“Io chiedo quando sarà
Che l’uomo potrà imparare
A vivere senza ammazzare
E il vento si poserà,
E il vento si poserà.”
(La canzone del bambino nel vento – Francesco Guccini – 1966)
“Fate dunque ed osservate tutte le cose che vi diranno, ma non fate secondo le opere loro; perché dicono e non fanno.”
(Vangelo secondo Matteo – cap. 23 – vers. 3)
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Non piove più, e ogni tanto si alza il vento.
Apro Meteosvizzera e vedo una serie di soli che proseguono indisturbati sino almeno al 31 ottobre; poi, a meno di imprevedibili alzate d’ingegno del tempo, il “vasto anticiclone” continuerà a starci sopra e addosso.
Ecco, penserete, non sa cosa scrivere e si arrampica sui muri tanto per riempire le righe, andare a capo un paio di volte, mettere qualche punto e qualche virgola per poi chiudere, come vorrebbe fare di solito (e non sempre ci riesce per il vero), lasciandoci una frase in sospeso, un punto di domanda o, nella maggior parte dei casi, uno esclamativo del tipo “chissà!”.
E pensate bene.
Pensate bene perché sto cercando di girare intorno all’argomento aspettando che il giostraio decida di schiacciare un bottone e far fermare il girotondo.
Ci sto girando intorno perché non so se non mi sto spingendo troppo in là su questo calcinculo della quotidianità.
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Non avete mai l’impressione di essere soli? Non dico soli perché non avete nessuno attorno: no, non c’entrano la famiglia, gli affetti, gli amici e tutta la comitiva che ogni giorno ci tiene allegri o ci fa arrabbiare.
No, non sto parlando di questo.
Sto parlando di quello che succede intorno, e della sensazione di essere drammaticamente soli a pensarla in una certa maniera mentre invece, ne sono certo, se dovessimo fare alzare le palette (come si votava una volta quando la televisione era in biancoenero ed i bambini allo Zecchino d’Oro interpretavano sé stessi e non imitavano i grandi) forse ci accorgeremmo di avere un po’ di compagnia.
Prendiamo, tanto per fare un esempio, il caso del fotomontaggio che alcuni idioti hanno realizzato dimostrando al mondo ed all’universo che, purtroppo, la specie umana è ben lungi dall’essere arrivata al culmine della propria evoluzione ed anzi qualcuno è rimasto talmente indietro che sembra ancora ormeggiato al molo del big bang.
E prendiamo, sempre per esempio, quello che la veneranda e funambolica federazione del folball ha deciso di confezionare tra martedì e mercoledì scorsi: minuto di silenzio (si fa per dire), lo speaker che legge un brano del diario di Annelies Marie Frank, gli uomini tatuati in braghe corte abbracciati come i marines a Iwo Jima, la terna arbitrale emozionata come richiesto dal copione.
Bravi.
O quasi, dico io.
E spiego, premettendo di considerarmi solo un mezzo buon cristiano e ben sapendo di inoltrarmi in un campo molto più ampio rispetto alle misure regolamentari, dove, oltre a subire qualche cartellino (giallo o rosso fate voi), dovrò fare i conti contemporaneamente con sabbie mobili e mine pronte ad esplodere.
Bene, mentre assistevo impoltronato al rituale sopra descritto, ed in attesa che l’Inda nerazzurra iniziasse a farmi penare e poi gioire e poi ancora a penare, ho pensato che, in fondo, ogni santo giorno tutte le partite di tutte le categorie sarebbe opportuno iniziassero con la lettura di un passo del Vangelo.
Già, perché i nostri prodi e milionari abitanti del pianeta Palla, nonché purtroppo una miriade di i loro colleghi praticanti altri sport, hanno l’abitudine, in diretta televisiva e sotto gli occhi di un mondo che li osserva e talvolta venera come dei in terra, di esplodere in bestemmie per un nonnulla.
E io mi chiedo (e vi chiedo) che differenza c’è tra sfregiare uno dei simboli più rappresentativi di una immensa tragedia umana e oltraggiare chi per una moltitudine di uomini e donne di ogni razza e nazione rappresenta il simbolo crocefisso della propria fede?
E che senso ha entrare in campo sfilando mano nella mano con un bambino se poi a quel bambino si offre spesso e volentieri il peggio di sé stessi?
Altra domanda poi la smetto: sapete qual è la parola giusta che definisce tutto questo?
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Ecco, vi ho raccontato quello che ho “provato” martedì sera, ciò che mi è passato per la mente e ho deciso di condividere con voi.
Sarò solo nel vento?
Chissà!
Buona domenica.
Riccardo
Benedetti
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