ai bimbi delle scuola le mie lettere cercando di spiegare loro cosa fossero la sventura e l’orrore della guerra”.
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Io credo che “Diario da Sarajevo” dovrebbe essere letto in tutte le scuole della nostra Valle, almeno per due ragioni (e ce ne saranno almeno altre cento).
La prima: trasmettere il valore della pace e la grandezza delle cose semplici.
La seconda: ricordare che anche da un “piccolo paese dell’Italia Settentrionale” (non importa il nome) possono nascere azioni in grado di cambiare, se non il mondo, almeno il corso di molte vite.
E questo vale oggi come allora.
Riccardo Benedetti