“Oltre l’orizzonte del luogo in cui abbiamo vissuto da giovani,
in un mondo di magneti e miracoli,
i nostri pensieri vagavano costantemente e senza confini
il suono della campana della discordia era iniziato”
(High Hopes – The Division Bell – Pink Floyd 1994)
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Nei giorni scorsi sono stato un po’ in aria.
D’altronde, direte voi, chi è quel fortunato (o sfortunato, punti di vista) che, con i tempi che corrono, qualche volta non lo è?
Lo sapete (almeno dovreste saperlo): molto spesso guardo in alto e l’aereo delle 23 (23.05, forse, ma che importanza ha?) è una specie di personalissimo orologio: l’è ora de andà in lecc, sembrano dirmi quelle lucine intermittenti che, baciando i pascoli lassù, rallegrano uno spicchio di cielo per qualche secondo.
Ed io sono lì a guardare, a scrutare il buio tra le stelle, cercando qualcosa che non troverò mai tanto che, a volte, ho la netta e sacrosanta impressione che quel qualcosa che non c’è (e che non troverò mai) prima o poi troverà me.
E sarò stupito.
O stupido: basta una consonante, un errore di battitura e sei fregato; è sufficiente distrarsi un attimo che il tempo ti ha superato.
Già, il tempo, quella brutta bestia che non lascia scampo, ti fa un inchino, si volta e corre via. Prova a inseguirlo, prova a fermarlo, prova a…
…far niente.
Tanto è lo stesso: sotto casa brillano le luci del calcioinculo, si alzano le grida delle bambine sugli autoscontri e scatta improvvisa la musichetta del pungibal. La voce in sottofondo scandisce il ritmo, la musica và e viene.
E’ luglio e sembra tutto uguale all’anno prima ma, evidentemente, così non è.
E avrete capito a cosa pensavo mentre stavo per aria. Con i tempi che corrono.
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A proposito del tempo e di chi lo batte.
La campana Pummerin si trova in Austria: quella attuale deriva dalla rifusione della precedente distrutta da un bombardamento e che venne realizzata con il bronzo di 180 cannoni turchi. Pesa 21 tonnellate.
La più grande campana oscillante del mondo sembra si trovi in Birmania, nella Grande Pagoda di Mandalay: ha un diametro di oltre sei metri e pesa 90 tonnellate.
Yongle è la campana più grande di Pechino, risale al 1404 e pesa (o meglio, dovrebbe pesare perché nessuno l’ha mai fatto in tempi recenti) intorno alle 50 tonnellate.
Nella vicina Francia la più grande ha un nome da Guerre Stellari: si chiama Millennium Bell e pesa oltre 33 tonnellate; in Giappone, invece, andavano fieri della campana di un tempio di Osaka: centotrentacinque tonnellate requisite nel 1942 per scopi militari.
Il record italiano sembra appartenga alla Maria Dolens di Rovereto: oltre 22 tonnellate. Ho letto da qualche parte che ogni giorno, attraverso cento rintocchi diffonde il suo messaggio di pace in ricordo dei caduti di tutte le guerre.
In Olanda, a Dordrecht, quarantanove campane messe assieme formano uno dei carillon più significati di tutta Europa; la maggiore di queste pesa dieci tonnellate. Le altre quarantotto, messe assieme, non lo so. Se lo volete sapere guardate qui.
Nella Cattedrale del Wawel di Cracovia la Zikmunda viene suonata, peraltro molto raramente, da una squadra di venti campanari.
Ma la campana più grande del mondo, guarda un po’, non ha mai suonato. E’ la “Campana dello Zar”. La storia racconta che mentre la stavano sollevando dalla fusione dovettero fermarsi a causa di un incendio per spegnere il quale venne usata, ovviamente, dell’acqua che le causò una incrinatura. Il frammento che si staccò pesava da solo 11 tonnellate. La sotterrarono e poi la recuperarono dopo la metà del 1800. Peso totale 198 tonnellate. Almeno così hanno stimato.
La chiesa parrocchiale di Margno è intitolata a San Bartolomeo, l’apostolo che si chiese “ Da Nazareth può mai venire qualcosa di buono?” (insomma un po’ come facciamo noi quando incontriamo qualcuno che arriva dal paese vicino) venne costruita nella seconda metà del 1500. A proposito del campanilismo di cui sopra, secondo le cronache il campanile fu terminato nel 1666.
Non ho notizie precise (non c’era VN a cui mandare lettere a quell’epoca), ma presumo che dal 1666 da quel campanile si diffondano per l’Alta Valle i rintocchi delle campane.
Ed il loro suono vaga per aria e scandisce il tempo.
Ecco, il tempo. Tel chi ol teemp: quel che segna semper lù, e vince.
Vuoi vedere che è per questo che siamo in molti ad avere paura delle campane?
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Nei giorni scorsi sono stato un po’ in aria, e ho guardato le nuvole da una prospettiva diversa.
Seduto su uno di quegli autobus in grado di decollare in base a leggi che mi sfuggono e non riuscirò mai a comprendere sino in fondo, ho visto la terra allontanarsi sino a sparire ed il sole sorgere miracolosamente tra montagne di cumulonembi che sembravano voler inghiottire la minuscola macchina volante ed il suo carico di varia umanità sonnecchiante.
Come un passeggero dell’aereo delle 23 (o 23.05, forse, ma che importanza ha?) mi sono chiesto se, per caso, non ci fosse qualcuno là sotto che guardava delle lucine intermittenti rallegrare uno spicchio di cielo per qualche secondo.
Forse non c’è nessun altro. Oppure sì, forse c’è davvero qualcuno che cerca di attirare la nostra attenzione mentre siamo occupati a rincorrere il tempo, e tanto distratti da non accorgercene salvo, di solito troppo tardi, essere svegliati dal suono di una campana.
E dal tempo che, spentasi l’eco dell’ultimo rintocco, se ne è già andato.
Per cui l’è ora de andà in lecc. Amò una olta.
Din.
Don.
Dan.
Buona domenica.
Riccardo
Benedetti
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Immagine di copertina da www.dialogassino.it