INTROBIO – Assemblea pubblica lunedì sera ad Introbio per parlare a quattr’occhi con don Marco Mauri sulla questione del rifugio “Madonna della Neve” in Val Biandino.
L’incontro è avvenuto grazie alle centinaia di firme raccolte in questi mesi con una petizione, nella quale si chiedevano chiarimenti sul futuro del santuario e del rifugio che vi si trova accanto. Alla riunione che si è tenuta nel teatro dell’oratorio erano presenti molti introbiesi, don Marco Mauri insieme al vicario don Maurizio Rolla e a don Lorenzo Simonetti avvocato della curia.
Don Marco ha spiegato dopo aver letto la petizione che gli è arrivata pochi giorni fa – nella quale i firmatari chiedono che la gestione se così fosse deciso andasse ad un rifugista introbiese, oltre a cercare dei chiarimenti sui costi necessari per sistemare le proprietà in Val Biandino.
“La mia idea era semplicemente quella di dare al santuario il valore di santuario e fare del rifugio un supporto all’attività spirituale che il santuario stesso deve avere” ha spiegato il don, il quale ha detto che l’intenzione era, dopo aver avuto le chiavi dei locali che erano in gestione ad un privato del posto, quella di riaprire il rifugio nell’estate che sta finendo; ma diversi intoppi, burocratici e pratici, hanno impedito che questo fosse possibile.
Tra i problemi più grossi che hanno impedito la riapertura del rifugio c’è quello delle fognature che devono essere sistemate, in accordo con i vicini del santuario, situazione non facile da risolvere ma che andrebbe sistemata al più presto se si vuole riaprire la struttura.
“La gestione del rifugio” ha detto don Marco, “secondo la mia opinione deve avere uno stile proprio diverso degli altri rifugi, uno stile del tutto parrocchiale”. Questa la posizione del parroco sulla cura del “Madonna” della Neve, posizione in parte condivisa dai presenti ma anche criticata da qualcuno sopratutto per la frase che il don avrebbe pronunciato in occasione di una riunione interna nella quale avrebbe detto che la gestione del rifugio lui l’assegnerebbe a “qualcuno di cui mi fido“.
Quel “qualcuno di cui mi fido” è suonato agli introbiesi come un “non ti fidi di noi introbiesi” e questo parere avrebbe fatto scattare la raccolta firme per la petizione che in qualche modo è diventata una specie di monito contro la decisione del sacerdote.
“Da questa riunione non si può uscire parlando di un contro don Marco o un a favore del don” ha detto il vicario Rolla, “va bene il confronto ma deve essere un confronto che porti all’unione della comunità parrocchiale che è preziosa per la vita del paese” ha detto il prelato.
In definitiva, per fare partire il rifugio e farlo “lavorare” tutto l’anno prima bisogna per forza investire dei soldi (si è parlato di 130mila euro) per sistemarlo e poi c’è la questione della gestione che è di per se complicata.
Potrebbe gestirlo un privato pagando l’affitto alla chiesa, potrebbe seguirlo la chiesa stessa assumendo una persona, potrebbe prenderlo in gestione un’organizzazione come ad esempio il Mato Grosso ma qualunque sia la decisione che il don prenderà, porterà degli oneri per la sistemazione e per le pratiche che dovranno essere effettuate.
Chiarita la questione “gestore introbiese” che avrebbe la priorità sugli altri, le porte sono aperte a chiunque si offra per gestire il rifugio in stile parrocchiale.
F. M.