INTROBIO – Molto partecipata la giornata organizzata ad Introbio dedicata a fratel Felice Tantardini, “il fabbro di Dio” che potrebbe diventare tra non molto “il santo con il martello”.
Felice Tantardini è nato ad Introbio, sesto di otto figli la mamma, a corto di nomi, ascolta il parere della levatrice che le suggerisce di chiamarlo Felice: un nome che a lui piacerà sempre perché “esprime l’ideale della mia vita: sforzarmi di essere felice, sempre e ad ogni costo, ed essere intento a far felici gli altri”.
Dopo la disfatta di Caporetto è arruolato e, dopo un paio di mesi di addestramento, mandato in prima linea, a far da “esca ai tedeschi per attirarli sotto il fuoco delle nostre artiglierie”. Ci resta appena un paio di giorni, perché è subito fatto prigioniero e passa così da un campo di lavoro all’altro, da Udine a Gorizia a Belgrado.
Dopo la guerra, a 23 anni entra nel Pime e dieci mesi dopo è destinato alla Birmania come fratello laico: non avrebbe i numeri per studiare e, in fondo, quella del prete non è neppure la sua vocazione. Parte per la missione il 2 settembre 1922: vi resterà ininterrottamente per 69 anni, con un solo rientro di pochi mesi in Italia, nel 1956, giusto il tempo per una revisione generale della sua salute e per tentare inutilmente di “mettere su un po’ di carne sulle ossa, ormai spolpate”.
È destinato alla missione di Toungoo, ma in effetti si sposta di missione in missione, ovunque lo mandano a chiamare, perché i Padri hanno dimora fissa, un campo di lavoro determinato, mentre lui abita dove c’è lavoro, non ha un focolare proprio, cambia casa, letto, cucina. A 85 anni lo mandano in “pensione”, nel senso che gli impediscono di lavorare il ferro e gli comandano di pregare.
Molti missionari del Pime guidati dal Superiore generale padre Ferruccio Brambillasca, fratelli laici e religiosi, erano presenti questa mattina ad Introbio dove, nella sala del teatro dell’oratorio molti di loro arrivati da diversi punti di Italia e dall’estero hanno dato testimonianza delle loro attività e del loro rapporto con fratel Felice Tantardini.
La mattinata era iniziata nella parrocchiale di Sant’Antonio Abate con la solenne celebrazione Eucaristica presieduta dal padre generale che in quest’anno di riflessione e preghiera le Pontificile Opere Missionarie intendono dedicare ai missionari laici (le cui vocazioni in passato erano considerate secondarie), con la speranza che possa suscitare altre vocazioni ad vitam, sulle orme di santità lasciate da fratel Felice Tantardini. Infatti il Pime intende consigliare per l’Ottobre missionario a gruppi missionari e parrocchie proprio la figura di fratel Felice, uomo di forte fede, ottimismo e costante disponibilità al prossimo, di cui è aperto il processo di beatificazione, avviato poco dopo la morte grazie alla sua santità e devozione popolare molto vive non solo in Valsassina.
Questi fratelli laici infatti possono riuscire, in molti contesti missionari, grazie alla loro testimonianza e ad un operoso servizio a testimoniare il Vangelo dove ai sacerdoti possono essere creati problemi.
A coordinare la presentazione c’era lo storico Marco Sampietro che segue l’argomento da diversi anni assime al prevosto don Marco Mauri, e spera, come tanti altri, che fratel Felice Tantardini diventi tra non molto “il santo col martello”.
F.M.